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Razzi su Israele da Libano e Gaza. Verso apertura valico con l’Egitto domani. Tel Aviv: «Presto attacco nella Striscia»

19 Ottobre 2023 - 17:50 Redazione
«Ora vedete Gaza da lontano, presto la vedrete dall'interno», ha detto il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant

A quasi due settimane dall’attacco di Hamas, proseguono i bombardamenti dell’esercito di Tel Aviv sulla striscia di Gaza. Mentre nel Sud di Israele risuonano le sirene per segnalare lanci di razzi provenienti dalla Striscia e dal Libano. Lo riferiscono media israeliani. Intanto, il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha detto alle truppe al fronte che l’ordine di entrare a Gaza arriverà presto. «Ora vedete Gaza da lontano, presto – ha annunciato – la vedrete dall’interno. L’ordine arriverà», ha aggiunto. Ai bombardamenti aerei si sommano, inoltre, i blitz di alcuni commando dell’esercito israeliano nel tentativo di localizzare alcuni cittadini dispersi. Ad aggiornare sullo stato delle operazioni è il portavoce militare Daniel Hagari, secondo cui Israele stima in 203 gli ostaggi portati da Hamas a Gaza. In altri attacchi condotti la scorsa notte, ha aggiunto il portavoce dell’aviazione di Tel Aviv, sono stati uccisi anche «10 terroristi di Nukhba», l’unità di élite di Hamas. E se ieri è stato il giorno di Joe Biden in Israele, oggi tocca al premier britannico Rishi Sunak, che ha dichiarato: «Voi avete combattuto 80 anni fa i nazisti,ora dobbiamo combattere insieme Hamas che è il nuovo nazismo». Nel frattempo, l’Egitto ha fatto

Egitto: «Il valico di Rafah riaprirà domani»

Il valico di Rafah, l’unico varco per la Striscia di Gaza non controllato da Israele, verrà aperto domani per consentire il passaggio degli aiuti umanitari verso il territorio palestinese. Lo ha reso noto il canale AlQahera News, vicino all’intelligence egiziana, senza fornire ulteriori dettagli. In precedenza il presidente americano Joe Biden aveva affermato di aver ottenuto dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sissi di «far passare fino a 20 camion». Numero, questo, che l’Oms considera del tutto insufficiente. Per l’Organizzazione mondiale della Sanità gli aiuti umanitari devono entrare a Gaza «ogni giorno per soddisfare i bisogni della popolazione». Il capo dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha inoltre esortato Israele a consentire anche l’ingresso di carburante nella Striscia di Gaza. «Accogliamo con favore l’annuncio fatto ieri da Israele che non bloccherà l’ingresso di acqua, cibo e medicinali dall’Egitto a Gaza ma c’è anche bisogno di carburante per i generatori degli ospedali, le ambulanze e gli impianti di desalinizzazione», ha affermato.

Usa, Germania e Regno Unito esortano i propri cittadini a lasciare il Libano

Da Beirut, le ambasciate di Stati Uniti e Regno Unito hanno invitato i propri cittadini a fuggire dal Paese dei cedri: c’è preoccupazione per l’escalation di violenza al confine tra Libano e Israele. «Raccomandiamo ai cittadini statunitensi in Libano di preparare piani per partire il prima possibile finché sono ancora disponibili opzioni commerciali», scrive l’avamposto a stelle e strisce in Libano, citato da Al Arabiya. In un avviso inviato via email ai cittadini, l’ambasciata ha affermato che sta monitorando la situazione nel Paese. «Invitiamo i cittadini che scelgono di non partire di preparare piani per situazioni di emergenza», ha affermato l’ambasciata. Il 17 ottobre, il Dipartimento di Stato ha invitato i suoi cittadini a non recarsi in Libano a causa della «situazione imprevedibile della sicurezza». Lato britannico, il messaggio è molto simile: «Se siete attualmente in Libano, vi invitiamo a partire adesso mentre restano disponibili opzioni commerciali. I cittadini britannici dovrebbero prestare attenzione ed evitare le aree in cui potrebbero svolgersi manifestazioni». Anche il ministero degli Esteri tedesco ha esortato i connazionali a lasciare il Libano. «Anche i cittadini tedeschi che si trovano attualmente in Cisgiordania sono invitati a partire», si legge sul sito del dicastero.

Idf: «Uccisi i leader di Hamas»

Nella giornata di oggi, giovedì 19 ottobre, l’Idf ha comunicato di aver ucciso diversi esponenti di spicco di Hamas. Tra questi ci sarebbe Rafat Harb Hussein Abu Hilal, capo dei “Comitati di resistenza popolare”, una delle fazioni armate che fiancheggiano l’organizzazione terroristica palestinese. Nel 2006, quegli stessi Comitati parteciparono al rapimento del soldato israeliano Gilad Shalit, un ostaggio che fu tenuto a Gaza per cinque anni e che fu rilasciato nel contesto di uno scambio di prigionieri. Ma a essere uccisi ci sarebbero anche Jamila al-Shanti, vedova del cofondatore di Hamas Abdel Aziz al-Rantisi e prima donna eletta nel 2021 nell’Ufficio politico dell’organizzazione, e Jehad Mohaisen, capo della Sicurezza nazionale di Hamas.

Il ruolo del Captagon nell’attacco di Hamas del 7 ottobre

In mattinata è ripreso anche il lancio di razzi da Gaza verso Israele. Intorno all’ora di pranzo le sirene di allarme antiaereo sono suonate a Tel Aviv e in alcune regioni centrali del Paese. E intanto emergono nuovi dettagli sull’attacco sferrato da Hamas contro Israele il 7 ottobre scorso e che ha dato il via all’escalation militare. Secondo la tv israeliana Canale 12, i soldati dell’organizzazione terroristica palestinese che hanno partecipato all’invasione erano sotto effetto di una droga sintetica nota come Captagon. Alcune tracce della sostanze sarebbero infatti state rilevate fra i prigionieri di Hamas in Israele, mentre alcune pillole erano ancora nelle tasche di alcuni soldati rimasti morti in combattimento. Il Captagon, nota anche come «cocaina dei poveri», è prodotta principalmente in Libano e in Siria e in passato è stata usata anche dai miliziani dell’Isis.

Gli aiuti umanitari e il valico di Rafah

In mattinata le autorità palestinesi hanno rilasciato un nuovo aggiornamento sul bilancio della guerra: sono almeno 3.785 i morti e 12.493 i feriti registrati dal 7 ottobre a oggi. E intanto proseguono gli sforzi internazionali per cercare di garantire aiuti umanitari ai civili della Striscia di Gaza. Il servizio stampa del ministero delle Emergenze russo ha annunciato la partenza di un volo speciale con 27 tonnellate di aiuti. «Su istruzioni del presidente russo e per conto del governo – si legge nella nota del Cremlino -, l’aereo del ministero consegnerà un carico umanitario alla popolazione della Striscia», si legge nella nota. Il volo è partito dall’aeroporto di Ramenskoye, nella regione di Mosca, ed è diretto allo scalo internazionale di El Arish, Egitto. E proprio il Paese di Al-Sisi, complice la mediazione di Joe Biden, ha annunciato l’apertura al passaggio «in maniera sostenibile» degli aiuti umanitari destinati alla Striscia di Gaza attraverso il valico di Rafah. Eppure, il passaggio è ancora chiuso e – riferiscono alcune fonti locali all’Ansa – non si vede personale di frontiera. Secondo le previsioni, l’intesa raggiunta tra Israele, Egitto e Usa potrebbe aprire il valico a partire da domani, venerdì 20 ottobre, come confermato anche da Biden ad alcuni giornalisti durante il viaggio di ritorno verso gli Stati Uniti. Il responsabile della Mezzaluna Rossa egiziana Khaled Zeid ha riferito che «centinaia di tonnellate» di aiuti medici «sono pronti a entrare nella Striscia di Gaza». Ancora non è chiaro quanto si allargheranno le maglie dei controlli di frontiera. Ma Martin Griffiths – sottosegretario generale per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza dell’Onu – ha auspicato che tali aiuti siano «sicuri e consistenti», nell’ordine di 100 camion al giorno.

L’ex premier israeliano: «Sarà un’operazione brutale»

E mente l’Occidente attende ancora di capire quanto dura sarà la reazione del governo di Tel Aviv contro l’organizzazione terroristica palestinese, è l’ex premier israeliano Ehud Omer – in un’intervista a La Stampa – a offrire qualche dettaglio in più su cosa potrebbe succedere ora in Medio Oriente: «Parlare di compromesso diplomatico oggi non ha senso, non ci sarà altro che una operazione brutale e sanguinaria, rispetto alla quale spero solo che Israele sappia creare le condizioni per ridurre al minimo i danni collaterali». Secondo Olmert, primo ministro dal 2006 al 2009, il «nodo vero è l’Iran» e il maggior deterrente a un allargamento del conflitto è «la presenza militare americana nella regione». Olmert sostiene poi che Netanyahu sia ormai «al capolinea» e che la sua retorica in questi giorni sia stata «estremamente esasperata, inappropriata e inadeguata». Sulle reazioni internazionali, l’ex premier israeliano aggiunge: «L’Occidente, che ha velocemente dismesso la pietà per le vittime israeliane ed è passato a quelle palestinesi, stavolta mi ha sorpreso. Dobbiamo farci i conti».

Credits foto: EPA/Haitham Imad | Il valico di Rafah, che collega la Striscia di Gaza con l’Egitto (16 ottobre 2023)

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