«Impagnatiello voleva interrompere la gravidanza, non uccidere Giulia»: i legali dell’ex barman e il tentativo di far cadere le aggravanti


Nessuna premeditazione, il comportamento di Alessandro Impagnatiello sarebbe stato «goffo e approssimativo». È quanto sostiene la difesa dell’ex barman 32enne, condannato all’ergastolo in primo grado per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano, al settimo mese di gravidanza al momento del delitto. Attualmente detenuto nel carcere di Pavia, dove ha scontato tre mesi di isolamento, Impagnatiello mercoledì tornerà in aula a Milano, davanti alla Corte d’assise d’appello, per il processo di secondo grado. Alla famiglia Tramontano è stata già riconosciuta una provvisionale pari a 700mila euro.
La difesa insiste sull’assenza di premeditazione
La strategia difensiva, portata avanti dall’avvocata Giulia Geradini, contesta le aggravanti riconosciute in primo grado – premeditazione e crudeltà – e punta ad ottenere il riconoscimento delle attenuanti generiche, che potrebbero ridurre la condanna a 30 anni. Nel primo processo, infatti, i giudici avevano ricostruito una dinamica in cui l’omicidio era stato preparato per mesi, a partire dall’avvelenamento della compagna. Tuttavia, la difesa insiste: «Se l’omicidio fosse stato premeditato avrebbe portato a una condotta meno maldestra», Impagnatiello avrebbe commesso «numerosi errori» nel tentativo di far sparire il corpo, depistare le indagini e simulare una scomparsa. L’omicidio è stato invece commesso nel momento in cui si sono verificati uno «smascheramento ai suoi danni» e la «distruzione irreparabile del castello di bugie costruito fino a quel momento». Inoltre,
Impagnatiello, la gravidanza non voluta e gli ultimi istanti di Giulia Tramontano
Impagnatiello, secondo quanto emerso in aula, «in cuor suo» avrebbe voluto «interrompere la gravidanza», ma non ha potuto per via della «immagine perfetta che ha sempre voluto dare di sé», vedeva il piccolo Thiago «come un ostacolo per la sua carriera, per la sua vita, per l’acquisto della casa futura e per la relazione con la Tramontano». La sentenza di primo grado ha stabilito che Giulia Tramontano, nei suoi ultimi istanti, «ha senz’altro realizzato, sebbene per una manciata i secondi, che insieme con lei moriva anche il nascituro che portava in grembo». Un dettaglio che per i giudici confermerebbe la crudeltà dell’azione. Di parere opposto la difesa, che contesta questa ricostruzione, affermando che Giulia «non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di quanto stava accadendo», e che l’assenza di segni di difesa sul corpo lo dimostrerebbe.
Le risultanza psichiatriche
Infine, viene chiesto alla Corte di valutare le attenuanti generiche anche alla luce delle risultanze psichiatriche: Impagnatiello è stato ritenuto capace di intendere e volere, ma la perizia ha evidenziato tratti narcisistici e psicopatici. In aula, secondo la difesa, l’imputato avrebbe mostrato «le sue fragilità più profonde».