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Usa, altro che «età dell’oro»: con Trump il dollaro crolla. Dal turismo all’export, a chi conviene l’euro forte?

01 Luglio 2025 - 13:11 Simone Disegni
Dall'inizio del 2025 il biglietto verde ha perso quasi l'11%: il peggior semestre dal 1973. Pesano le incertezze su dazi e debito pubblico Usa. Ma gli effetti sono mondiali

C’era una volta il dollaro forte, valuta di riferimento del villaggio globale e riserva per eccellenza delle banche centrali di ogni latitudine. Dalla Russia alla Cina sino alla stessa Ue molti quel primato sono pronti a rimetterlo in discussione, con obiettivi diversi. Ma forse nessuno si aspettava che l’aiutino più incisivo per indebolire il biglietto verde arrivasse proprio da colui che tornando alla Casa Bianca aveva promesso agli americani «una nuova età dell’oro»: Donald Trump. Nei primi sei mesi del 2025 infatti, ossia di fatto dall’avvio dell’era Trump 2, il dollaro ha perso quasi l’11% in rapporto a un paniere delle principale valute straniere. Martedì 1° luglio l’indice del suo valore è sceso a quota 96, il valore più basso dal febbraio 2022. Un semestre così negativo per il dollaro non si vedeva dal 1973, quando l’allora presidente Usa Richard Nixon «scioccò» il sistema finanziario internazionale sganciando del dollaro dall’oro. Ora la défaillance del biglietto verde Usa pesa su un altro presidente repubblicano, eletto per di più su un’agenda in primis di rivalsa economica globale.

Il calo del valore del dollaro in rapporto a un paniere di valute straniere che comprende euro, yen, sterlina, dollaro canadese, corona svedese e franco svizzero – 1° gennaio/30 giugno 2025 (Christine Zhang / New York Times)

Dazi e debito: l’imbuto di Trump

Tracciare una linea retta di causa-effetto è ovviamente impossibile, ma gli analisti di mercato ritengono che a pesare sulla caduta del dollaro siano in particolari «le preoccupazioni crescenti sull’equilibrio fiscale Usa e l’incertezza commerciale». Ossia l’effetto dei due principali cantieri economici dell’Amministrazione Trump: da un lato la sfida mondiale dei dazi, il cui esito è ancora tutto da scoprire – dopo il varo di tariffe unilaterali shock, poi la loro sospensione e l’apertura di tavoli di negoziati con Paesi e blocchi economici «rivali» come la stessa Ue; dall’altro quel pacchetto di spesa e tagli di tasse chiamato Big Beautiful Bill in queste ore in discussione al Senato che potrebbe gonfiare il debito pubblico federale di oltre 3mila miliardi di dollari, per le ire di Elon Musk e le perplessità anche di una parte dei Repubblicani. Non aiuta di certo infine lo scontro frontale che prosegue da mesi tra la Casa Bianca e la Federal Reserve, che del dollaro è al «timone»: Trump accusa un giorno sì e l’altro pure di lassismo Jerome Powell, spronandolo a procedere coi tagli dei tassi d’interesse: «Come al solito sei in ritardo, hai fatto perdere una fortuna agli Stati Uniti e continui a farlo», lo ha accusato il presidente Usa proprio ieri in una lettera poi spiattellata su Truth. Powell evita di rispondere pubblicamente, ma resiste alle pressioni.

Euro forte: a chi conviene?

Visto dall’Europa, il risultato è che ad apprezzarsi e non di poco è l’euro. Oggi si scambia a 1,1824 dollari, ai massimi da quattro anni. All’inizio del 2025 le due valute erano praticamente in parità. Questo ha effetti diversi a seconda dell’angolo di visuale. Per il turismo, vale come piacevolissimo «sconto» per gli europei che vanno negli Usa, su hotel, ristoranti o shopping vario, mentre gli americani che visitano l’Europa pagano caro il cambio. Sul fronte del commercio transatlantico, stante l’incertezza sui dazi, il dollaro debole è invece un volano per gli esportatori americani e un fardello per quelli europei. Anche per questo l’euro forte rincuora fino a un certo punto i decisori di politica monetaria del Vecchio Continente. La Bce può gestire un apprezzamento dell’euro sul dollaro fino a 1,20 dollari, ma al di sopra di questa soglia ciò diventerebbe «molto più complicato», ha detto oggi il vicepresidente dell’Eurotower Luis de Guindos in un’intervista a Bloomberg. Bene consolidare l’euro come un «faro di certezze in un mondo dove domina l’incertezza», insomma, come ha detto ieri da Sintra Christine Lagarde, ma se il calo del dollaro si trasformasse in repentino tracollo sarebbe un problema serio per tutti.

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