Processo Becciu, il Vaticano chiede i danni: conto monstre da 650 milioni per il cardinale e gli altri imputati

Il cumulo delle richieste di Ior, Segreteria di Stato e Amministrazione del Patrimonio della Sede apostolica. Per Becciu è già stata chiesta anche la reclusione per oltre 7 anni

L’Amministrazione del Patrimonio della Sede apostolica (Apsa) ha chiesto la condanna al risarcimento di oltre 270 milioni euro di danni per gli imputati nel processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato vaticana e sulla compravendita di un palazzo a Londra, tra cui il cardinale Angelo Becciu. La richiesta è stata formulata da Giovanni Maria Flick, che assiste Apsa, nel corso della terza e ultima udienza dedicata alle richieste delle parti civili. Il danno da risarcire è stato calcolato sommando la valutazione delle perdite economiche (danno emergente) a quella del mancato guadagno negli investimenti (lucro cessante): il primo è stato determinato da Apsa in 193 milioni 488 mila euro – così risultante una volta detratti i 216 milioni di euro ricavati nel giugno 2022 dalla vendita del Palazzo di Londra -, il secondo in 77 milioni di euro. La somma complessiva richiesta raggiunge così l’ammontare di oltre 270 milioni di euro. Lo scorso 26 luglio il promotore di giustizia vaticana, Alessandro Diddi, ha chiesto la condanna a sette anni e tre mesi di reclusione per il cardinale Becciu, e pene pesanti – carcerarie, interdittive e pecuniarie – anche per anche gli altri nove imputati nel maxi-processo, per reati che vanno dal peculato alla truffa, dall’abuso d’ufficio all’appropriazione indebita, dalla corruzione all’estorsione.


La conta dei danni di Apsa, Ior e Segreteria di Stato

Apsa ha potuto avanzare la richiesta danni come parte civile perché è ad essa che il Papa ha trasferito la proprietà e la gestione dei fondi e dei beni che prima erano della Segreteria di Stato. Ma anche quest’ultima, tramite l’avvocato difensore Paola Severino, aveva chiesto ieri danni morali e reputazionali a Becciu e agli altri imputati per un ammontare di quasi 178 milioni di euro. Anche lo Ior ha avanzato la sua richiesta, sempre nell’udienza di ieri, richiedendo dal canto suo la restituzione dei presunti fondi sottratti, il cui valore la parte civile ha fissato intorno ai 206 milioni di euro, oltre a un milione di euro per danni morali e reputazionali recati al’Istituto.


Il j’accuse di Flick

Dure le parole di Flick pronunciate oggi nelle sue conclusioni, in accordo con la requisitoria dei promotori di giustizia nel processo, contro gli imputati: «Tutti i fatti erano diretti a creare una rilevante perdita economica per la Santa Sede, con distrazione o uso illecito del denaro, nel peculato, con perdite di disponibilità di denaro, con condotte truffaldine volte a creare ingiusti profitti, e anche con una condotta estorsiva e ipotesi di corruzione e abuso d’ufficio». Quanto alla vicenda dello stanziamento di 200 milioni di dollari per un fantomatico progetto di estrazione petrolifera in Angola, denaro poi confluito nel fondo Athena di Raffaele Mincione per l’acquisto del palazzo londinese di Sloane Avenue, Flick ha sottolineato in particolare come «il cardinale Becciu ha dimostrato di avere piena conoscenza delle caratteristiche altamente speculative dell’investimento». Il giurista di fama ha chiesto infine che l’eventuale concessione della sospensione condizionale della pena per gli imputati sia subordinata al pagamento del risarcimento.

Il caso del rapimento della suora in Mali

In una nota Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione, legali del cardinale Becciu scrivono: «Salutiamo con favore la scelta dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, parte civile nel processo, di chiedere l’assoluzione del Cardinale Becciu per l’accusa di peculato legata alla vicenda del rapimento di una suora in Mali. La richiesta di assoluzione ha preso atto dell’istruttoria che ha dimostrato l’assoluta buona fede e correttezza del Cardinale nell’operazione. Per il resto, le richieste di risarcimento sulle altre questioni non hanno scalfito in alcun modo la prova dell’innocenza del cardinale, emersa nitida in dibattimanto».

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