Psichiatria Democratica compie oggi 50 anni di vita e di attività

Storia di una realtà che ha rivoluzionato l’assistenza nella salute mentale

Era il giorno 8 ottobre del 1973 quando Franco Basaglia, Domenico (Nico) Casagrande, Franco di Cecco, Tullio Fragiacomo, Vieri Marzi, GianFranco Minguzzi, Franca Ongaro Basaglia, Agostino Pirella, Piera Piatti, Michele Risso, Lucio Schittar e Antonio Slavich fondavano, a Bologna, l’Associazione Psichiatria Democratica (PD). Questo gruppo di operatori del mondo psichiatrico – molti dei quali già impegnati da tempo nel processo di deistituzionalizzazione dei pazienti ricoverati nell’OP di Gorizia – aveva deciso di dotarsi di un nuovo strumento organizzativo per raggiungere la chiusura dei manicomi, quali «luogo dove l’esclusione trova la sua espressione paradigmatica più evidente e violenta…», mettendo anche in discussione il potere medico esercitato verso i pazienti e denunciando con decisione «i pericoli del riprodursi dei meccanismi istituzionali escludenti» ovunque fossero presenti, anche nelle strutture psichiatriche extra-manicomiali.


Lo scopo di Psichiatria democratica

Nel giro di pochi anni l’Organizzazione si andò strutturando in tantissime città italiane e, insieme ad altre realtà associative si è impegnata a garantire la cura per tutti i pazienti, oltre che la tutela dei loro diritti sociali, civili e giuridici. Grazie a questo impegno scientifico, ma anche culturale, sociale e politico si è dato vita ad una stagione ricca di innovazioni che ha portato nel maggio del 1978, alla approvazione della legge di riforma psichiatrica che prevedeva la chiusura di tutti gli Ospedali Psichiatrici italiani e l’indicazione dei Servizi territoriali riformati come strumenti per rispondere a tutti i bisogni dei pazienti psichiatrici. La storia di questi decenni del movimento promosso da Psichiatria Democratica è stata quella di difendere e far camminare la Riforma, denunciando i non pochi tentativi di riproporre le vecchie logiche legate al «sistema di custodia».
L’impegno fondamentale è stato quello di promuovere in ogni Regione – spesso con le Associazioni dei familiari degli utenti o con altre realtà di base – durante e successivamente alla chiusura dei manicomi, Servizi territoriali h 24 e attivare ogni altro intervento necessario al processo di liberazione dei pazienti.


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