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Fine vita, ok al testo della maggioranza. Tutti i punti, dal ruolo (nullo) del sistema sanitario alle tempistiche

02 Luglio 2025 - 10:34 Ugo Milano
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Il centrodestra ha approvato il testo nelle commissioni. Ma alcuni punti della Consulta non sono stati tenuti in considerazione

È pronto ad arrivare in aula il primo disegno di legge sul fine vita, a sei anni dalla sentenza della Corte di Cassazione che chiedeva un intervento normativo. Il ddl, approvato da tutta la maggioranze e respinto dalle opposizioni in commissioni Giustizia e Sanità, approderà al Senato il 17 luglio, dopo un periodo di nove giorni in cui potranno essere presentati emendamenti al testo. Rispetto alle prime bozze, ci sono diverse correzioni al testo che sembrano smorzare le posizioni iniziali del centrodestra. Rimangono però critici i tempi – troppo ampi – per l’approvazione della richiesta e l’esclusione del Sistema sanitario nazionale da tutte le procedure legate al suicidio assistito. Farmaci, medici e strutture del Ssn, infatti, «non possono essere impiegati al fine della agevolazione del proposito di fine vita». Al contrario di quanto stabilito dalla Regione Toscana, unica finora ad aver legiferato sul tema.

I punti ribaditi: la tutela della vita e il monitoraggio delle cure palliative

Il disegno di legge, presentato dal relatore Pierantonio Zanettin di Forza Italia, è costruito su quattro articoli. Il primo e il terzo, a dire il vero, vanno semplicemente a ribadire una situazione che si presenta tale già in questo momento. Innanzitutto, si ricorda che «la Repubblica assicura la tutela alla vita di tutti i cittadini». In secondo luogo, nel terzo articolo, viene incaricata l’Agenzia sanitaria nazionale delle Regioni (Agenas) di istituire un osservatorio per vigilare sull’effettiva applicazione delle cure palliative in tutto il Paese. Un compito di cui l’Agenzia in realtà già si occupa, controllando che siano raggiunti ovunque gli obiettivi in fatto di utilizzo sui pazienti che ne hanno bisogno.

I vincoli della Consulta e la correzione della maggioranza

I tasti dolenti sono contenuti negli articoli 2 e 4 del ddl «Disposizioni esecutive della sentenza della Corte Costituzionale del 22 novembre 2019, n.242». Pur citando direttamente il parere della Consulta di sei anni fa, nei fatti alcuni elementi segnalati dai giudici non sono stati presi in considerazione. Nel secondo articolo, ad esempio, viene modificato il codice penale stabilendo la non punibilità di chi aiuti una persona malata a compiere il suicidio assistito.

Un punto che la Corte Costituzionale aveva vincolato a quattro condizioni. E cioè che la persona sia affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche insopportabili e capace di intendere e di volere. A queste, la maggioranza ne ha aggiunta una quinta: che la persona sia già inserita in un percorso di cure palliative. Non solo. Nel testo si parla di una persona «tenuta in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali», quindi macchinari. Evitando di tenere in considerazione anche i trattamenti farmacologici di cui la Consulta invece parlava.

Il Comitato nazionale di valutazione: chi ne fa parte e come funziona

Nell’articolo 4, invece, il ddl propone la creazione di un Comitato nazionale di valutazione, che andrebbe a sostituire i comitati locali nel loro ruolo di «filtro» delle richieste di accesso al suicidio assistito. Sarebbe composto da sette membri. Nello specifico un giurista (professore universitario e avvocato), un bioeticista, un anestesista e rianimatore, un medico palliativista, uno psichiatra, uno psicologo e un infermiere. Saranno nominati con decreto del presidente del Consiglio e rimarranno in carica cinque anni, con la possibilità di essere rinnovati massimo due volte. Questi avrebbero 60 giorni di tempo per valutare le richieste, più altri eventuali 30 nei casi più complessi, in cui potranno chiedere anche il parere di specialisti della patologia da cui è affetta la persona che ha presentato richiesta. Nel caso in cui il giudizio sia negativo, il termine entro cui si può ripresentare domanda è stato abbattuto da 4 anni a 180 giorni.

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