Il brand di lusso Moncler contro una giovane stilista bolognese: «Io non cambio nulla»

Per il brand di lusso italiano sarebbe «privo del requisito di novità» e per questo «sotto il profilo visivo, fonetico e concettuale emerge una forte somiglianza»

Il «diavolo» veste Moncler. Il brand di lusso italiano ha chiesto a una giovane stilista bolognese, Maya Salimbeni, di ritirare il suo marchio «Maya Atelier» poiché sarebbe «privo del requisito di novità» e per questo «sotto il profilo visivo, fonetico e concettuale emerge una forte somiglianza» con quello della maison di alta moda. Ma non solo: al centro della contestazione – scrive il Corriere della Sera – ci sarebbe anche la scelta del termine «atelier». Per Moncler la somiglianza tra i due marchi, infatti, comporterebbe «un rischio di confusione per il consumatore, il quale potrebbe erroneamente ritenere che i prodotti designati provengano da Moncler o che vi sia un rapporto di collaborazione» tra le due realtà. Anche perché, spiega il brand di lusso in una lettera indirizzata alla 26enne, tra i suoi marchi di proprietà ci sono «Maya» e «Moncler Maya» registrati rispettivamente nel 2018 e nel 2019. 


«Sono stranita e amareggiata»

«Sono stranita e amareggiata», è la reazione della giovane designer di moda che si nell’agosto scorso si è vista recapitare la lettera della popolare maison. «Dal punto di vista imprenditoriale sono giovane, mi sono appena avvicinata al lavoro e trovo sulla strada una serie di paletti messi da un colosso.Già esistono mille difficoltà, mi chiedo che fastidio mai potrà dare quello che faccio», ribadisce Salimbeni, aggiungendo inoltre di non «aver cambiato nulla, vediamo – conclude – in futuro che cosa succederà». 


L’azienda ecosostenibile

Il percorso della 26enne nel modo della moda inizia presto: un corso di laurea in Design al Politecnico di Milano, qualche esperienza professionale nel settore e, infine, il debutto in proprio con l’apertura di una società in grado di utilizzare materiali all’insegna dell’ecosostenibile: «Tessuti e pelli scartate dalle grandi aziende, perlopiù biologici». Un’idea (vincente) che ha fin da subito trovato spazio all’interno di riviste di moda francesi e canadese e con ogni probabilità proprio questa popolarità ha attirato l’attenzione dell’azienda italiana nata in Francia nel 1952. 

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