Blinken vede Mbs e Al Sisi, pressing Usa per evitare una guerra regionale. L’Ue: «Israele si difenda nel rispetto del diritto internazionale»

Il segretario di Stato Usa ottiene dall’Egitto l’apertura a tempo del valico di Rafah. Domani sarà di nuovo a Tel Aviv per incontrare i vertici del governo

Mentre Israele si prepara per «un’offensiva di terra» nella Striscia di Gaza, sul fronte diplomatico continua il pressing per evitare l’escalation del conflitto. Dopo aver fatto tappa in Qatar, Bahrain e Arabia Saudita, il segretario di Stato Usa Antony Blinken, è arrivato nel primo pomeriggio in Egitto. L’obiettivo primario della sua missione è scongiurare l’intensificazione del conflitto in Medio Oriente. Ma anche lavorare per il rilascio degli ostaggi israeliani nella mani di Hamas e proteggere i civili sulla Striscia di Gaza. Durante un bilaterale al Cairo, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha sottolineato al Segretario di Stato come «la reazione di Israele all’attacco di Hamas (di sabato 7 ottobre, ndr)» sia andata «oltre l’autodifesa e si è tradotta in una punizione collettiva». Al Sisi ha inoltre ribadito – scrive Reuters – di essere contro gli attacchi a qualsiasi civile nel conflitto in corso. Da parte statunitense, Blinken ha fatto sapere che il valico di frontiera di Rafah – cruciale per l’evacuazione dei civili, gazawi e stranieri, dalla Striscia – «sarà aperto» per gli aiuti umanitari e per sbloccare l’uscita di circa 500 americani. «Stiamo mettendo in atto con le Nazioni Unite, con l’Egitto, con Israele e con altri il meccanismo attraverso il quale ottenere assistenza e portarla alle persone che ne hanno bisogno», afferma Blinken che respinge, inoltre, la proposta di ricollocare in massa i palestinesi da Gaza alla penisola del Sinai. «Ho sentito direttamente dal presidente dell’autorità palestinese Abu Mazen e praticamente da tutti gli altri leader nella regione con cui ho parlato, che quell’idea è un fallimento, e quindi non la sosteniamo», ha detto ad Al Arabiya. «Crediamo che le persone dovrebbero poter restare a Gaza, a casa loro. Ma vogliamo anche assicurarci che siano fuori pericolo e che ricevano l’assistenza di cui hanno bisogno», ha concluso. Nel frattempo, Washington sarebbe pronta a inviare la seconda portaerei nel Mediterraneo orientale «per dissuadere l’Iran o Hezbollah dall’unirsi al conflitto Israele-Hamas», secondo alcuni funzionari statunitensi citati da Abc News. Mentre il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha nominato l’ex diplomatico di lunga data David Satterfield inviato americano per guidare gli sforzi umanitari Usa nel conflitto tra Israele e Gaza.


L’incontro con Bin Salman

Prima di atterrare al Cairo e chiudere il tour diplomatico col ritorno domani a Tel Aviv per «intraprendere – spiega il portavoce del Dipartimento di Stato Usa – altre conversazioni con gli esponenti israeliani», Blinken all’alba era in Arabia Saudita per incontrare il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Dopo l’aumento dell’intensità del conflitto, Riad ha di fatto messo in stand-by il processo di normalizzazione delle relazioni con Israele iniziato con gli accordi di Abramo del 2020. «Un colloquio molto produttivo», lo ha definito lo stesso Blinken, ribadendo, inoltre, la costante attenzione degli Stati Uniti «nel fermare gli attacchi terroristici di Hamas, nell’assicurare il rilascio di tutti gli ostaggi e nel prevenire l’estensione del conflitto», come riferito dal portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller. «I due – continua Miller – hanno affermato il loro comune impegno a proteggere i civili e a promuovere la stabilità in tutto il Medio Oriente e oltre». Bin Salman ha invece sottolineato – come riporta l’agenzia Spa – l’impegno diplomatico «per calmare la situazione», che si è concretizzato anche nella chiamata al presidente iraniano Ebrahim Raisi. Il principe saudita ha infine ribadito «la condanna degli attacchi ai civili e agli interessi vitali che riguardano la loro vita quotidiana», sottolineando la necessità per i palestinesi di «ottenere i loro diritti legittimi e raggiungere una pace giusta e duratura».


Abu Mazen: «Le azioni Hamas non rappresentano popolo palestinese»

Il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen, durante un colloquio con il presidente venezuelano Nicolas Maduro, ha fatto sapere che «le politiche e le azioni di Hamas non rappresentano il popolo palestinese», riporta l’agenzia palestinese Wafa, secondo cui Abu Mazen ha inoltre sottolineato che L’Olp (organizzazione per la liberazione della Palestina) è «l’unica rappresentante legittima del popolo palestinese».

Il monito compatto dell’Ue

Continua il pressing diplomatico anche da parte dell’Unione europea. In un nota congiunta i 27 Paesi dell’Ue ribadiscono «il diritto di Israele a difendersi in linea con il diritto umanitario e internazionale di fronte a tali attacchi violenti e indiscriminati», si legge nel comunicato diffuso dal Consiglio europeo e con il quale gli Stati membri condannano «con la massima fermezza Hamas e i suoi attacchi terroristici brutali e indiscriminati in tutto Israele e deplora profondamente la perdita di vite umane. Non esiste alcuna giustificazione per il terrorismo». Ma al contempo, i 27 Paesi Ue ribadiscono compatti «l’importanza di garantire la protezione di tutti i civili in ogni momento in linea con il diritto internazionale umanitario». I Paesi dell’Ue sono «pronti – scrivono – a continuare a sostenere i civili più bisognosi a Gaza in coordinamento con i partner, garantendo che questa assistenza non venga sfruttata da organizzazioni terroristiche». Ciò che è fondamentale è «prevenire l’escalation regionale». L’impegno dei 27 è rivolto «a favore di una pace duratura e sostenibile basata sulla soluzione dei due Stati attraverso sforzi rinnovati nel processo di pace in Medio Oriente», concludono.

Cina: «Sostegno a Paesi islamici, unità su Palestina»

La Cina «sostiene i Paesi islamici nel rafforzare l’unità e il coordinamento sulla questione palestinese» al fine di parlare «con una sola voce». È quanto ha detto il massimo diplomatico di Pechino, Wang Yi, nel corso di una telefonata avuta oggi con l’omologo iraniano Hossein Amir -Abdollahian. «La comunità internazionale dovrebbe agire per opporsi alle azioni di qualsiasi parte che danneggiano i civili», ha aggiunto Wang, nel resoconto dei media statali cinesi. Wang Yi, ieri ha parlato anche con l’omologo saudita Faisal bin Farhan Al Saud sulla crisi in Medio Oriente, rilevando che che le azioni di Israele «sono andate oltre l’ambito dell’autodifesa». Mentre Tel Aviv «dovrebbe ascoltare seriamente gli appelli della comunità internazionale e del Segretario generale dell’Onu sullo stop alle punizioni collettive del popolo di Gaza». Entrambi, ha riferito una nota della diplomazia di Pechino diffusa oggi, «hanno espresso preoccupazione per la situazione in Israele e Gaza».

La dichiarazione congiunta di Lega Araba e Unione Africana

Lega Araba e Unione Africana hanno inviato un comunicato congiunto per sottolineare come «l’invasione di Gaza da parte di Israele potrebbe portare a un genocidio di proporzioni senza precedenti» si legge nel comunicato nel quale esortano le Nazioni Unite e la comunità internazionale «a fermare la catastrofe che si sta svolgendo davanti a noi, prima che sia troppo tardi», concludono.

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