Il 25 aprile di Serena Bortone: «Lo dedico a mio nonno Rodolfo che nascose il suo vicino ebreo in un muro finto»

Le risposte durante la presentazione del suo primo romanzo “A te vicino così dolce”, a Milano. «Se fai vincere le misere parrocchiette, se abbiamo solo i cantori di regime, la società, la cultura, l’arte s’impoveriscono. E io questo timore ce l’ho»

Oggi Serena Bortone, nel pieno del caso Scurati, ha presentato a Milano il suo primo romanzo, A te vicino così dolce (Rizzoli), nella libreria Rizzoli Galleria. Il direttore di Vanity Fair Simone Marchetti, che ha dialogato con la giornalista insieme a Francesca Vecchioni, le ha chiesto cosa farà il 25 aprile. «Il 25 aprile farò un post per mio nonno Rodolfo, che nascose il suo vicino di casa ebreo in un finto muro. Il gerarca lo minacciava perché non si iscriveva al partito fascista, non aderiva alla subcultura della “bella morte”. Mio nonno, da persona semplice, ha fatto quello che era giusto fare. Il suo vicino riuscì a scappare negli Stati Uniti. E sarò in treno tra Milano e Roma, per preparare la trasmissione», ha risposto la giornalista Rai. Repubblica riporta le parole della conduttrice all’incontro milanese. «Faccio il mio lavoro con dignità e libertà», ha sottolineato. «Facciamo tutti la differenza. Fa la differenza chiunque fa il proprio dovere perché abbiamo anche doveri: il dovere di essere perbene, gentili, onesti. Fa la differenza chi è capace di non dire sì», ha spiegato Bortone. Su lei, che scoppiata la bufera a Viale Mazzini ha letto in studio il monologo censurato del premio Strega, potrebbe decidere l’emittente nelle prossime settimane. Durante il firma copie la conduttrice ha raccontato che quell’ascolto che lei ha adoperato in questi ultimi mesi verso tutti non l’ha ripagata. Anzi. «Nell’ultimo anno e mezzo quell’ascolto che davo a tutti non mi è stato restituito. Questa cosa mi fa soffrire moltissimo». E ancora: «Una volta ho chiesto a una persona perché discriminasse gli omosessuali. Mi ha risposto: “Perché creano confusione”. Dobbiamo uscire dalle gabbie dorate, presenti anche nel mio romanzo. Se fai vincere le misere parrocchiette, se abbiamo solo i cantori di regime, la società, la cultura, l’arte s’impoveriscono. E io questo timore ce l’ho».


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