Ombre cinesi sul web. L’annuncio di Meta sulla rete smantellata: «Così Pechino diffondeva disinformazione su tutte le piattaforme»

L’azienda di Mark Zuckerberg sostiene di aver identificato e rimosso oltre 7.700 account e 930 pagine solo su Facebook. Ecco a cosa mirava la campagna

Meta ha annunciato oggi di aver sventato quella che viene definita «la più grande operazione di influenza segreta online al mondo», messa in campo da attori direttamente legati al governo cinese. Obiettivi principali: promuovere la reputazione di Pechino, gettare fango sugli Usa e l’Occidente e confondere le acque sulle origini della pandemia da Covid-19. La società proprietaria di Facebook, WhatsApp e Instagram, sostiene di aver individuato e rimosso oltre 7.700 account e 930 pagine Facebook legate alla rete criminogena. La quale avrebbe operato a lungo anche su decine di altre piattaforme: da YouTube a TikTok, da Twitter/X fino a Reddit e Pinterest. La campagna di disinformazione, ha spiegato Meta in un rapporto, sarebbe nata sulla scorta di una precedente condotta nel 2019 e nota come «Spamouflage» e sarebbe stata condotta da individui associati alle forze dell’ordine cinesi. Gestito da operatori sparsi in tutto il Paese, il progetto alimentava commenti positivi sulle politiche di Pechino, in particolare nello Xinjang, dove è accusata di praticare un programma draconiano di «rieducazione» ai danni della minoranza degli uiguri. Venivano fatti circolare secondo la ricostruzione anche commenti negativi sugli Usa e altri governi occidentali, così come messaggi di disinformazione in diverse lingue sulle origini della pandemia da Covid-19. «Sono operazioni enormi, ma opache, e non vediamo alcun segno che centrino l’obiettivo di costruirsi pubblici autentici, né sulla nostra piattaforma né altrove sul web», ha commentato alla Cnbc il responsabile per la cybersicurezza di Meta Ben Nimmo. Secondo l’azienda, a mano a mano che gli account venivano scoperti e disabilitati dai suoi sistemi automatizzati, verosimilmente la campagna di disinformazione tentava di spostare i suoi traffici su altre piattaforme più piccole. È la settima volta in sei anni che la compagnia di Mark Zuckerberg interviene per neutralizzare un network di influenza di Pechino.


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