Meloni: «Alleanze dopo le Europee? Non faccio la cheerleader in Ue: chi fa nomi vuole inciucio». Ai magistrati: «Nessuna vendetta con la riforma»

Nella lunga intervista al Corriere della Sera, la presidente del Consiglio torna anche sullo scontro con De Luca: «Mi sono difesa»

Il ciclo di interviste del Corriere ai leader dei principali partiti si inaugura oggi, 29 maggio, con Giorgia Meloni. Un po’ nelle vesti di presidente di Fratelli d’Italia un po’ in quelle di capo del governo, la premier esordisce con un commento alla riforma della giustizia, fresca di approvazione in Consiglio dei ministri: «Di cosa dovrei vendicarmi con i magistrati? Considero bizzarro che possa essere una vendetta, uno si vendica di qualcuno che ha fatto qualcosa di male, si vendica di un nemico. Io non considero la magistratura un nemico, e chiedo a chi ha fatto questa dichiarazione se pensa che chi governa sia un nemico». Il riferimento è alle critiche arrivate dall’Associazione nazionale magistrati. «Non capisco come si possa considerare questa riforma punitiva. È una riforma di assoluto buonsenso» aggiunge la Meloni.


il capo dell’esecutivo sostiene che la riforma dell’ordinamento giudiziario conterrebbe «elementi di velocizzazione dei processi». Li rintraccia nell’istituzione dell’Alta corte disciplinare. «Anche sui comportamenti che portano lungaggini nei processi si riuscirà a essere più efficienti. Si valorizza la terzietà dei giudici e si rompe il meccanismo delle correnti ed è un beneficio per la stragrande maggioranza dei magistrati». La parte della politica estera si apre con una riflessione su un eventuale lasciapassare, dell’Occidente all’Ucraina, per colpire il territorio russo: «Oggi c’è una recrudescenza da parte della Russia nel colpire direttamente la popolazione civile. Il dibattito nasce dal fatto che ci si interroga se colpire le zone in Russia da dove vengono quegli attacchi. Credo non sia necessario, è meglio rafforzare la capacità di dotare l’Ucraina di sistemi efficaci di difesa anti-area, un lavoro fatto anche dall’Italia con i Samp-T, senza rischiare un’escalation fuori controllo».


Addentrandosi sulle questioni relative alle elezioni europee, Meloni decide di non esporsi su alleanze e Spitzenkandidat: «Mi pare che i temi europei si affrontino sempre un po’ come se fossimo delle tifoserie, non è che faccio la cheerleader. Mi domandano: “Stai con quello o con quell’altro?”. Io sto dalla parte dell’Italia, di tutto il resto mi interessa poco». Si ma quindi, sosterrebbe un bis di Ursula von der Leyen? «Faccio il presidente del Consiglio, von der Leyen era presidente della Commissione europea e il mio lavoro era quello di far cambiare» la posizione dell’Europa «su alcune cose che non condividevo» e spesso «ci siamo riusciti». Ancora: «Lavoro per costruire una maggioranza alternativa alla sinistra e in questo momento ci sono interlocuzioni con varie forze» spiega la premier. Che, a proposito di un commissario italiano al posto della von der Leyen, afferma: «Io ho le mie idee ma non parto dal candidato, parto dalla maggioranza, la politica la fa la maggioranza. Se si parte dal candidato è per tentare di ricostruire il sistema dell’inciucione. Non si può decidere chi farà cosa prima che i cittadini avranno votato, non è mai stato il mio modello».

Certamente, Meloni non sembra intenzionata a staccarsi da Viktor Orbán. Lo dice apertamente: «Io in Europa dialogo con tutti, non sono probabilmente completamente d’accordo con nessuno con cui parlo, ma non sarò mai d’accordo con l’idea che la Ue sia un club, un salotto radical chic penso che in un tempo come questo chi lavora per dividere faccia un errore strategico fondamentale, ha molto più senso chi lavora per cercare le sintesi». E la conservatrice italiana guarda sempre più spesso a Marine Le Pen come possibile elemento di tale sintesi: «Io lavoro per costruire una maggioranza alternativa alla sinistra e alle maggioranze arcobaleno, e in questo ci sono interlocuzioni con varie forze. Le Pen sta facendo un percorso interessante, anche in questa legislatura ci siamo trovate su alcune cose». Guardando al risultato elettorale di Fratelli d’Italia, Meloni afferma che le starebbe bene il 26% come esito del suo partito nelle urne. È la stessa percentuale delle ultime elezioni politiche.

Le domande virano poi di nuovo sulla politica interna. La riforma del premierato, secondo molti osservatori e costituzionalisti, minerebbe il sistema dei contrappesi previsti dall’attuale Costituzione. Non è così per Meloni: «La libertà di scegliere il governo non è prevista dalla Costituzione salvo quando le forze politiche non esprimono una maggioranza e il presidente della Repubblica è costretto a un ruolo di supplenza per una falla del sistema, comunque deve schierarsi in qualche maniera e non aiuta la sua funzione di garanzia risolvere la falla nel sistema. Non è vero che non c’è il contrappeso, il presidente della Repubblica è garante della costituzione, quello è il contrappeso». Il premierato, ritiene la presidente del Consiglio, «è utile per tutti. Ne beneficerebbe chiunque vincesse le elezioni. Anche la mia opposizione, se vincesse le elezioni, sarebbe più tutelata, avrebbero 5 anni per governare e per essere giudicati. Forse il loro problema non è il premierato, ma un esame di coscienza».

Non poteva mancare l’aggancio con la strettissima attualità e la lite tra lei e Vincenzo De Luca. La premier ha fatto uno strappo alle convenzioni dei saluti istituzionali e ha usato il turpiloquio con il presidente della Campania. Si è autodefinita «stronza». Lo ha fatto, dice, a mo’ di «difesa». E va al contrattacco: «La sinistra italiana, che quando sono stata insultata da lui non ha detto mezza parola, ora si straccia vesti perché mi sono difesa. Credo che si debba vergognare. La sinistra ha mostrato la sua vera natura, di persone con due pesi e due misure». E chiama in causa la segretaria del Partito democratico: «Mi spiace che Elly Schlein abbia perso ancora l’occasione di dimostrare di essere il cambiamento che aveva promesso. Ieri – 28 maggio – ha avuto il coraggio commentare quello che ho detto io».

«Ma – prosegue Meloni – continuo a tifare che Schlein tiri fuori il coraggio che la gente si attende da lei come leader e donna. In quello che è accaduto ieri c’è anche una questione femminile: De Luca non le manda a dire, il messaggio è che i bulli sono deboli, sono bravi a fare i gradassi dietro le spalle. È finito il tempo in cui le donne devono subire. Mi aspetto di sentire prima o poi anche una parola dalle femministe». Altro polemica della giornata di ieri, l’assenza della presidente del Consiglio all’anniversario di Piazza della Loggia. Meloni si smarca così: «Il Consiglio dei ministri esiste per una ragione, una persona non può fare tutto, io rappresento i ministri e i ministri rappresentano me. Il governo c’era a Brescia e a Caivano. A Caivano c’ero io personalmente perché ero andata a prendere impegno con i cittadini e dovevo tornare per mantenerlo».

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