Fabri Fibra e la censura: «Se non ti auto-censuri, certi palcoscenici sono esclusi. Vieni pagato per ingoiare la sconfitta»
«In ambito artistico il creatore di contenuti si autocensura perché sa che altrimenti non potrà accedere a determinati passaggi in radio, palcoscenici, brand o specifici cachet. La cosa che ti permette di ingoiare questa sconfitta è che vieni pagato per ingoiarla». La confessione, firmata Fabri Fibra, è uno dei passaggi più significativi di Testi espliciti, il nuovo magazine di Mondadori curato da Paola Zukar, manager di alcuni degli artisti più influenti del rap italiano, e dal giornalista Claudio Cabona. La rivista è dedicata al tema della censura e ai suoi derivati – propaganda e la libertà d’espressione – affrontati di petto, senza sconti, con una serie di interviste a personaggi di primissimo piano della cultura italiana: uomini e donne che smuovono coscienze, enormi quantità di consenso, che fanno tribolare le cronache di ogni colore e i social. L’idea appare chiara: vivisezionare un argomento attraverso le voci di chi si è ritagliato nei più svariati modi una sorta di autorevolezza e credibilità, anche se all’apparenza sembrano scoordinate: Gherardo Colombo e Bello Figo, don Claudio Burgio e Baby Gang, Massimo Pericolo e Milena Gabanelli. Ecco, Testi espliciti vive di questa unicità.
La censura
Alla fine della lettura ciò che appare palese è che non dovremmo avere paura degli atti di censura ma del clima che ne deriva e che porta all’autocensura. Dopo Fabri Fibra, lo ribadisce lo stand up comedian Filippo Giardina, che racconta: «La censura non solo è sopra di noi, ma anche intorno a noi. Arriva esattamente da chi abbiamo a fianco. In questa lotta di tutti contro tutti, silenziare le persone originali o controcorrente, permette ai mediocri di mantenere il proprio status». Conferma Madame: «La censura è una questione più politica che artistica. Per me l’opera artistica perfetta è incensurabile. Il problema sorge quando la censura diventa automatica, compresa nei limiti espressivi dell’artista, non tanto quando viene da fuori. È pericolosa quando diventa un veleno interno, non una barriera esterna». Cerca di dare una spiegazione lo YouTuber ed imprenditore digitale Riko De Ville, che parla di «censura automatica che fa il nostro cervello. Spesso non diciamo quello che pensiamo davvero perché temiamo, soprattutto sui social, di essere massacrati. E vale anche per le persone comuni. Oggi tutti, dal barista al medico, se sono sui social, hanno un pubblico che vogliono preservare». Ma, come dice don Claudio Burgio: «Un ragazzo che arriva dalla povertà e racconta se stesso, ma poi si autocensura per ottenere maggiore denaro, magari otterrà il suo obiettivo, ed è comprensibile, anche non giudicabile, ma perderà la sua vera essenza». Zerocalcare entra più nello specifico: «Che una persona che fatica ad arrivare alla fine del mese non voglia andare per stracci lo considero legittimo; che una persona nota, che partecipa al dibattito pubblico, stia zitta per non perdere un’unghia del proprio privilegio mi sembra abbastanza immorale». Più semplice e diretto Guè Pequeno: «Se sei davvero un artista, dovresti avere la sensibilità e la possibilità di fare quello che vuoi». Massimo Pericolo, da buon rapper quale è, invece si concentra più sul significato della parola in libertà: «Se per entrare nel cuore di un tema mi si impedisce di utilizzare una determinata parola – dice – magari “scorretta”, o addirittura mi autoimpongo di non utilizzarla, praticando quindi autocensura, quel discorso è molto probabile che non verrà capito come io desidero. Censurando le parole si arriva, passo dopo passo, a censurare i concetti. È come se annullando alcune modalità di espressione, si tentasse di rendere innocuo ogni ragionamento». La liberà di esprimersi spesso rappresenta un valore maggiore a quello economico, un qualcosa di identitario che quasi certifica la tua presenza nel mondo, lo spiega bene Baby Gang: «Da piccoli ci toglievano il diritto di parola. Quando eravamo poveri, quando eravamo nella merda, non ci veniva data la possibilità di parlare perché eravamo dei nessuno. Ora che abbiamo l’opportunità di fare qualcosa di significativo, ovvero la musica, sembra che chi sta lassù non voglia comunque farci esprimere e scelga a chi dare la parola. La dà a chi conviene, a chi dice cose che piacciono. Invece io nelle canzoni sputo quello che non vogliono ascoltare. Se dessi alla gente solo quello che vuole, ovvero il racconto di una realtà pura e semplice, mi sentirei falso».
La ricerca della verità
Di base, al centro di ogni intervista, in tutte e 208 pagine, c’è una forzuta ricerca di verità. Verità che si trova nella storia di Emory Douglas, uno dei padri del partito rivoluzionario delle Pantere Nere, stroncato dal governo degli Stati Uniti negli anni Settanta: nella sua storia si rintracciano i più chiari meccanismi della censura, del sabotaggio, del controspionaggio, ma anche della ricerca della libertà. Ma la verità è anche nell’esperienza pluriennale del professor Bellavia, che ha incontrato più volte, faccia a faccia, il l’economia del potere e i suoi mille volti. La verità nascosta nei testi bugiardi di Fabri Fibra con la sua logica inversa; nelle parole ambigue e inedite di Madame; nell’autoanalisi di Marracash; nei testi, nelle azioni e nella lingua di strada di Guè; nella vita vissuta e cantata da Baby Gang; nella rabbia solitaria di Massimo Pericolo. E poi ancora, andando oltre la musica- in particolare il rap, disciplina particolarmente sensibile al tema della censura – anche nei fumetti fedeli alla linea di Zerocalcare; nei ritratti rivoluzionari di Jorit; nella carriera rigorosa di Milena Gabanelli: nelle battute sferzanti di Filippo Giardina; nelle azioni quotidiane, concrete, di frontiera di don Claudio Burgio; nell’utilizzo in contromano di YouTube e Twitch di Riko De Ville e Homyatol; e nell’evoluzione di Gherardo Colombo, da giudice a educatore. La verità è anche nella clownerie di Bello Figo, uno dei personaggi che negli ultimi dieci anni ha contribuito di più all’integrazione tra bianchi e neri in Italia. Testi espliciti, che si trova da ieri in libreria, più che una lettura risulta essere una visione privilegiata e autentica su argomenti che ci riguardano da vicino e sui quali, attraverso queste voci, possiamo tornare per spolverarli, approfondirli, rifletterci, affrontarli e magari anche provare a risolverli.
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