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Caso Ramy, 2 anni e 8 mesi per resistenza a pubblico ufficiale all’amico che guidava lo scooter: «Paghi i danni ai Carabinieri»

26 Giugno 2025 - 19:47 Cecilia Dardana
fares bouzidi
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La condanna per Fares Bouzidi decisa dal gup di Milano. Dovrà versare anche 2 mila euro a favore di sei uomini dell'Arma per danni morali

È stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale Fares Bouzidi, amico di Ramy Elgaml, il 19enne egiziano che era in sella allo scooter guidato da Bouzidi e che morì cadendo nello schianto, il 24 novembre scorso, al termine di un inseguimento di circa 8 chilometri da parte dei carabinieri. Lo ha deciso il gup di Milano, Fabrizio Filice, nel processo a porte chiuse con rito abbreviato. La pena inflitta coincide con quella richiesta dal pm. Il giudice ha anche disposto che Bouzidi versi un risarcimento da 2 mila euro a favore di ognuna delle parti civili, ossia dei sei carabinieri. I militari avevano chiesto infatti un risarcimento per danni morali. Il giudice, accogliendo tutte le richieste dei pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano della Procura diretta da Marcello Viola, ha anche disposto la confisca dei soldi in contanti, 850 euro, e di una catenina che erano stati trovati nel borsello di Fares e sequestrati nelle indagini condotte dai carabinieri.

Le richieste dei pm

I pm, da quanto si è saputo, avevano chiesto di non riconoscere le attenuanti generiche per il casellario giudiziale e i precedenti di Bouzidi che, sempre secondo i pm, non ha mostrato alcuna «resipiscenza», ossia non ha mai preso consapevolezza di ciò che ha fatto quella notte. E, dunque, non c’è per lui, secondo la Procura, la possibilità di un «giudizio prognostico favorevole». Dopo i pm, hanno parlato anche i legali di parte civile dei sei carabinieri, che hanno chiesto al giudice di riconoscere «risarcimenti in via equitativa» per il «danno morale». Risarcimenti poi quantificati in 2 mila euro a favore di ciascuno dei sei carabinieri.

La strategia difensiva dei legali di Fares Bouzidi

A nulla è servito invocare la «scriminante» da parte dei difensori di Bouzidi, ossia la «causa di non punibilità», prevista quando il pubblico ufficiale «eccede con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni». «È una sentenza che ci delude perché la pena è stata troppo elevata rispetto a quella che è la realtà dei fatti contestati. Le sentenze non si commentano, ma si impugnano quindi aspettiamo le motivazioni», spiega l’avvocato Marco Romagnoli. «Fares – ha detto il legale – sapeva che questa cosa era possibile e che la condotta assunta era scorretta e andava punita. Sa che non è una sentenza definitiva». Nell’intervento, davanti al gup, i legali avevano richiamato l’articolo 393bis del codice penale, che per il reato di resistenza prevede la non punibilità «quando il pubblico ufficiale» abbia «dato causa al fatto» eccedendo «con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni». I legali avevano anche chiesto al giudice, in caso di condanna, di riconoscere le attenuanti generiche e di comminare una pena lieve, contestando quella di 2 anni e 8 mesi chiesta dai pm e giudicata troppo alta. Legali che avevano contestato anche le richieste di danni morali dei carabinieri, parti civili. E sempre i difensori avevano insistito sul fatto che Fares ha sempre reso dichiarazioni e collaborato alle indagini.

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