Alessandra Kustermann: «I pro-vita nei consultori sono una crudeltà»

La primaria della Mangiagalli: in Italia aborti in costante diminuzione

Le associazioni pro-vita nei consultori sono una crudelità. Perché il numero di aborti in Italia è tra i più bassi d’Europa e in costante diminuzione. Alessandra Kustermann, prima donna primario della Clinica Mangiagalli del Policlinico di Milano, in un’intervista a La Stampa parla del progetto del governo Meloni con i fondi del Pnrr. «Il ricorso all’interruzione di gravidanza nel 2021 è diminuito in tutte le classi di età, in particolare tra le più giovani. I tassi di abortività più elevati restano tra i 25 e i 34 anni. L’età media delle donne al parto nel 1975 era 23, oggi è appunto di 34: si è ristretto l’arco di tempo in cui la donna sceglie di diventare madre», spiega.


Cosa cambia

E ancora: «In passato abortivano le donne con almeno due figli, già in una relazione di coppia. Oggi aumenta il numero di donne che non hanno ancora figli e non sono in una relazione stabile. Allora è qui che bisogna lavorare, sulle loro paure, se si vuole capire perché succede. Se hanno deciso di non essere pronte, se le loro motivazioni sono forti, è impossibile far loro cambiare idea. Nessuna pensa di abortire un grumo di cellule, pensare che qualcuno ce lo debba spiegare è un insulto alla nostra intelligenza. Alle ragazze di oggi per non essere terrorizzate all’idea di avere un figlio serve ben altro che la promessa di 200 euro al mese per un anno».


Per Kustermann invece serve altro: ««Nelle grandi città, come Milano, per l’affitto di un monolocale ci vuole uno stipendio. Alle giovani coppie per decidere di mettere su famiglia sarebbe molto utile, prima di tutto, una casa. Altra questione, quando la maternità obbligatoria, se ce l’hai, è finita, il bimbo ha tre mesi e tu devi tornare a lavoro, che fai? Se la destra al governo volesse davvero aumentare la natalità, la soluzione è una e una sola: l’uguaglianza, la vera uguaglianza, tra uomini e donne».

L’uguaglianza

E ancora: «Se dopo tre mesi dal parto devo tornare al lavoro, chi sta a casa con il neonato? La baby sitter che non mi posso permettere, la nonna che ancora lavora? Perché dopo i cinque mesi obbligatori per la donna non iniziano i cinque mesi obbligatori e pagati per il padre, la persona più adatta a badare al proprio figlio? Un colloquio per esplorare le motivazioni di una decisione così difficile nei consultori già si fa. Ma non è in quella sede che si costruiscono le soluzioni». E infine, l’egg freezing: «Mi sembra una buona idea quando si hanno 34, 35 anni e si sa di volere un figlio, ma non è possibile perché non ci si trova ancora nella relazione considerata “giusta”. Crescere un figlio nel nostro Paese è molto difficile per tutto quello che abbiamo detto, da sola fa ancora più paura. Fertilità e business non vanno quasi mai particolarmente d’accordo».

Leggi anche: