Stop alla cannabis light, il governo Meloni prova una nuova stretta: «Vietata la vendita per usi non industriali»

Ad essere colpita sarebbe la cannabis con un contenuto di Thc inferiore allo 0,2%, e quindi priva di effetti psicotropi, consumata per i suoi effetti rilassanti e come medicinale

La cannabis light non potrà più essere venduta per il consumo umano. Questa sarebbe la conseguenza di un emendamento proposto dal governo Meloni al ddl Sicurezza, in queste ore in esame in Commissione alla Camera. Ad essere colpita sarebbe la cannabis con un contenuto di Thc inferiore allo 0,2%, e quindi priva di effetti psicotropi, la cui produzione e vendita verrebbero vietate al di fuori degli usi industriali previsti dalla legge. Nell’emendamento, il commercio o la cessione di infiorescenze viene punito con le norme del Testo Unico sulle Sostanze Stupefacenti, parificando la cannabis light a quella non depotenziata. Attualmente, secondo la legge 246/2016 e la sentenza 30475 del 30/05/2019 della Cassazione, in Italia è consentita la commercializzazione di cannabis purché sia dimostrabile che questa non abbia un effetto «drogante o psicotropo» e che il contenuto di Thc – la sostanza psicoattiva – sia inferiore allo 0,6%.


«Il governo è mosso dal pregiudizio»

La cannabis light è apprezzata e consumata per via dei suoi effetti rilassanti, dovuti a un altro principio attivo: il Cbd. Per questo, commenta all’Ansa Giuseppe Libutti, avvocato costituzionalista che segue la vicenda, «così come concepito l’emendamento sembra più mosso da un pregiudizio verso la cannabis e si pone in contrasto con la giurisprudenza che riguarda la canapa industriale. Inutile dire che se dovesse essere approvato aprirà la strada a numerosi contenziosi da parte di chi opera da anni nel settore disciplinato dalla 246 del 2016 e svolge un’attività assolutamente lecita».


Lo stop fallito del 2023

Il governo Meloni era già intervenuto sulla cannabis light, equiparando gli estratti di Cbd – ma non le infiorescenze – a medicinali contenenti sostanze stupefacenti, e per questo acquistabili solo nelle farmacie presentando una ricetta medica. Il decreto interministeriale che lo stabiliva, è stato però sospeso dal Tar del Lazio nell’ottobre del 2023 su ricorso dei produttori di canapa, poiché il governo aveva agito senza richiedere il parere del Consiglio Superiore della Sanità e contro la giurisprudenza comunitaria, che non indica il Cbd come sostanza stupefacente.

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