Scuola, finisce in Parlamento il pasticcio dei corsi di abilitazione. L’interrogazione del M5S: «Docenti rischiano il posto per ritardi del governo»


Il pasticcio dei corsi di abilitazione all’insegnamento, che rischia di lasciare migliaia di docenti senza lavoro a settembre, approda in Parlamento. A sollevare la questione è stato il deputato del Movimento 5 Stelle Antonio Caso, che ha presentato un’interrogazione parlamentare ai ministeri dell’Università e della Ricerca e dell’Istruzione e del Merito, denunciando ritardi e disorganizzazione che stanno mettendo in pericolo la possibilità di moltissimi insegnanti di potere effettivamente frequentare e conseguire i percorsi abilitanti.
L’interrogazione in Aula
«È inaccettabile che i docenti vincitori del concorso Pnrr rischino la risoluzione del contratto e la cancellazione dalle graduatorie per colpa dei ritardi accumulati dai ministeri competenti. Si tratta di lavoratori che hanno superato tutte le prove concorsuali e svolto un intero anno scolastico in aula. Ora, a causa dell’inerzia istituzionale, rischiano di perdere tutto», ha denunciato Caso. Il nodo dell’interrogazione sono i corsi abilitanti che i vincitori del concorso Pnrr sono tenuti a completare questa estate per mantenere il posto. Nonostante le rassicurazioni arrivate nei mesi scorsi, infatti, il secondo ciclo dei percorsi abilitanti è partito con forti ritardi e in modo estremamente disomogeneo a livello territoriale. Alcuni corsi, come denunciato da più docenti a Open, non sono mai partiti o hanno organizzato esami oltre la scadenza utile.
«Il governo scarica la disorganizzazione sui docenti»
Caso ha portato in aula esempi emblematici: per la classe di concorso A044 (Scienze e tecnologie tessili, dell’abbigliamento e della moda), l’unico ente accreditato è l’Università di Salerno che, oltretutto, non ha ancora aperto le immatricolazioni. Situazione analoga per la classe A030 (Musica), con il Conservatorio di Avellino fermo in attesa delle linee guida operative. «Il governo non può scaricare sulle spalle dei docenti le conseguenze della propria disorganizzazione. Servono subito misure concrete per garantire l’attivazione immediata dei percorsi su tutto il territorio nazionale, l’ampliamento dell’offerta formativa e la tutela del diritto al ruolo per chi ha già dimostrato sul campo il proprio valore. Continueremo a vigilare affinché non si consumi questa grave ingiustizia», ha dichiarato il deputato.
Il pasticcio dei percorsi abilitanti
Alla base della protesta, c’è una questione concreta denunciata dagli stessi insegnanti che ogni giorno portano avanti la scuola pubblica: i percorsi abilitanti sono essenziali per permettere ai supplenti di entrare nella prima fascia delle Gps e avere così possibilità di poter continuare a insegnare a settembre o – nel caso dei soli vincitori di concorsi Pnrr – per accedere all’anno di prova e completare l’immissione in ruolo. Le scadenze per conseguire il titolo previste dal ministero, però, non sono in linea con l’offerta formativa universitaria che, anzi, si è dimostrata inadeguata ai tempi e alle esigenze. Alcuni corsi non sono mai stati attivati, altri hanno programmato gli esami finali dopo la scadenza, rendendoli inutilizzabili ai fini dell’inserimento in graduatoria. A ciò si aggiunge una forte disparità territoriale: in molte regioni non esistono corsi per determinate classi di concorso. Di conseguenza, molti docenti sono costretti a spostarsi anche a centinaia di chilometri di distanza, sostenendo costi economici e logistici non sempre sostenibili, e spesso interrompendo incarichi in corso. Oltre ai costi elevati che questi corsi comportano, sia nel pubblico che nel privato: da 2mila a 2.500 euro. Si attende la risposta del governo. Nel frattempo, il tempo stringe, le scadenze incombono e, se non si troverà una soluzione in tempi brevi, migliaia di insegnanti potrebbero trovarsi sbattuti fuori dal sistema scolastico per cause che non dipendono dalla loro volontà.