Dopo un tamponamento un 15enne gli ha dato un pugno. Ora è ricoverato al Cto
Marco Nebiolo, agente immobiliare di 47 anni, è stato pestato a sangue a Torino mentre si trovava in automobile con la madre venerdì 24 novembre. La sua colpa è di essersi fermato davanti a un semaforo giallo. Nebiolo stava percorrendo corso Unità d’Italia in direzione centro quando si è fermato all’altezza del museo dell’Automobile. Lì una Citroen Xsara guidata da una guardia giurata torinese di 36 anni non ha frenato in tempo e l’ha tamponato. Gli altri due passeggeri dell’auto non hanno gradito. Un ragazzo di 15 anni che era in auto con la madre è sceso e l’ha colpito con un pugno al volto. Lui ha sbattuto la testa ed è svenuto. I tre si sono allontanati senza prestare soccorso. Nebiolo è ricoverato in prognosi riservata al Cto di Torino. Non è in pericolo di vita.
La denuncia per lesioni
L’edizione torinese del Corriere della Sera fa sapere che il 15enne è stato identificato dai carabinieri e denunciato per lesioni. «Mi spiace per chi mi ha fatto male, evidentemente sono persone meno fortunate di me», ha detto l’imprenditore a Torino Cronaca. La moglie Manuela Mareso ha detto di aver scoperto il ricovero del marito solo successivamente: «Questa vicenda poteva finire molto peggio. Spero che queste persone rinsaviscano e si rendano conto di quello che hanno fatto». Il 15enne era in auto con la madre e con la guardia giurata. I tre sono ripartiti e sono stati ripresi soltanto successivamente dai carabinieri. L’agente immobiliare ha riportato una frattura al cranio, due grandi ematomi, diversi focolai emorragici ed escoriazioni in diverse parti del corpo.
L’sms alla moglie prima del buio
Nebiolo, che è anche membro del collegio edile dell’Api di Torino e del consiglio direttivo della Fimaa, era a bordo di una Fiat Grande Punto. Ha inviato un messaggio alla moglie: «Ho tamponato, ho chiamato i vigili, volevano menare». Lei aveva pensato che l’episodio si fosse concluso. «Ricorda tutto alla perfezione ma non il momento dell’aggressione. La sua ultima immagine prima di svegliarsi in ospedale è l’essersi chiuso all’interno dell’automobile, sostiene che nessuno avrebbe potuto aprire dall’esterno e non ricorda di essere sceso».
Tra aspettative basse, polemiche e divisioni, a Dubai si apre oggi la Cop28, la conferenza delle Nazioni Unite che ogni anno fa sedere allo stesso tavolo i governi di tutto il mondo per discutere di come affrontare la sfida dei cambiamenti climatici. Sull’edizione di quest’anno pesano diverse polemiche, a partire dalla scelta del Paese ospitante. Gli Emirati Arabi Uniti sono infatti non solo il settimo esportatore di petrolio al mondo, ma anche tra i pochi Paesi che mirano a incrementare la propria produzione anche nel prossimo decennio. Detto questo, sono diversi i temi che finiranno sul tavolo della Cop28: dall’accelerazione sulle politiche energetiche al fondo per i Paesi in via di sviluppo, passando dall’incognita della fusione nucleare. Ecco una guida con tutto ciò che c’è da sapere per orientarsi al meglio tra gli eventi, i discorsi e i negoziati delle prossime due settimane.
Chi c’è e chi non c’è
La Cop28 di Dubai si svolgerà dal 30 novembre al 12 dicembre e si divide essenzialmente in tre fasi. La prima parte è il cosiddetto «segmento di alto livello» (1 e 2 dicembre) in cui ci saranno i discorsi dei capi di Stato e di governo. Dal 3 al 10 dicembre la presidenza emiratina ha organizzato una sfilza di giornate, ognuna dedicata a un tema in particolare: finanza climatica, transizione energetica, trasporti, agricoltura e non solo. Gli ultimi due giorni, infine, ci sarà il rush finale dei negoziati per trovare un accordo sulla dichiarazione finale e unanime di tutti i Paesi partecipanti. Tra i nomi di rilievo più attesi della Cop28 c’era anche quello di Papa Francesco. Il Pontefice aveva preparato un discorso da pronunciare nei giorni di apertura della conferenza, ma i medici del Vaticano – preoccupati per le sue condizioni di salute – gli hanno consigliato di rinunciare al viaggio. Anche senza Papa Francesco, sarà la prima volta in cui la Santa Sede parteciperà ai negoziati sul clima. Il grande assente della Cop28 è invece il presidente americano Joe Biden, che ha deciso di rimanere negli Stati Uniti e lasciare che sia il suo inviato speciale per il clima John Kerry a portare avanti le trattative. Presenti tutti i leader dell’Unione Europea, compresi per l’Italia la premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto. Per i Brics hanno confermato la propria presenza il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva e quello indiano Narendra Modi, mentre saranno assenti Xi Jinping e Vladimir Putin. Complessivamente, sono oltre 140 i capi di Stato e di governo attesi a Dubai nei prossimi giorni. Tra loro c’è anche re Carlo III d’Inghilterra, che si è sempre mostrato attento sui temi ambientali e climatici.
Conflitti di interessi e problemi di credibilità
Le polemiche che da mesi circondano l’edizione di quest’anno hanno come principale bersaglio Sultan Al-Jaber, presidente di Cop28 ma anche amministratore delegato di Adnoc, colosso petrolifero pubblico di Abu Dhabi. Un doppio ruolo che in molti additano come un palese conflitto d’interesse. Un dossier rilanciato in questi giorni dalla Bbc sembra suggerire inoltre che Al-Jaber avrebbe approfittato del suo incarico da presidente di Cop28 per intavolare affari con delegazioni governative di Paesi stranieri in materia di combustibili fossili. «Se le accuse sono vere, si tratta di un autentico scandalo», ha commentato Greenpeace. Secca la replica della presidenza di Cop28, secondo cui i documenti diffusi dalla Bbc sarebbero «inesatti» e non sarebbero «mai stati utilizzati nelle riunioni» di preparazione della conferenza. C’è poi la questione di come gli Emirati Arabi Uniti trattano il dissenso. Nel Paese, infatti, le proteste sono vietate. Già ad agosto, l’Onu ha assicurato che ci saranno spazi dove gli attivisti potranno riunirsi e far sentire la propria voce. Ma Human Rights Watch segnala che «non è chiaro come potranno farlo in sicurezza e in modo politicamente significativo in un paese come gli Emirati, dove gli spazi civici sono chiusi, ci sono severe restrizioni alla libertà di espressione e il dissenso pacifico viene criminalizzato».
Le due novità di Cop28
Ci sono due aspetti inediti della Cop28 di Dubai. Il primo è il debutto del «Global Stocktake», una sorta di inventario globale per misurare i passi avanti fatti da ciascun Paese. «Si tratta del primo esercizio complessivo di revisione dell’impegno climatico, in cui si misurano gli effetti delle politiche adottate dai diversi governi», spiega Jacopo Bencini, policy advisor di Italian Climate Network. Il Global Stocktake è uno strumento nato durante gli Accordi di Parigi del 2015 e il primo round di controllo e verifica si svolgerà proprio alla Cop28 di Dubai. La seconda novità della conferenza emiratina è che per la prima volta si parlerà non solo di clima, ma anche dell’impatto dei cambiamenti climatici sulla sanità globale. Al vertice di Dubai sono attesi infatti centinaia di ministri della Salute. Secondo una ricerca realizzata da Ipsos per Amref Italia, e pubblicata proprio oggi, il 90% degli italiani ritiene che il cambiamento climatico rappresenti una grave minaccia per il mondo intero, soprattutto per la salute globale degli individui. Per quasi un italiano su due (46%) è l’aumento delle ondate di calore e l’innalzamento delle temperatura il principale motivo di preoccupazione. Seguono l’aumento della siccità (considerato un problema per il 44%), la diminuzione della disponibilità di cibo dovuta agli impatti sull’agricoltura (37%) e l’aumento delle alluvioni (33%).
Cosa ci si può aspettare dai negoziati
Come per ogni altra Cop, saranno i negoziati sulla dichiarazione finale il vero fulcro della conferenza di Dubai. Ecco quali sono i diversi ambiti su cui i leader mondiali si confronteranno per provare a raggiungere un accordo.
Un patto per le rinnovabili
Il fronte su cui ci si aspetta l’annuncio più ambizioso è quello delle rinnovabili. In un documento congiunto, la presidenza degli Emirati Arabi Uniti della Cop28, l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili e la Global Renewables Alliance hanno esortato i governi a triplicare la capacità di energia rinnovabile da installare entro il 2030. Un obiettivo ambizioso ma decisamente alla portata di mano, che sembra aver già incassato l’ok sia della Cina di Xi Jinping, sia degli Stati Uniti di Joe Biden.
Il fondo Loss&Damage
Un altro ambito su cui ci aspetta un importante passo avanti è il cosiddetto Loss & Damage, il fondo per risarcire le perdite e i danni subìti dai Paesi che meno contribuiscono al riscaldamento globale ma che ne subiscono le conseguenze peggiori. La Cop27 di Sharm El-Sheikh si era chiusa con un accordo a sorpresa per l’adozione di questo fondo, ma restano ancora da definire il suo funzionamento e la data di partenza. Tra i Paesi sviluppati, è la posizione della Cina a creare qualche malumore. «La metodologia Onu – spiega Federico Tassan-Viol, analista del think tank ECCO – non viene aggiornata da tempo anche per motivi politici. La Cina è ancora considerata un Paese in via di sviluppo, ma ha ambizioni globali e in molti casi la sua influenza ha superato quella dell’Occidente». Al momento, la bozza di accordo sul fondo di compensazione prevede che sia la Banca Mondiale a fare da intermediaria per i negoziati e stabilire le tempistiche di distribuzione delle risorse del fondo. Un meccanismo che lascia insoddisfatti i Paesi del Sud globale, che considerano la World Bank troppo vicina agli Stati Uniti.
L’accordo (quasi) impossibile sul phase-out dei combustibili fossili
Le aspettative su un eventuale accordo sul phase-out dei combustibili fossili, ossia sulla loro eliminazione graduale, sono decisamente basse. «Gli Emirati Arabi Uniti su questo non hanno intenzione di cedere: non ci sarà nessuna uscita totale dalle fonti fossili entro una certa data», commenta Bencini. Già lo scorso anno, in occasione della conferenza di Sharm El-Sheikh, si era iniziato a parlare di phase-down. In altre parole: non un’eliminazione completa dei combustibili fossili, ma semplicemente una riduzione graduale del loro utilizzo. Secondo il policy advisor di Italian Climate Network, la presidenza emiratina di Cop28 ha bisogno di fare bella figura a livello internazionale, ma non farà alcuna concessione su questo fronte. «La decisione di ospitare una Cop fa sempre parte di una strategia di rilancio dell’immagine del Paese – osserva Bencini -. Possiamo aspettarci molti annunci da parte della presidenza emiratina su altri fronti: rinnovabili, perdite e danni, finanza per il clima. Ma non sui combustibili fossili».
L’incognita nucleare
Una delle incognite più grandi della Cop28 riguarda il nucleare. Negli ultimi anni, è cresciuto il numero di Paesi che hanno manifestato il proprio interesse per l’energia atomica. Di recente, anche l’Italia si è aggiunta a questa lista, con il ministro Pichetto che ha intenzione di ribadire la posizione del governo anche alla conferenza di Dubai. La grande sorpresa, però, potrebbe arrivare dagli Stati Uniti. Secondo l’agenzia di stampa Reuters, l’inviato per il clima John Kerry sarebbe pronto a svelare alla Cop28 la prima strategia internazionale per commercializzare l’energia prodotta da fusione nucleare.
L’Italia, come tutti gli altri Stati Ue, ha delegato all’Unione europea la propria posizione negoziale per le trattative vere e proprie. Eppure, sostiene Tassan-Viol, il nostro Paese può avere molto da dire durante la conferenza di Dubai. «L’Italia può fare da ponte tra Nord e Sud globale e può giocare un ruolo importante nei bilaterali con i Paesi dell’Africa e del Sud America», spiega l’esperto. Quasi certamente, aggiunge Tassan-Viol, «il discorso di Meloni riguarderà il Piano Mattei e la strategia del governo per l’Africa». Ciò che resta da vedere è se gli accordi previsti da questa strategia «riguarderanno paradigmi usuali, come estrazione di gas e altre fonti fossili, oppure se punteranno sullo sviluppo delle rinnovabili e l’estrazione sostenibile di materie prime critiche». Più critico Bencini, secondo cui la posizione dell’Italia alla Cop28 sarà «più fossile rispetto a qualche anno fa», come conferma il piano del governo per trasformare l’Italia nel nuovo «hub europeo del gas». A rendere ancora più importante il ruolo del nostro Paese alla conferenza di Dubai contribuisce il fatto che da gennaio 2024 l’Italia assumerà anche la presidenza di turno del G7.
In copertina: Elaborazione grafica di Vincenzo Monaco