Olio d’oliva, l’extravergine aumentato del 130%. La previsione dei produttori: «Prezzi alti per i prossimi due anni»

Le riserve sono vuote e si prospetta un’altra annata magra per tutti i maggiori produttori a causa degli eventi meteorologici avversi

Il prezzo dell’olio d’oliva non accenna a diminuire. Da un anno a questa parte il costo del condimento preferito dagli italiani è cresciuto del 37%, principalmente a causa degli eventi meteorologici avversi in Italia e Spagna, oltre che dell’inflazione. «Il problema sono le scorte da una stima che ci siamo fatti per ricapitalizzare i magazzini ci vorranno almeno due anni, ammesso e non concesso che abbiamo due anni altamente produttivi», spiega David Granieri, vicepresidente della Coldiretti e presidente di Unaprol citato dal Sole 24 Ore. L’annata 2022-2023 è stata drammatica. La produzione italiana ha fatto registrare un calo del 27%, mentre quella spagnola del 56%. La Spagna, nello specifico è il primo produttore al mondo con circa metà dell’olio d’oliva globale, ma ha i magazzini vuoti dopo la grave siccità che ha colpito il Paese nel 2022 e nella prima parte del 2023, che hanno costretto Madrid a dare fondo alle riserve.


La situazione in Italia

E così un chilo di olio spagnolo è passato dai 5 euro delle annate normali (e dai 3 di quelle buone), agli 8-9 del 2023. Rincaro ancor più consistente per l’olio extravergine, che nella Penisola Iberica viene venduto intorno ai 10 euro al litro, con un rincaro del 227% che lo allinea, sostanzialmente, ai prezzi italiani, a loro volta cresciuti del 130%. D’altronde, anche la produzione nostrana non promette bene. Dall’Umbria ci si aspetta un calo del 50% nella quantità di olio. «Una serie di eventi climatici avversi hanno inciso sulle piante e sui frutti – ha detto Giulio Mannelli, presidente Aprol Umbria – dalla siccità invernale alle gelate tardive, fino alle piogge incessanti primaverili che hanno causato grandi problemi nel passaggio dal fiore al frutto». Meglio in Toscana, dove il calo dovrebbe mantenersi entro il 20%. Al Sud, il 10%. In termini assoluti, la raccolta 2023 dovrebbe fruttare 270 mila tonnellate, rispetto a un potenziale medio di 300 mila, e alle 240 mila dello scorso. Il tutto, mentre anche Tunisia, Turchia faticano, tanto che Ankara ha bloccato le esportazioni per soddisfare il mercato interno


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