Fecondazione assistita, si cambia: anzi no. Ecco cosa prevedono le nuove linee guida (con 6 anni di ritardo)

Via libera dal governo al documento sulla PMA atteso dal 2015. La delusione dell’Associazione Luca Coscioni: «Le svolte che il Paese attende sono altre»

Ci sono voluti nove anni, sei in più di quelli previsti dalla legge 40 del 2004, ma il ministero della Salute ha infine diramato le nuove linee guida che regolano l’accesso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) in Italia. L’obiettivo, si spiega nel testo, è quello di «fornire chiare indicazioni agli operatori delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita affinché sia assicurato il pieno rispetto di quanto dettato dalla legge». Poche, in realtà, le novità pratiche rispetto ai trattamenti che già possono fornire (e non) nel Paese i centri specializzati pubblici e privati. Le nuove linee guida, diramate con decreto datato 20 marzo 2024, ma pubblicate in Gazzetta Ufficiale soltanto ieri, 9 maggio, producono essenzialmente un aggiornamento delle precedenti – datate 2015 – per incorporare le disposizioni dettate dalle più recenti sentenze in materia della Corte costituzionale. Ecco dunque le principali «novità», già invalse per via di giurisprudenza ora accolte nelle linee guida, di cui è utile tenere conto:


  1. L’accesso alla PMA è consentito non soltanto alle coppie che s’imbattono in problemi di infertilità/sterilità di almeno uno dei due partner (certificati dal medico specialista), ma anche alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, «nonché a coppie sierodiscordanti portatrici di patologie infettive, quali HIV, HBVC, HCV, nelle quali l’elevato rischio di infezione configura di fatto una causa ostativa alla procreazione», ed anche a coppie in cui uno o entrambi i partner abbiano fatto ricorso in passato alla crioconservazione dei gameti o del tessuto gonadico per la preservazione della fertilità. Le linee guida recepiscono in questo caso la sentenza 96/2015 della Corte costituzionale.
  2. Dopo aver ricevuto tutte le informazioni del caso – di ordine sanitario, psicologico, economico etc. -, le coppie cui è stata confermata la possibilità di accedere ai trattamenti di fecondazione assistita devono dare il loro assenso in forma scritta. Possono poi revocare il consenso (anche uno solo dei partner) in qualsiasi momento sino alla fecondazione dell’ovulo. Dopo questo momento, sottolineano le linee guida, il consenso alla PMA non può più essere revocato e la donna può richiedere l’impianto dell’embrione anche se il rapporto di coppia si è nel frattempo interrotto o in caso di decesso del partner. Anche in questo le linee guida recepiscono due pronunce della Cassazione e della Corte costituzionale (2019 e 2023 rispettivamente) che non facevano altro però che precisare in maniera più accurata quanto di fatto già implicato dalla legge 40.
  3. È consentito l’accesso alla fecondazione eterologa – cioè con gameti prestati da una persona terza alla coppia – nei casi in cui almeno uno dei partner sia affetto da una patologia causa irreversibile di sterilità/infertilità assolute e sia stata esclusa la possibilità di ricorrere ad altri metodi terapeutici. La svolta era arrivata già dal 2014 con la sentenza n. 162 della Corte, ed è ora recepita nelle linee guida.
  4. Decade il reato di selezione degli embrioni ove il fine sia quello di tutelare la salute della donna: è consentito quindi escludere dall’impianto in utero embrioni in cui sia stata accettata la presenza di malattie genetiche trasmissibili «rispondenti ai criteri di gravità» enumerati nella legge 194 del 1978. Anche in questo caso, l’indicazione era già operativa dopo la sentenza della Corte 229 del 2015.

Poco e tardi: le critiche dell’Associazione Coscioni

Pur con ritardo – considerato che la legge 40 prevede un aggiornamento delle linee guida ogni tre anni – è infine arrivato lo strumento formale aggiornato per regolare l’accesso alla PMA. Ma proprio questa semplice «fotografia» della realtà, piuttosto che avanzamenti concreti sul terreno delle prestazioni accessibili, è ciò che lamenta dopo la pubblicazione del testo l’Associazione Luca Coscioni. «Non fanno che recepire, e anche con ritardo, le più recenti sentenze della Consulta che di fatto sono state applicate immediatamente dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale», sottolinea Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell’Associazione. Secondo cui la vera svolta attesa e che invece non arriva sarebbe l’ampliamento della possibilità di crioconservazione dei gameti non solo per chi è affetto da patologie o altri casi particolari, ma per chiunque voglia semplicemente preservare la propria fertilità. Secondo l’Associazione Coscioni, resta poi da svolgere il nodo, sul piano pratico, delle diseguaglianze territoriali che impediscono un pieno e uguale accesso alle tecniche di PMA. Ma soprattuto, sottolinea ancora Gallo – che ha fatto parte nella scorsa legislatura del tavolo di lavoro per la riforma delle linee guida – sarebbe in ottica più ampio il Parlamento a doversi muovere per abbattere altri divieti fissati dalla legge 40. Quali? Uno su tutti. «Dovrebbe essere normata la gravidanza per altri solidale, invece al Senato questa maggioranza pensa di introdurre nuovi ostacoli e divieti. Noi però continueremo a batterci nei tribunali in difesa delle coppie».


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