Ultima Generazione torna a bloccare il traffico a Milano, la protesta si ferma per far passare un’ambulanza: 6 identificate in questura – Il video

Si erano sedute sull’asfalto di una carreggiata di viale Fulvio Testi, legandosi tra loro con una catena a tre a tre

Sono state identificate in questura a Milano sei attiviste di Ultima Generazione, che questa mattina hanno bloccato il traffico in viale Fulvio Testi legate tra loro con una catena. Momenti di tensione tra gli automobilisti diretti al centro di Milano e gli attivisti, che hanno dovuto interrompere la protesta con l’arrivo di un’ambulanza diretta al vicino ospedale Niguarda. La polizia ha trattenuto le attiviste a bordo strada, dove sono state rotte le catene con le tenaglie. Alle 9 circa, ora di punta del traffico in una delle arterie della circolazione milanese, le attivista sono state fatte salire sulle volanti e portate in questura.


Le testimonianze

«Non vorrei essere qui oggi ma ho deciso di bloccare la routine delle persone, compresa la mia, usando unicamente il mio corpo per urlare che non possiamo più fare finta di niente. Non abbiamo più tempo. A spingermi è l’amore verso le persone a me più care. Ho paura di perderle, ho paura che una catastrofe le porti via da me, perciò farò tutto quello che è in mio potere per non permettere al nostro Governo di spingerci verso il baratro. Ho una responsabilità in quanto cittadina, quella di ribellarmi se qualcosa non mi va giù», ha dichiarato una di loro, di nome Alessandra. «Ho quasi 72 anni e sono qui oggi perché penso che sia un dovere delle persone della mia età assumersi le proprie responsabilità. Quello che sta accadendo è orribile e spaventoso. Ed è bene che siamo presenti e diciamo come la pensiamo, perché la nostra esperienza ci dà maggiore autorevolezza agli occhi delle persone, e qualcuno lo deve fare. Se una bisnonna non si preoccupa per quello che lascerà ai suoi figli, nipoti e bisnipoti, allora non so chi si dovrebbe preoccupare di loro. Le persone meno abbienti subiscono maggiormente la crisi climatica, che sta portando alla distruzione della specie umana», ha fatto eco un’altra di nome Carmen.


Non solo ambiente

Una giovane sostiene che la routine è stata interrotta non solo per il clima: «La precarietà, gli stipendi da fame, la marginalizzazione non sono che differenti facce di una stessa situazione emergenziale, che ci rende tutte più fragili e vulnerabili. Siamo qui perché siamo stanche e abbiamo paura, ma siamo anche estremamente arrabbiate con un sistema e una classe politica che è assolutamente distante da noi, e che non ci ascolta. Abbiamo provato a manifestare il dissenso in maniera legale, siamo andate al Senato, due volte, ma non è bastato. Siamo andate in televisione, a dibattere negli studi cercando un confronto, ma non siamo state ascoltate, anzi, venivamo interrotte mentre parlavamo. Allora ritorniamo in strada». Per questo, concludono gli attivisti, «stiamo portando avanti una nuova richiesta: ”Fondo Riparazione” da 20 miliardi di euro per riparare i danni subiti dai cittadini a causa degli eventi meteorologici estremi (alluvioni, grandinate, incendi, siccità e così via) dovuti allo stravolgimento climatico provocato dall’uso dei combustibili fossili».

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