Fu uccisa con calci e pugni, l’ex compagno evita l’ergastolo. L’8 marzo amaro della famiglia di Giulia Rigon

La Corte d’Assise di Vicenza ha condannato a 21 anni l’imputato Henrique Cappellari accusato di omicidio aggravato: i pm avevano chiesto il carcere a vita

Sono passati meno di due anni e mezzo da quando Giulia Rigon è stata brutalmente assassinata e il suo corpo è stato ritrovato all’interno di un camper usato come abitazione e parcheggiato a Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza. Da allora l’unico accusato dell’omicidio, l’ex compagno della vittima Henrique Cappellari, 30enne di origini brasiliane, si è sempre dichiarato innocente, nonostante le ricostruzioni degli investigatori e dei pm. A distanza di due anni e mezzo, l’8 marzo 2024, la Corte d’Assise di Vicenza lo ha condannato a 21 anni di carcere per omicidio aggravato, e a 600mila euro di risarcimento danni per i familiari della vittima. L’imputato ha ricevuto dal tribunale collegiale, presieduta dal giudice Lorenzo Miazzi, una sentenza più mite rispetto a quella chiesta dai pubblici ministeri. Serena Chimichi e Alessia Grenna avevano chiesto per Cappellari l’ergastolo, considerando la ferocia con cui è stato compiuto l’assassinio e i tentativi maldestri di occultarne l’esatta dinamica. «Ci aspettavamo questa sentenza», hanno commentato tramite i propri legali il padre e la sorella di Giulia Rigon, «la famiglia voleva solo che fosse fatta chiarezza su quanto accaduto ma da parte dell’imputato non c’è stata collaborazione. Ci siamo rimessi alla decisione del tribunale». La decisione del tribunale sul femminicidio è arrivata in concomitanza con la Giornata internazionale della donna, una circostanza che non è sfuggita ai presenti in aula. La Corte ha stabilito anche che l’uomo sia posto in libertà vigilata dopo l’espiazione della pena.


L’omicidio di Giulia Rigon

Il corpo di Giulia Rigon, 31enne commessa di Asiago, è stato rinvenuto nel camper domenica 19 dicembre 2021. Secondo quanto hanno sostenuto l’imputato e la sua difesa, Cappellari non era presente al momento della morte della giovane. Il 30enne si sarebbe allontanato dalla vettura e, una volta tornato, avrebbe trovato la compagna per terra, priva di sensi, con una profonda ferita alla testa. A quale punto avrebbe quindi tentato di rianimarla, maldestramente, per poi chiamare i soccorsi. La sua ricostruzione però, sostiene l’accusa con il supporto delle prove raccolte durante l’attività investigativa, è lacunosa. A partire dall’ora del decesso, che sarebbe avvenuto il sabato sera precedente e non la domenica – giorno dell’allarme. Le tracce di sangue erano state poi rinvenute anche intorno al camper, sull’asfalto del parcheggio davanti alla casa mobile. E poi i segni sul corpo, poco compatibili con quelli di una caduta. Secondo le perizie della Procura, Giulia sarebbe stata colpita con calci, pugni e ginocchiate inferti con violenza devastante. Infine, il corpo della giovane risultava umido, come fosse stato lavato dopo la morte.


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