L’esperimento bufala sull’elettrosmog degli smartwatch

Il filmato mostra un esperimento svolto con faciloneria che non può dimostrare alcuna pericolosità dell’elettrosmog e dei dispositivi mobili

Il concetto di inquinamento elettromagnetico – noto anche come elettrosmog -, indica la presenza costante di campi elettromagnetici dovuti alle nostre attività. La paura di questo fenomeno ha portato alcuni a organizzare campagne di protesta pseudoscientifiche, per esempio contro la rete 5G, sfociando persino in atti di sabotaggio e intimidazione. Ma ci sono anche effetti sulle Istituzioni. Per esempio nel settembre 2023 la Francia aveva ritirato l’iphone 12 dal mercato in quanto le sue emissioni supererebbero i valori limiti, nonostante non esistano prove della nocività del prodotto. Del resto gli standard dell’Unione europea sono notevolmente restrittivi rispetto a quelli americani. Avevamo già visto in diverse analisi precedenti (per esempio qui, qui e qui) che la presunta pericolosità delle onde elettromagnetiche non ionizzanti non è dimostrata. Questo non esime qualcuno dall’improvvisarsi scienziato, e pubblicare su Facebook filmati in cui dimostrerebbe come gli Smartwatch emanerebbero una quantità impressionante di radiazioni. Vediamo di cosa si tratta realmente.

Per chi ha fretta:

  • Un filmato mostra come uno Smartwotch posto vicino a un rilevatore sembri emettere livelli elevati di radiazioni elettromagnetiche.
  • In realtà l’apparecchio per come è impostato non fa altro che rilevare anche il minimo segnale emesso dal dispositivo.
  • Non esistono prove che la pervasività delle onde elettromagnetiche non ionizzanti ai livelli imposti dalle norme europee rappresentino un pericolo per la nostra salute.

Analisi

Nel filmato la presunta quantità elevata di elettrosmog degli Smartwatch verrebbe dimostrata mediante un misuratore di campi elettromagnetici. Tanto che nel testo che accompagna il filmato leggiamo termini come «friggitrice da polso». Il testo si conclude con una domanda retorica: «chissà quanto dureremo con tutta questa elettricità anomala assorbita dal corpo»:

Acquista anche tu una Friggitrice da Polso che fa anche da orologio… Aggiungiamoci il cellulare in tasca, gli auricolari senza fili e prossimamente la gente coi visori in realtà aumentata… Chissà quanto dureremo con tutta questa elettricità anomala assorbita dal corpo…

L’esperimento sull’elettrosmog degli Smartwatch

In realtà è dagli anni ’60 che si studiano i presunti effetti dell’elettrosmog sulla salute. Da allora abbiamo oltre 28 mila articoli scientifici dove, come accennavamo non si trovano evidenze sui danni delle radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti, Per avere danni occorrerebbe invece esposti alle onde ionizzanti (come quelle delle sostanze radioattive), che in quanto tali sono in grado di spezzare i legami del nostro DNA, provocando tumori. Di questi abbiamo infatti delle evidenze.

L’apparecchio utilizzato è un misuratore di campo elettrico e radiofrequenza (RF) della TriField. Effettivamente vediamo che è impostato per misurare le radiofrequenze (ultima tacca rossa a destra della manopola).

Insomma, siamo di fronte all’ennesimo esempio di faciloneria nell’uso degli strumenti tecnici, oggi accessibili a chiunque. Il problema è che non tutti leggono il manuale tecnico del prodotto, tanto meno pensa di consultare degli esperti, come invece abbiamo fatto noi, trovando conferma di quanto sia insensata una lettura del genere, perché il sensore RF dello strumento è piuttosto sensibile, impostato in una banda tanto larga da rilevare qualsiasi attività elettrica degli Smartwatch. È come se sostenessimo l’esistenza di zanzare giganti basandoci su quel che vediamo puntandogli sopra una lente d’ingrandimento. Questi dispositivi per altro devono emettere dei segnali relativamente forti per potersi connettere al relativo Smartphone.

Conclusioni

Comunque la si pensi sull’elettrosmog l’esperimento mostrato nel filmato non piò dimostrare niente, perché eseguito palesemente senza conoscere i dispositivi in oggetto. Inoltre non esistono studi che dimostrino la pericolosità delle radiazioni non ionizzanti nei valori autorizzati dall’Unione europea o negli Stati Uniti.

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