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Porta alla cena aziendale 180 dipendenti di una Rsa pubblica, per il direttore finisce male: perché deve restituire 6 mila euro

14 Maggio 2025 - 21:08 Alba Romano
ristorante cena aziendale 6mila euro
ristorante cena aziendale 6mila euro
L'azienda aveva fatto passare il costo sotto la voce «spese di rappresentanza» perché voleva premiare i dipendenti della struttura sanitaria dell'ente pubblico. Ma per i giudici della Corte dei conti, ora il direttore deve restituire quei soldi

Una cena aziendale da quasi 6mila euro con 180 persone tra dipendenti e dirigenti – fatta passare come «spese di rappresentanza» – è costata cara all’Azienda pubblica di servizi alla persona (Apsp) di Levico, un ente pubblico che si occupa di assistenza agli anziani. Secondo la Corte dei Conti di Trento, riferisce il Corriere della Sera, quella cena del 2019 non aveva nulla a che fare con le attività ufficiali dell’ente, e quindi chi autorizzò il pagamento dovrà restituire i soldi spesi. I giudici hanno spiegato che le spese pubbliche di rappresentanza devono servire a migliorare l’immagine o il funzionamento dell’ente e non per momenti di festa interni. La cifra esatta in questione è di 5.940 euro, cioè circa 33 euro a testa.

Spille d’oro, fiori e ciotole da regalare ai pensionati

L’ex direttore, difeso da un’avvocata, ha provato a giustificare la spesa dicendo che il lavoro nelle Rsa è molto difficile e che momenti come questi servono per motivare il personale. «Ci sono diverse problematiche nel reclutare e mantenere in servizio personale dedito all’assistenza degli anziani. L’obiettivo finale era quello di garantire i livelli sia numerici che qualitativi degli operatori preposti all’assistenza». Oltre alla cena, erano stati contestati anche altri acquisti che l’azienda ha fatto negli anni. Tra cui, 3.680 euro per spille d’oro per chi aveva 30 anni di servizio, 300 euro per ciotole da regalare ai pensionati, 100 euro per dei fiori alla cena, e 109 euro per attestati di benemerenza.

Spille e fiori sono legittimi

L’importo iniziale di contestazione era di 10.130 euro. Ma queste ultime spese, dalle spille ai fiori, non sono state considerate regolari perché approvate in modo corretto e legate a iniziative previste dal regolamento dell’ente. Secondo l’accusa, inoltre, l’ex direttore generale sarebbe responsabile per non aver controllato le operazioni di cassa gestite dal ragioniere della Rsa. La pensano diversamente, però, i giudici della Corte dei Conti che hanno chiarito come nessuna norma interna imponeva al direttore un controllo diretto e preciso su queste attività, escludendo quindi una sua responsabilità per omissione.

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