La stretta della Cina sulle terre rare ferma le prime fabbriche di auto in Europa. In Italia i fornitori chiedono aiuto al governo


Come se i dazi di Donald Trump non fossero già abbastanza, c’è un’altra grana con cui da qualche giorno l’industria automobilistica si ritrova a dover fare i conti: la stretta della Cina sulle esportazioni di terre rare. Le restrizioni all’export introdotte da Pechino risalgono in realtà allo scorso aprile, pochi giorni dopo quel «Liberation Day» in cui gli Stati Uniti hanno annunciato dazi universali praticamente a tutto il resto del mondo. I produttori di auto avevano detto fin da subito che l’impatto delle ritorsioni cinesi avrebbe iniziato a far sentire tutto il proprio peso a partire da giugno. E così è stato.
L’impatto della stretta di Pechino sulle aziende italiane
Al momento, i problemi più grossi sembrano riguardare soprattutto Stati Uniti e Giappone, meno l’Europa. Stellantis, unico gruppo automobilistico a produrre auto in Italia, assicura di essere «riuscita a risolvere immediatamente i problemi di produzione senza interruzioni significative». L’azienda guidata da Antonio Filosa riconosce comunque la portata del problema e in una nota aggiunge: «Stiamo monitorando attentamente la situazione e collaborando con fornitori e istituzioni per supportare il processo di autorizzazione». Anfia, l’associazione che raduna le aziende di tutta la filiera automobilistica italiana, fa sapere a Open che la stretta della Cina sulle esportazioni di terre rare tocca vari fornitori e subfornitori che lavorano con i principali costruttori europei. Il comparto auto, che è in contatto sia con il ministro del Commercio cinese che con la Farnesina, ha allertato il governo affinché possa attivare la propria rete diplomatica e trovare una soluzione.
Lo stop alla produzione di auto in giro per il mondo
Secondo il Financial Times, la mancanza di minerali critici ha già costretto a fermarsi diversi stabilimenti americani ed europei, mentre per altri – ha avvertito nei giorni scorsi la Clepa, associazione europea dei fornitori del settore automotive – lo stop alla produzione potrebbe arrivare «nelle prossime 3-4 settimane». Ford Motor ha sospeso per una settimana la produzione del suv explorer in uno stabilimento di Chicago, mentre in Giappone Suzuki è stata costretta a interrompere le linee della sua utilitaria di punta, il modello Swift. Poi c’è la Society of Indian Automobile Manufacturers – l’associazione dei produttori di automobili indiani – che ha chiesto al premier Narendra Modi di incontrare al più presto Xi Jinping per scongiurare un «brusco arresto» della produzione. Ma la stretta di Pechino sull’esportazione di terre rare, al contrario di quanto si era preventivato, ha finito per coinvolgere anche l’Europa. «Le case automobilistiche avvertono di enormi difficoltà produttive in un breve lasso di tempo», ha ammesso il commissario Ue al Commercio, Maroš Šefčovič, annunciando di aver già iniziato a prendere i contatti con Pechino per affrontare la situazione.
Le mani della Cina sulle terre rare
Ma in cosa consiste esattamente la ritorsione della Cina alla guerra commerciale scatenata da Trump? Di fatto, si tratta di un brusco rallentamento dei processi con cui Pechino rinnova le licenze di esportazione di alcune terre rare, un gruppo di 17 metalli considerati strategici e di cui la Cina controlla il 70% delle estrazioni minerarie e il 90% della capacità di lavorazione. Nello specifico, il governo cinese ha imposto rigidi controlli sull’export di sette di questi metalli. Ufficialmente, la decisione è stata motivata con la necessità di proteggere l’interesse nazionale, ma il fatto che sia stata annunciata all’indomani del «Liberation Day» di Trump lascia intendere che si tratti di una risposta diretta ai dazi imposti da Washington.
L’Ue chiede una scorciatoia a Pechino
Di fronte alla stretta sulle esportazioni di terre rare, che inizialmente si pensava avrebbe coinvolto soprattutto gli Stati Uniti, l’Europa spera di ottenere una sorta di trattamento privilegiato da parte di Pechino. Secondo il Financial Times, le aziende del Vecchio Continente starebbero facendo pressione sul governo cinese affinché istituisca un canale speciale per accelerare l’iter di approvazione delle licenze di esportazione di minerali critici. La proposta è stata avanzata durante un incontro tra aziende europee e funzionari del ministero del Commercio cinese. Pechino, stando a quanto riferito da un dirigente europeo, «ha preso sul serio le preoccupazioni» dell’Europa e ha assicurato di essere al lavoro su «strumenti innovativi» per risolvere la situazione. Nel frattempo, l’industria dell’auto continua a navigare in acque agitate.
Foto copertina: Dreamstime/Tbe