Tre Stelle Michelin a 13 ristoranti italiani, il caso dello chef Niederkofler ripartito da zero: il segreto della sua “cucina etica”

Il riconoscimento per l’«Atelier Moessmer» di Brunico (Bolzano). Tre stelle anche al ristorante «Quattro Passi» di Mellino (classe 1991) a Nerano, in Campania

Tre stelle Michelin, più la verde per la sostenibilità. È il bottino che porta a casa, o meglio nel suo «Atelier Moessmer» di Brunico, lo chef Norbert Niederkofler. Lo hanno annunciato oggi sul palco del Teatro Grande di Brescia gli ispettori della “rossa”. Con il riconoscimento al ristorante dell’Alto Adige e a quello campano di Fabrizio Mellino (classe 1991), salgono a 13 i ristoranti tristellati, quelli cioè che «valgono un viaggio» in Italia. Oltre alle due new entry si confermano: Villa Crespi a Orta San Giulio (Novara), Piazza Duomo ad Alba (Cuneo), Da Vittorio a Brusaporto (Bergamo), Le Calandre a Rubano (Padova), Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio (Mantova), Osteria Francescana a Modena, Enoteca Pinchiorri a Firenze, La Pergola a Roma, Reale a Castel di Sangro (L’Aquila), Uliassi a Senigallia (Ancona), e Enrico Bartolini al Mudec a Milano. Il “firmamento” conta in totale 395 ristoranti stellati (13 tre stelle, 40 due stelle e 342 ristoranti con una).


Quello di Niederkofler è un caso, per certi versi, unico. Non era mai successo in 69 edizioni di Guida Michelin: lo chef e la sua rivoluzionaria idea di cucina Cook the mountain sono infatti passati da zero a tre stelle dopo soli quattro mesi dall’inaugurazione del ristorante in Trentino Alto-Adige. Niederkofler era già (stato) nell’Olimpo dei tristellati con il «St. Hubertus», di San Cassiano, in Alta Badia, chiuso lo scorso marzo. Eppure questa volta «è stato più emozionante della prima, quasi un ottovolante in pochi mesi», ha detto lo chef, che guarda al futuro. In particolare, alle nuove generazioni: «Il mio lavoro è fatto per i giovani e l’Atelier vuole essere un think tank per costruire il loro futuro. Non è più solo un ristorante, è molto di più per la formazione delle nuove generazioni. Ho 62 anni, l’età media della mia brigata è meno della metà». Il mantra del suo lavoro? «Il rispetto per la persona, per la natura, per la montagna. Solo così c’è futuro, con la sostenibilità, e l’Italia ha tanti valori da esprimere e preservare», ha concluso Niederkofler.


Il ristorante nel parco di Villa Moessmer

Il ristorante «Atelier Moessmer Norbert Niederkofler» – perfetto per chi è «alla ricerca di un’esperienza culinaria speciale e unica», si legge nel sito – si trova nell’ex villa direzionale della fabbrica di tessuti Moessmer, uno dei più antichi produttori di tessuti al mondo. La struttura, del 19esimo secolo, è situata al centro del vasto parco storico (sette ettari secolari) vicino al centro di Brunico. Può vantare di quaranta coperti, una sala apertivi all’ingresso e un biblioteca adibita a cena private. La sala da pranzo, una serra che ospita l’Open kitchen con spazio fino a 12 ospiti e, infine, nel seminterrato la cantina walk-in

Cook the Mountain: un concetto di cucina

Proprio lì, in quel parco di di Villa Moessmer, lo chef altoatesino ha voluto trasferire il suo concetto di cucina Cook the Mountain, basato sulla fusione «tra i migliori ingredienti della montagna e della valle, nel rispetto dei cicli e dei ritmi della natura», come si legge nella sua pubblicazione  Cook The Mountain – The Nature Around You, pubblicato tre anni fa. «Tutto è nato quando ho iniziato a chiedermi come la cucina di montagna potesse contribuire alla crescita sostenibile dell’intero pianeta, come lo chef potesse promuovere la tutela del territorio in cui viviamo e quale potesse essere il futuro dell’alimentazione di montagna e non solo», spiega Niederkofler in un’intervista di qualche mese fa. Ed è proprio dalle «radici» che è partito il percorso per «trovare le risposte». Ma non solo: il “tuffo” nel passato gli è servito per poi «prestare ascolto – spiega – anche alle tendenze attuali di riscoperta del locale, rispetto della biodiversità, diffusione di prodotti biologici e a km 0, della mentalità del vivere lento seguendo la stagionalità».

«La cucina come catalizzatrice di processi culturali»

Ed ecco che allora l’obiettivo è diventato chiaro per il neo chef tristellato: «Ripensare allo sviluppo economico-sociale indagando i rapporti tra produzione, prodotto, territorio e consumo. Punto di partenza di questo cambiamento dev’essere la cucina, intesa come “catalizzatrice di processi culturali” per la diffusione di un modello di sviluppo sostenibile. In quest’ottica il cuoco deve assumersi il ruolo di “educatore emozionale”, capace di promuovere un nuovo stile di vita», spiega. E in ogni nuova creazione (culinaria) rimane fondamentale per Niederkofler «coinvolgere tutti gli attori che in qualche modo vi partecipano». Dagli Agricoltori, agli allevatori «che devono essere considerati come gli artigiani del territorio a tutela del territorio. La loro esperienza, la loro sapienza, – conclude – ci permette d’avere una materia prima pura, perfetta».

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