Il rapper spiega cosa è successo sul palco durante la sua Sexy Shop: «Però le altre le ho cantate bene, mi do un voto tra 6 e 7»
«Ho cantato di merda Sexy Shop a una data? Non perché non c’era l’autotune. Probabilmente l’avrei cantata male uguale, ma in questo caso c’era ed era impostato su una scala armonica diversa dalla tonalità del brano. Quindi se anche l’avesse cantata una persona intonata, non io ovviamente, l’avrebbe stonata comunque perché l’autotune ti porta su delle note sbagliate rispetto a quelle della canzone». Fedez affida ai social, come sempre, la sua risposta dopo le critiche per l’errore dal palco durante la tappa di ieri a Torrenova, nel messinese. Il video del suo brano stonato a causa dell’autotune è diventato virale ed è stato proprio il rapper a voler spiegare quanto successo. Non vi nascondo che mi girano un pochino le scatole perché ci tengo sempre a dare il meglio e non siamo riusciti a risolvere il problema tecnico su quel brano lì, anche perché avevamo tre date in una notte sola. «Grazie a quelli che sono venuti, nonostante abbia cantato di merda Sexy Shop. Le altre? Un 6 me lo darei, anzi, tra 6 e 7. e vi prometto che Sexy Shop non ve la rifaccio, vi faccio un favore a non ricantarla», conclude scherzando.
Il ritorno dei Co’Sang chiude un cerchio nella storia del rap italiano, storia di cui, piaccia o meno, fa parte anche Shiva, che comunque è tornato con il suo disco migliore. E a proposito di dischi, una meraviglia futurista quello di Okgiorgio. Particolarmente nutrita la sezione singoli: quello che mette insieme Vasco Brondi e Ariete è davvero una perla, un po’ come Mylove!, architettato dal mago delle produzioni Sixpm. Tananai torna alle ballad, altro che Storie brevi, Ditonellapiaga in formissima con questo romanticismo danzereccio. Splendida Mille, sia da sola che in coppia con Amalfitano e, a proposito di feat, interessante anche quello di Olly con Angelina Mango e quello delle Bambole di Pezza con J-AX. Bene Lele Blade, benissimo Alessio Bondì, mantiene tutte le promesse centomilacarie. Non perdetevi il pezzo di Claudym scritto da Riccardo Zanotti e nemmeno il ritorno in grande stile di Casadilego. Tra i bocciati: l’ultramegaiper spudorato pop di Valentina Parisse, l’angosciante Enula e Simba La Rue, per cui il termine bocciatura ci sembra discretamente riduttivo.
Chicca della settimana: Ti ho vista ieri della meravigliosa Patrizia Laquidara.
A voi tutte le recensioni alle ultime uscite.
Co’Sang – Dinastia
Un album dei Co’Sang chiude un cerchio nella storia del rap italiano. Un po’ perché la palla torna in mano a chi ha contribuito attivamente alle fondamenta di questo genere, a chi c’ha creduto quando non ci credeva nessuno, quando nessuno era interessato. Un po’ perché ci ricorda il ruolo del rap napoletano nella diffusione di questa cultura musicale nel nostro paese: fondamentale. Ntò e Luchè si ritrovano in questo album ottimamente ponderato, come ponderati – è inevitabile – devono essere le reunion, i grandi ritorni, carichi delle aspettative nostalgiche di chi ti ha amato, delle persone alle quali mancavi, per le quali la tua musica ha avuto un certo significato e ora pretendono un nuovo racconto, una nuova visione. In questo Dinastia è perfetto, perché riesce a declinare la poetica del duo sul nuovo. Nuovo supporto, digitale, è il primo album dei Co’Sang a essere distribuito su una piattaforma, ai tempi di Chi more pe’ mme e Vita bona, 2005 e 2009, Spotify non esisteva o era ancora un seme senza frutto. Nuova poetica, fisiologicamente più adulta, più intensa, meno concentrata sulle tematiche street e più su una maturazione personale, intima, per questo anche assai delicata. Nuove sonorità, è chiaro, il duo infatti non impone la propria matrice, perché per come va veloce oggi la discografia il 2005-2009 è praticamente la preistoria del rap. Il genere è cambiato, suona in maniera diversa, per certi aspetti inesorabilmente migliore, e serve adattarsi, serve riuscire a mettersi in connessione con un pubblico nuovo. Un pubblico nuovo conquistato anche grazie all’intervento di artisti nuovi, una selezione accurata quella di Ntò e Luchè, che ospitano i Club Dogo, anche loro in periodo di reunion, il fenomeno internazionale Liberato, con cui cantano la delicata (per qualche fan fin troppo) Sbagli e te ne vai, sua maestà Marracash e, naturalmente, Geolier, con il quale ci immaginiamo un metaforico passaggio di scettro. Poesia e melodia sono organi vitali per come i napoletani intendono la musica, infatti anche Dinastia, che è un disco puramente rap, spurga un romanticismo autentico, lirico, quel qualcosa che solo i napoletani possiedono, quella visione intensa della vita, anche quando è difficile, soprattutto quando è difficile.
Vasco Brondi feat. Ariete – Meccanismi
Il motivo per cui un brano di tale spessore sia stato rilasciato ad agosto, soffocandolo con la solita e sempre più puzzolente immondizia musicale stagionale, resta un mistero. Vasco Brondi e Ariete in Meccanismi si ritrovano alla perfezione, si incastrano, si amalgamano, intensamente, mettendo nel cantato non solo la caratura di due caratteri, ma soprattutto un’intimità sussurrata all’orecchio di chi ascolta e che permette a chi ascolta che tutto arrivi in maniera netta e pulita. L’amore visto da due diverse prospettive, entrambe intrise di speranza, che vive di scelte sulle quali puntare ma che comunque suona positivo, trasmette l’ansia della felicità, infatti è come se sotto la cenere di quella che è una ballad, bruciasse comunque una sorta di poetica e coinvolgente irrequietezza. Che bellissimo pezzo.
Tananai – Ragni
C’è qualcosa di scoordinato, spicciolo, diretto e del tutto meraviglioso nelle ballad di Tananai, è una cosa che gli riesce proprio bene fare. Il dramma amoroso (che non vuol dire sconfitta, vuol dire storia, vuol dire vissuto) viene affrontato sempre attraverso una serie di immagini talmente comuni, precise e ben calibrate che chiunque ci si può riconoscere. Brillano di una purezza nuda, senza tentativi altissimi e presuntuosi, rispettando la propria natura pop. Bravo.
Olly feat. Angelina Mango – Per due come noi
Per due come noi ci riporta felicemente ai tempi in cui il pop veniva definito «musica leggera», a quei duetti sanremesi alla «Trottolino amoroso dudù dadadà», ma declinati al presente, un presente che vede in Olly e Angelina Mango due dei più seguiti esponenti del panorama musicale nazionale. Un panorama che, all’affannosa ricerca di qualcosa di nuovo, si dimentica di rispolverare la semplicità e l’efficacia della melodia, di un intento spudoratamente narrativo, spudoratamente pop. Il brano funziona alla grande, forse si perderà tra le maglie di questa troppo ingarbugliata discografia, ma con il giusto respiro potrebbe rappresentare un nuovo classico, che è tra l’altro un tipo di struttura canzone ormai tristemente estinto.
Shiva – Milano Angels
Milano Angels è stato composto in un periodo in cui Shiva si è diviso tra carcere e domiciliari, lo scrive lui stesso sui propri canali social. Anche senza andare oltre la mera cronologia degli eventi della storia di Shiva, è indubbio che Milano Angels, scritto in un clima evidentemente difficile, rappresenta non il miglior lavoro di Shiva ma quello che consideriamo il primo e finora unico lavoro di Shiva. Tutto ciò che è successo prima, non ce ne voglia, per decenza, non lo considereremo nemmeno. Perché Shiva finalmente ci racconta qualcosa di autentico. Non fa il gangsterino di plastica allo specchio perché in Milano Angels si tirano le somme: il disco è evidentemente figlio di un periodo di riflessione, forzata o meno. Tutto prende forma, si fa più intenso, vivo, interessante. Memorabile? No. Perfetto? No. Però sensato, cosa che nella discografia di oggi è già un traguardo enorme, per il vecchio Shiva, pensavamo, in tutta onestà, irraggiungibile. Invece oggi ascoltiamo Let’s Go, ascoltiamo Gotham, ascoltiamo Sete, ascoltiamo Don’t Cry No More, ascoltiamo Volo Express, ascoltiamo Lettera a Draco e perlomeno abbiamo l’impressione di avere a che fare con un artista.
Ditonellapiaga – Ily
Ily è un brano agrodolce. Da un lato, c’è la produzione di okgiorgio che macina strada pestando forte. Dall’altro, c’è lo straordinario romanticismo di un pezzo che parla della memoria nell’amore, della volontà della protagonista del pezzo di analizzare ed immagazzinare fino all’ultimo dettaglio della persona amata, per non dimenticarlo mai. Anche quando i fatti della vita si intrometteranno, come si intromettono sempre, e sarà importante non dimenticarsi della persona della quale ci siamo innamorati vent’anni prima. Ecco, okgiorgio non è che rende il brano futurista, lo trasporta proprio nel futuro dandogli l’ambientazione perfetta per il racconto di questo concetto così profondo, così dolce, così delicato.
Sixpm feat. Rose Villain, Ernia e SLF – Mylove!
Sixpm è uno di quei producer che stanno ridisegnando i contorni della figura del producer. Con Mylove! ci mette la faccia e fa un lavoro splendido. Il pezzo smazza un groove a metà strada tra funky e rap entusiasmante. Utilizza a meraviglia sia Ernia per la prima strofa rap, sia Rose Villain per il ritornello pop, sia il collettivo SLF per “sporcare” il tutto. Mylove! spacca, è già dentro le nostre playlist, dentro le nostre serate, dentro i nostri cuori. Ascolti e ne vuoi ancora. Categoria: colpo di fulmine.
Simba La Rue – 40 Gradi
Simba La Rue torna a proporci il suo liricismo rudimentale e noiosissimo. Nel brano risponde alle critiche, immaginiamo, non lo specifica, contro la sua musica, il resto non ci interessa questo granché, ma senza mai soffermarsi in una lucida valutazione del proprio lavoro. Simba La Rue rappresenta perfettamente il decadentismo, non musicale ma artistico, di un certo ambient musicale. Perché non fare buona musica non è un delitto, ma (di)mostrare questo scarsissimo e costante disinteresse per l’espressione artistica, per il gesto artistico, spiattellando tutta la palese superficialità di intenti intellettuali su un foglio, con la stessa intensità dei pensierini sul quaderno delle elementari, non è solo sbagliato è anche offensivo.
Bambole Di Pezza feat. J-AX – Cresciuti male
Divertentissimo orgoglio boomer attraverso la cazzimma delle bravissime Bambole di Pezza e le rime, a proposito di invecchiare bene, del sempreverde J-AX. Il pezzo è un inno alla libertà di essere ciò che si vuole, in realtà svela una sorta di rivendicazione della cultura di un’altra generazione ma senza alcun disagio, quel senso di imbarazzo che si prova quando si guarda un cinquantenne ballare. Siamo con voi.
Okgiorgio – Ok?
Ascoltare l’EP di Okgiorgio ci fa capire con precisione il motivo per cui parliamo di uno dei più illuminati producer del panorama pop italiano. Tutto ciò che tocca assume connotati elettronici, futuristi, eterei, perché ci si sente fluttuanti dentro la confusione organizzata, pollockiana diremmo, di certe sonorità. Scopriamo perché il suo tocco ci incanta, ci ipnotizza come serpenti dentro una cesta, perché non abbiamo questo timore nostalgico per il contemporaneo. Perché alle volte incroci artisti di tale spessore e ti rendi conto che non è l’arte che si deve fermare ad aspettarti, sei tu che devi andarle dietro e capirla. Ok? ti svela le potenzialità del mondo musicale che stiamo vivendo. E te lo fa amare.
Lele Blade – Contigo
Un rap pastoso, con il napoletano che si fonde allo spagnolo, le barre che ballano tra palato e labbra e poi il ritornello melodico, cantato, pulito, sottile, leggero, perfettamente interpretato da Laura Pizzoli, che interviene nel brano come se fosse un’invocazione, il canto di una sirena lontana, il ricordo di un sogno. Tutto al posto giusto, un ottimo lavoro.
Mille – Amare cose complesse
Sensualità e ironia, Mille è un’artista straordinaria. E lo sapevamo. Oggi però ci domandiamo quanti avrebbero il coraggio di scrivere un ritornello (geniale) che fa: «Sai che un posto sicuro sarebbe il mio culo, lo so è divisivo ma è già a metà». Mille non colpisce, punge, affascina, provoca, abbraccia, placca. Questa Amare cose complesse è così, con quel sapore vintage diventato ormai un suo riconoscibilissimo marchio di fabbrica. Gigante.
Alessio Bondì – Fiesta nivura
Immergersi nella musica di Alessio Bondì è rigenerante. Non serve conoscere il dialetto palermitano, serve solo chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare da sonorità così cariche di significato, metaforicamente così spesse, trascendentali, che le parole si fanno semplici suoni che ti accarezzano laddove desiderano portarti. In questo caso un cuore pulsante, sotto terra, sotto traccia, un battito autentico, non didascalico, anzi, oscuro, «nivuro» (nero), supremo. Le canzoni di Bondì cambiano il colore del cielo, ti trascinano in una realtà altra, dove tutto è leggero e consistente, si può respirare ma non si può toccare, è l’evocazione di un mondo che non c’è in fondo, ma che questo straordinario cantautore con le sue canzoni rende reale.
Centomilacarie – Pupille
Brano meravigliosamente inquieto, con questo synth che ti insegue, ti perseguita, ti tiene il fiato sul collo, mentre l’angoscia sale, i muscoli delle gambe bruciano, il cuore batte forte e tu ti accorgi che stai vivendo a pieno la tua giovinezza, l’età in cui si è ancora in grado di provare certe feroci sensazioni. Pupille è un brano significativo dunque, per chiunque. Bravissimo.
Amalfitano feat. Mille – È uscita la carta del diavolo
Il sapore antico di questa marcetta dai tratti intellettuali è inebriante. L’amore che vive accerchiato dalle fiamme, il bene che vive accerchiato dal male, una sensazione comune a molti, tradotta in canzone con il canto disperato, straziante, divino, di Amalfitano, migliore voce maschile dell’intero italico panorama musicale, e di Mille, sempre pulita e fascinosa, un bilanciamento perfetto per una canzone favolosa, vibrante, onesta. Eccellente. Eccellenza.
Niveo – Nonostante te
Brano in cui Niveo rievoca il bullismo subito da piccolo, tentando di rovesciarlo per trasformarlo in bellezza, in particolarità, in unicità. Ottima idea. Speriamo sinceramente sia utile a qualche ragazzo che soffre questa orrenda e stupida e anacronistica piaga sociale. Almeno quello, perché poi il brano in sé è dimenticabilissimo.
Patrizia Laquidara – Ti ho vista ieri
Brano splendido. Passato e futuro che si abbracciano, che si ritrovano in questa invocazione dalle tinte tech, nella quale l’italiano alle volte non basta, e allora non è che passa ma proprio tracima nel dialetto siciliano, una lingua che può tutto. Quanta classe nell’idea di musica di Patrizia Laquidara, quanta femminilità, quanto intellettualismo. Ti ho vista ieri è un brano di rarissima fattura, di rarissimo fascino. Riporta il concetto di amore, di affetto, alle radici più intime, quelle dei riti e delle tradizioni, ma senza dimenticarci che viviamo oggi in un mondo che disconosce il passato, se non per rigurgiti di violenta nostalgia, specialmente in musica. Il che rende questo corto circuito assai interessante.
Danti feat. Vacca – Maledetta Italia
Il pezzo, per come è costruito, non ha dei tratti raffinatissimi, ma funziona. Funziona in questo aspetto imponente, colossale, che gli è stato dato al momento della produzione, anche se poi non supportato da chissà quale arzigogolata e concettuale costruzione delle barre. Funziona l’aspetto politico e sociale, insolente e severo nella critica, così come sempre dovrebbe essere. D’altra parte parliamo di due cinture nere che invece di lasciarsi andare a progetti svolazzanti decidono di dire una cosa e lo fanno con ammirevole onestà.
Welo feat. Guè – My Boo
Il brano è assai valido dal punto di vista delle sonorità, un pò rap West Coast un pò videogame arcade: un mix interessantissimo. Poi però c’è anche il contenuto, che è la solita inutile spacconata plastificata e che suona, grazie a Dio, sempre più anacronistica. Peccato.
Wayne – Una notte a Milano
Il fatto che l’ex Dark Polo Gang, rispetto ai colleghi, perlomeno ci provi a mettere in piedi qualcosa che abbia un senso, è già ammirevole. Detto ciò Una notte a Milano è ancora un EP povero, con dei momenti interessanti, specie all’interno di Polline e, soprattutto, la title track Una notte a Milano, però ancora è tutto buttato senza alcun approfondimento, senza alcuno slancio poetico, senza particolari guizzi, senza impennate, senza qualcosa che ti blocchi, ti freddi, lì dove sei, smontandoti la mandibola. Magari alla prossima va ancora meglio, piano piano ce la possiamo fare. Il punto semmai è che la musica, a certi livelli, con quasi 200mila ascolti mensili su Spotify e quasi 500mila follower su Instagram, non è come i regali che «basta il pensiero», serve che accada qualcosa di concretamente tangibile e realistico ed importante, per meritarsi un certo seguito. Come siamo finiti a vivere un mondo in cui prima si diventa famosi e poi, semmai, forse, se uno ne ha voglia, casomai, dopo, si diventa bravi?
Claudym – Una serie di sfortunati eventi
Questo brano è intriso della filosofia profonda, pacifica, tangibile, realistica di Riccardo Zanotti, frontman dei Pinguini Tattici Nucleari, che l’ha scritta insieme alla bravissima Claudym a completamento di quella perla di disco che è Incidenti di percorso. Una canzone confortante, la realizzazione che la vita comprende anche una buona dose di sfiga che forse si può superare solo facendo spallucce, accettandola, che poi è anche il segreto di tanti brani funzionalissimi di Zanotti per la sua band: una capacità innata di trovare una poetica pop in ogni singolo aspetto della vita. Una serie di sfortunati eventi è così, perché ce li hanno tutti, perché capitano a tutti, non tutti però riescono a trasformarli in brani così godibili. Bravissima. Bravissimi.
Casadilego – Posto nuovo
Casadilego purtroppo ha subito la narrativa del talent per cui doveva essere una predestinata, «il futuro del cantautorato femminile», la «Billie Eilish italiana», eccetera. Il tutto a 17 anni. Così è chiaro che quando i riflettori si spengono e ci si ritrova vis a vis con quella giungla senza memoria che è ormai la discografia italiana, è facile sparire o perlomeno fare la figura di una che sparisce. Casadilego non è sparita, prima di tutto perché è ancora viva e non è con la notorietà che si misurano i battiti cardiaci. Poi perché ha pensato bene a come muoversi, a come costruirsi, e Posto nuovo, chissà, forse titolo nemmeno casuale, rappresenta un significativo nuovo sbocciare. Infatti è un brano maturo che trasuda una potente autoanalisi, come se niente fosse passato sottotraccia, come se tutto l’abbia in qualche modo intaccata, permeabile alla vita. Infatti è un ottimo pezzo in cui, nonostante non siamo stati invasi da suoi brani, si riconosce un certo carattere. Che rappare con carattere, liberi di fare i disobbedienti, è cosa assai facile, farlo suonando uno strumento, aprendosi verso la più vulnerabile delle introspezioni, con poesia e criterio, è decisamente più complicato. Casadilego con questo pezzo ci riesce in scioltezza e ascoltarla è sempre un piacere.
Memento – Ah) Ah)
Brano assai interessante, il racconto di un colpo di fulmine al suono morbido, quasi acustico, di una chitarra elettrica che supporta l’interpretazione volutamente impalpabile, vaporosa, intrigante, di Memento. Quando parliamo di carattere nella musica ci riferiamo ad artisti di questo tipo.
Dile – Carnevale
Il brano ha spessore, è scritto con una quadratura solida. Centrato, accessibile, chiaro. È scritto talmente bene che poi a Dile non resta che cantarlo, e senza neanche metterci sto granché di intensità. Carnevale è un’ottima canzone proprio perché generica, perché parla di una ragazza ma parla di tutte le ragazze, perché parla di un’amore ma parla di tutti gli amori. Le grandi canzoni pop sono così, permettono a chiunque di appropriarsene. Buon lavoro.
Lele Sacchi feat. Elasi – Malamore
Il genio di Enzo Carella, quell’intellettualismo popolare, libero, raffinato, rarefatto, rimaneggiato da Lele Sacchi, personaggio di spicco della scena clubbing milanese, ed Elasi, che in quanto all’essere raffinata e rarefatta è quasi ineguagliabile. Questa nuova Malamore fa ballare e fa viaggiare, è quello che speriamo metta il dj all’apice della serata, una sorta di carezza da parte sua mentre siamo sudati e felici. Il brano farà parte dell’album Italomania II. The New Wave of Italian Disco, ideato da una label berlinese, ma soprattutto, speriamo, potrà dare nuovo lustro al lavoro di Carella, che meriterebbe un posto tra i giganti della nostra storia mentre spesso viene dimenticato. Lele Sacchi ed Elasi sono bravissimi ad aver individuato ed evidenziato le caratteristiche ritmiche e melodiche del pezzo, che nella versione originale è quasi un country meravigliosamente bilanciato dall’interpretazione sottile, surreale, del magnifico Carella.
Tommaso Di Giulio – Soltanto se ci va
Un brano intriso di intimità, quella di due persone unite contro il resto del mondo, così come ci si sente quando si guarda quel che abbiamo combinato da dietro le finestre di casa e lo spettacolo non ci piace. Scritto con una delicatezza infinita, Tommaso Di Giulio, eccellente cantautore, con questo pezzo viaggia a metà strada tra una tranquilla domenica mattina e l’Apocalisse, in mezzo i due amanti, a vivere il tutto senza alcuna angoscia, nessuna che il brano trasmetta perlomeno, ma con la semplicità dei gesti quotidiani, come a voler dire che è quello tra divano e cucina il loro mondo, anche un filo sottile di ironia e anche con la salda gioia dell’esserci, l’uno per l’altra. Bravo.
Sequoia – Aspetto te
Una commovente ballad per gli sconfitti, una carezza per chi non ne riceve, ma senza piagnistei, senza sciocca retorica, senza alcun pietismo di maniera. I Sequoia anzi, compongono questo pezzo che comunica all’ascoltatore anche una certa ammirazione, un infinito rispetto, in quelle sconfitte c’è chi trova, e ha ragione, una bellezza immaginifica, il senso delle cose, puro amore. Per questo Aspetto te è un pezzone imperdibile, perché va controcorrente rispetto a ciò che pensiamo dello stare al mondo, del senso della vita e, soprattutto, il mito del vincere e del perdere.
Bartolini – Salem
Salem completa Tilt, ultimo ottimo lavoro del bravissimo Bartolini. Salem inoltre ci fa capire proprio perché Bartolini è un artista notevole ed è presto detto: non si tira indietro, si prende la responsabilità delle sensazioni che è in grado di provare e poi le sa mettere in musica. Salem, per dire, appunto, non è un brano allegro, anzi trasuda un’angoscia profonda, importante, avvilente, non macabra, perché le angosce peggiori non hanno mai nemmeno bisogno del macabro. Questo è un mercato che fa finta che la tristezza non esista, al limite ti propone la difficoltà, perché fa tanto figo la povertà, la strada, la delinquenza. Oh yeah. Invece qui parliamo della vita vera, parliamo di una luce al neon, di un dolore costante, di un ospedale, ma anche della speranza che quel dolore abbia una fine. Questa freddezza che Bartolini mette nell’interpretazione poi è quasi commovente. Bravo. Coraggioso. Di nuovo, bravo.
Valentina Parisse – Minimal
Tentativo di hit ampiamente fuori tempo massimo, quando ci siamo già stufati di caldo, estate, tormentoni, cocktail fatti male, umidità, lino, braghe corte, file interminabili e sabbia nelle mutande. Valentina Parisse si mette vagamente sulla scia di Annalisa, perché in fondo è quello che va in questo interminabile, irritante quarto d’ora. Parliamo di un pop spudorato e vuoto, scritto male e pensato anche peggio. Uno di quei pezzi che ti vien voglia di girarti dall’altra parte.
Cassio – Felice a metà
Cassio sguinzaglia un sentimentalismo intestino, di pancia, come se la musica fosse una via di fuga per esorcizzare pensieri scomodi, estremi, anche quando piuttosto comuni. Cassio osserva il mondo, lo viviseziona, lo spacca in due con la propria riflessione, e poi mette tutto in una canzone. Questo ci è piaciuto di Felice a metà, soprattutto la profonda coscienza, la profonda dignità nel porsi problemi che nel pop italiano non si pone più quasi nessuno. Il pop di solito, al contrario, se la da a gambe levate dinanzi anche al più comune dei problemi esistenziali. Cassio invece imbocca quella strada a 300 all’ora, con i freni rotti e una chitarra. Bravissimo.
Enula – Domenica
Solo una cosa ci risulta più angosciante della domenica: le canzoni su quanto è angosciante la domenica. In particolare questa, che più che risolvere il problema di quanto sia angosciante la domenica, ci ricorda quanto lo sia davvero.
Lina Simons – Nun spartì a furtun
La giovane Lina Simmons butta giù tutte le proprie incertezze, quelle che tutti hanno, su un rap dal vago sapore funky molto appassionante. Con la leggerezza dei giovani, di quelli che certi interrogativi riescono a rimandarli al giorno dopo, oppure metterli in una canzone, in questo caso una canzone fatta davvero molto molto bene. Il groove black che si sposa con un napoletano verace te la fa ballare facendoti dimenticare di non avere un posto nel mondo, come tutti, e che il nostro è solo un occupare il tempo. Certo, lo ammettiamo, quando lo dice Lina Simmons nella sua canzone fa meno maestro Miyagi, infatti non perdete tempo e ascoltate questo bel pezzo.
Le nozze chimiche – 5
Un EP impegnativo di un artista impegnato che propone un viaggio. Un viaggio fisico, introspettivo, in cui non ci si muove. Un viaggio in cui non ci si trova, che non si farà, che ci si ripromette. La vita insomma, né più e né meno della vita. Certa musica ci aiuta a capirla, a provare a descriverla e a scoprire qualcosa di noi. Le nozze chimiche con 5 ci aiuta a darle profondità, a capire il senso di questo buco nero. In mezzo, naturalmente, ci sono anche i più comuni accadimenti delle nostre giornate, perché la vita vera è quella, ma che messi in poesia rendono tutto se non più bello perlomeno più sensato. Quindi bravo. Quindi grazie.