Trema l’impero di Apple, dopo due giornate nere in Borsa. Il titolo della casa di Cupertino ha perso oggi oltre il 3% a Wall Street, dopo aver già ceduto circa il 4% nella giornata di mercoledì. Risultato: secondo le stime degli analisti il gruppo guidato da Tim Cook ha bruciato in due giorni 200 miliardi di capitalizzazioni. A causare lo scivolone in Borsa, le voci diffusesi ieri dalla Cina di un «divieto di iPhone» in arrivo. Non per tutti i cittadini del Dragone certo, almeno per ora. Ma per un numero (e qualifica) notevole di questi. L’uno-due, micidiale, non è arrivato dalle autorità cinesi ma, per ora, da indiscrezioni della stampa economica occidentale. Per primo è stato il Wall Street Journal ieri a scrivere che il governo di Pechino si appresterebbe a vietare ai dipendenti pubblici di usare l’iPhone come telefono di lavoro. Quindi oggi Bloomberg ha rincarato la dose, scrivendo che il ban di Pechino sarebbe destinato a estendersi anche ai dipendenti delle aziende di proprietà statale. Uno scenario da incubo per Apple, considerato che il mercato cinese, incluse Hong Kong e Taiwan, vale da solo il 18% dei suoi ricavi totali (poco meno di 400 miliardi di dollari l’anno). Senza contare che la Cina, come ricorda Cnbc, è anche il Paese dove la stragrande maggioranza dei prodotti Apple sono assemblati. E se quello di Pechino non fosse che il primo segnale di una nuova offensiva commerciale anti-Usa, per il gruppo di Cook sarebbero veri dolori. Il nervosismo sui suoi titoli arriva comunque nel momento in cui il governo cinese non ha formalmente annunciato alcuna misura contro Apple, svelata sin qui solo da indiscrezioni di stampa.
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