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Garlasco, l’avvocata di Alberto Stasi esulta per l’intervento di Nordio: «Ecco perché non poteva essere condannato»

26 Maggio 2025 - 22:57 Alba Romano
Giada Bocellari fa sue le parole del Guardasigilli, che ieri sera ha reso pubblici i suoi dubbi sulla condanna in terzo grado dell'ex fidanzato di Chiara Poggi

Ha ragione il ministro Carlo Nordio: Alberto Stasi non doveva essere condannato. La difesa dell’ex fidanzato di Chiara Poggi, unico condannato per il suo omicidio, sorride per le parole con cui il Guardasigilli è intervenuto a gamba tesa sul caso giudiziario che sta tenendo col fiato sospeso mezza Italia, con gli esiti delle nuove indagini ancora quanto mai incerti. «Trovo irragionevole che dopo una o due sentenze di assoluzione sia intervenuta una condanna senza rifare l’intero processo. Tutto questo è irrazionale», aveva attaccato Nordio intervenendo ieri sera a Zona Bianca, su Rete 4, con riferimento alla condanna di Stasi in terzo grado dopo essere stato assolto nei primi due gradi di giudizio. Parole «assolutamente condivisibili» quelle del ministro, dice ora l’avvocata Giada Bocellari, uno dei legali di Alberto Stasi, poiché utili ad evidenziare «un principio fondante del processo e della giurisdizione, quello del ragionevole dubbio e della sua corretta applicazione». Riavvolgendo il nastro, in effetti, quella doppia assoluzione di Stasi in primo e secondo grado mostra chiaramente che «i giudici fecero valere il principio del ragionevole dubbio e ciò era un dato assodato». Pertanto, sostiene la legale, Stasi doveva essere assolto in via definitiva, «perché il processo penale deve rispondere proprio a quella domanda: se ci sono o meno elementi per condannare oltre ogni ragionevole dubbio». E per due volte la risposta della giustizia era stata no.

L’Anm contro il ministro su Garlasco

Di parere del tutto diverso si dice invece il segretario dell’Anm Rocco Maruotti. Non è «né irragionevole né irrazionale» il fatto che una sentenza di assoluzione venga riformata. Né convince sostenere che la regola di giudizio “dell’oltre ogni ragionevole dubbio”, che deve essere soddisfatta per giungere ad una sentenza di condanna, «si trasformi in un ostacolo insormontabile per il solo fatto che vi sia stata una sentenza di assoluzione», sostiene Maruotti. «Semmai si può sostenere che il giudice che emette una sentenza di condanna in riforma di una precedente sentenza di assoluzione non può limitarsi ad una ricostruzione alternativa, ma ha invece un onere motivazionale rafforzato, dovendo spiegare perché il fatto che il primo giudice abbia assolto non è idoneo a mantenere nel processo un ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’imputato», puntualizza Maruotti: soprattutto quando «il materiale probatorio oggetto della valutazione rimane il medesimo». In sostanza, dice il segretario dell’Anm, «la valutazione del giudice di primo o secondo grado su cui si fonda la sentenza di assoluzione non può integrare e soddisfare da sola il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, quale parametro cui conformare la valutazione inerente all’affermazione di responsabilità dell’imputato».

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