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Troppo caldo in classe, malori tra studenti e prof: i presidi mandano tutti a casa prima. I casi a Palermo e Bari

Oggi una docente nel capoluogo siciliano ha perso i sensi. I ragazzi chiedono l'orario ridotto. I vertici della Società italiana di medicina ambientale chiedono che almeno al Sud le lezioni inizino a ottobre

Troppo caldo, poca ventilazione e strutture spesso inadeguate a far fronte ai disagi che stanno vivendo diversi studenti nel Sud Italia, dove alcuni dirigenti scolastici hanno preferito mandare a casa i ragazzi prima dell’ultima campanella. Ieri 21 settembre è successo a Bari, dopo una serie di malori per le temperature oltre la media stagionale. Oggi una docente di educazione motoria della scuola Paolo Borsellino del rione Pallavicino a Palermo ha perso i sensi. Per Alessandro Miani, presidente di Sima (Società italiana di medicina ambientale, ndr.), è il momento di intervenire: «Il buon senso suggerirebbe di lasciare chiuse le scuole al Sud fino all’equinozio di autunno, che cade tra il 21 e il 23 settembre, allo scopo di tutelare il benessere psico-fisico degli alunni», ha dichiarato.

Il caso di Palermo

Ieri nel capoluogo siciliano si sono superati i trenta gradi. I sindaci si sono mossi in modo sparso per venire incontro ai ragazzi. Il primo cittadino di Capaci, Pietro Puccio, ha disposto la chiusura dei plessi dopo l’allerta della protezione civile regionale. Nel palermitano i due comuni di Balestrate e Trappeto hanno dimezzato l’orario scolastico: gli studenti degli istituti Aldo Moro e Danilo Dolci sono usciti dopo tre ore di lezioni. Nel capoluogo siciliano il liceo linguistico Danilo Dolci ha mandato a casa i suoi alunni per l’insalubrità dei locali per i fumi e le ceneri rimasti nell’aria in seguito a degli incendi nel quartiere Brancaccio. A Palermo anche i dirigenti hanno adottato provvedimenti differenti: i licei Umberto I e Cannizzaro hanno concluso il loro orario alle 11. Invece, nell’istituto professionale Borsellino dal 13 settembre è in vigore l’orario pieno. Decisione a cui si sono opposti ieri gli studenti e le studentesse con una protesta fuori dall’istituto: «Sei ore senza potere uscire dall’istituto sono intollerabili. Inoltre, non abbiamo ventilatori e le aule sono piccole, fatiscenti e con finestre tutte a vetri», hanno lamentato. Poi si sono rivolti al dirigente, che non era a scuola: «Chiediamo lezioni di 4 ore anziché 6. Così non riusciamo neppure a concentrarci ed è anche rischioso», anche perché gli unici climatizzatori sono in presidenza e nell’aula informatica del plesso. Al liceo scientifico Einstein, in via Vivaldi, il dirigente ha provato a tamponare l’emergenza distribuendo ventilatori e tende oscuranti alle finestre per le classi: «Cerchiamo di fare del nostro meglio – è un problema generalizzato in diverse scuole. Avrebbe dovuto essere il sindaco a ordinare la chiusura degli istituti cittadini, viste le alte temperature», ha ribadito.

A scuola da ottobre al Sud

Miani, che è anche medico e docente, sostiene che il troppo caldo di questi giorni al Sud sia l’ennesima conseguenza del cambiamento climatico e che per questo il calendario scolastico vada ripensato: «I mancamenti degli studenti registrati a Bari impongono certamente una riflessione. Il fenomeno delle ondate di calore sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici, con possibilità del protrarsi di temperature fino a 36 gradi come accaduto in Puglia nei primi dieci giorni del nuovo anno scolastico, non può essere trascurato o peggio ignorato». Quindi, per il presidente del Sima «sarebbe opportuno ampliare i margini decisionali degli Uffici scolastici regionali per un avvio dell’anno scolastico con date differenziate anche di due o tre settimane tra Sud e Nord del Paese». Uno slittamento dovuto non solo al caldo ma anche allo stato del nostro patrimonio immobiliare scolastico dove le aule sono affollate, scarsamente ventilate, surriscaldate e «con conseguenti possibili aumenti di anidride carbonica».

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