Lavoratori sfruttati per produrre le borse, il tribunale di Milano contro Valentino: «Occhi chiusi sul caporalato»


Il tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria per la Valentino Bags Lab srl, società di produzione di borse e accessori da viaggio della controllante Valentino spa. Secondo i giudici della sezione misure di prevenzione, l’azienda avrebbe omesso alcuni controlli sullo sfruttamento del lavoro, dunque sul caporalato, in alcuni opifici nella catena dei sub-appalti della produzione. Gli accertamenti sono stati coordinati dal pm Paolo Storari e hanno riguardato sette botteghe «a conduzione cinese» localizzati nell’hinterland milanese, al cui interno sarebbero state certificate «condizioni di sfruttamento dei lavoratori».
I mancati controlli sulla catena di produzione
Nel decreto emesso dal tribunale di Milano, si legge che «è fuori di dubbio che Valentino Bags Lab non abbia effettivamente controllato la catena produttiva, verificando la reale capacità imprenditoriale delle società con le quali stipulare i contratti di fornitura e le concrete modalità di produzione». In sostanza, l’azienda non avrebbe accertato a dovere cosa stesse accadendo nella «filiera dei sub-appalti» e avrebbe finito per smerciare prodotti realizzati da lavoratori sfruttati.
Le condizioni da incubo degli «opifici-dormitorio»
Dagli accertamenti negli opifici sarebbero emerse condizioni di lavoro intollerabili, con «ragazze cinesi» – che iniziano a lavorare per la «cucitura e l’incollaggio delle pelli» prima delle 8 del mattino e fino a dopo le 19. I carabinieri del nucleo ispettorato del lavoro avrebbero scoperto anche la presenza di alcuni lavoratori in nero, che – si legge nel decreto – «dormono e mangiano al piano superiore» degli opifici. Negli atti sono finite anche le dichiarazioni di un responsabile di Bags Milano, società a cui la Valentino Bags Lab dal 2018 commissionava la produzione di circa 4mila borse al mese con costi che oscillavano tra i 35 e i 75 euro a borsa. Il responsabile dell’azienda, che poi avrebbe sub-appaltato la produzione agli opifici, avrebbe riferito: «Valentino Bags Lab non le autorizza anche se ne è a conoscenza perché io lo comunico, diciamo che chiudono un occhio».
I precedenti con Armani e Dior
In passato, e sempre su richiesta del pm Paolo Storari, altri grandi gruppi della moda – come Armani, Dior e Alviero Martini spa – erano finiti in amministrazione giudiziaria per omessi controlli sul caporalato. Tutti questi precedenti, scrivono i giudici nel decreto pubblicato oggi, «si sono conclusi positivamente con la revoca della misura», in seguito a percorsi virtuosi avviati dalle aziende. Malgrado queste vicende abbiano avuto grande risonanza mediatica, si legge ancora nel provvedimento, Valentino Bags Lab «ha continuato ad operare con fornitori che sfruttano i lavoratori e che utilizzano manodopera in violazione delle norme di sicurezza», per esempio «in mancanza dei sistemi di protezione dei macchinari».
Foto copertina: Dreamstime/Kobby Dagan