Incidente a Colico, auto finisce nel lago di Como: morta una donna, gravissimi gli altri due passeggeri

Secondo una prima ricostruzione, il mini Suv avrebbe fatto un volo di 40 metri a causa di un’errata manovra in un’area di parcheggio

Una manovra sbagliata, l’auto che scivola nel dirupo e fa un salto di 40 metri prima di finire nelle acque del lago di Como. È quanto accaduto oggi pomeriggio, martedì 2 gennaio, nel ramo lecchese del lago, nella frazione di Colico. Nell’incidente ha perso la vita una donna di 56 anni che era alla guida della vettura, mentre gli altri due passeggeri sono ricoverati in gravissime condizioni. È stato un vigile del fuoco fuori servizio a prestare i primi soccorsi ai due uomini di 79 anni e 60 anni, tentando di rianimarli e salvarli dall’ipotermia. Il pompiere Ivano Ghidoni ha visto il mini Suv cadere giù dalla scarpata, probabilmente dopo un errore di manovra nell’area del parcheggio prima dell’Abbazia di Piona. Intorno alle 16, la vettura si è ribaltata ed è finita in acqua. Ghidoni si è tuffato nel lago e ha estratto i tre passeggeri dall’auto. Per la donna al volante non c’è stato nulla da fare, mentre un altro era rimasto incastrato fra i sedili. Insieme ai familiari con i quali era andato in visita all’abbazia ha iniziato il massaggio sui due uomini che erano in arresto cardiaco e ipotermia. Il più anziano è stato portato all’ospedale di Gravedona, l’altro a Varese dove è stato rianimato e ora si trova ricoverato in prognosi riservata. Sul posto sono arrivati i mezzi dei vigili del fuoco e le squadre di Lecco, Sondrio e Como, insieme ai sommozzatori e ai carabinieri di Lecco, oltre alle ambulanze all’elisoccorso. Il mini Suv è stato imbracato e non è andato a fondo. Ora verranno effettuati i rilievi sulla vettura e sull’area dalla quale il mezzo dovrebbe essere caduto per stabilire l’esatta dinamica di quanto accaduto.


Chi era la vittima

È stata identificata in serata la vittima dell’incidente di Colico. Si tratta di Manuela Spargi, 56 anni, residente nel Milanese, alla guida del mini Suv. Sull’auto con lei c’erano il marito di 60 anni, e un parente di 79 anni, anch’esso residente nel Milanese. È la procura della Repubblica di Lecco a indagare sull’accaduto per stabilire se a causare la caduta dell’auto nel lago sia stata davvero una manovra sbagliata nell’area di sosta. I due passeggeri sono stati ricoverati in gravi condizioni negli ospedali di Gravedona (Como) e Varese.


La testimonianza del primo soccorritore

Ivano Ghidoni, vigile del fuoco in servizio al distaccamento di via Sardegna che in quel momento si trovava in visita all’abbazia con i familiari, è stato il primo a prestare soccorso. «Eravamo andati fuori con la famiglia perché è il compleanno di mia suocera. Dopo aver mangiato lì vicino abbiamo visitato l’abbazia di Piona e quando stavamo andando via abbiamo sentito un rumore come di un masso che cadeva e poi un tonfo fortissimo», racconta all’Ansa, «la gente ha iniziato a urlare dal parcheggio. Io ho chiamato il 112 e ho avvisato che stavo per intervenire». Ghidoni si è quindi immerso nelle acque gelide del lago, intuendo che nell’abitacolo ci fossero delle persone. «Le portiere erano bloccate», spiega, «sono riuscito a estrarre la prima persona e a buttarla sul pianale. La mia compagna – Debora Palmisano – è una anestesista rianimatrice e ha iniziato il massaggio. In una situazione surreale è riuscita a gestire tre pazienti». Ghidoni, diversamente da quanto prima riferito, non è un sommozzatore ma ha il brevetto di salvamento a nuoto e ha frequentato il corso di autoprotezione in ambito acquatico. «Non si riusciva a stare sotto molto perché l’acqua era fredda. Nel frattempo è arrivato un parente delle persone nell’auto che ha detto che erano tre», prosegue nel suo racconto, «sono arrivati i soccorsi ma non potevano raggiungere il punto dov’era la macchina». La donna alla guida era legata con la cintura, per tirarla fuori hanno dovuto usare il coltellino di un pescatore che nel frattempo è giunto sul posto, il terzo passeggero era incastrato tra i sedili. I feriti sono stati trasportati con la barca a remi del pescatore. «Ce l’abbiamo messa tutta», conclude Ghidoni.

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