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La storia di Nicole, dipendente dal crack: «Ti senti invincibile ma dura un secondo»

08 Luglio 2025 - 09:18 Alba Romano
Ora è San Patrignano per la disintossicazione

Nicole Vaienti di Cesena ha cominciato a fumare cristalli di coca a 17 anni. Oggi di anni ne ha 24 e da 22 mesi è a San Patrignano. E racconta la sua esperienza a Franco Giubilei per La Stampa. Ha cominciato «in prima superiore, dove studiavo per grafica pubblicitaria, uscivo con una mia compagna di scuola più grande di me di due anni che era stata bocciata e ho iniziato con le canne insieme a lei, che fumava già. Il sabato sera andavamo a ballare, poi dormivo da lei e il lunedì tornavo a scuola. In breve tempo ho cominciato a fumare tutti i giorni. Bevevo qualche birra, ma in quel periodo niente di più».

Marijuana e cocaina

Poi il passaggio alla cocaina: «In seconda, quando avevo 16 anni, ho provato la coca: avevo conosciuto una ragazza marocchina alla stazione di Cesena che me l’ha offerta in via amichevole. Anche lei era più grande, 18 anni. All’inizio ho detto di no perché mi faceva un po’ paura, poi lei ha insistito, diceva ma cosa vuoi che sia, lo faceva lei davanti a me e aveva un’aria tranquilla, così abbiamo tirato insieme». Con la droga, spiega, «mi sentivo senza insicurezza, più sciolta, mi è piaciuto. L’ho rifatto un po’ di volte il sabato sera a ballare, sempre con lei: mi rendeva attiva, felice, senza pensieri. Poi ho cominciato a tirare anche dopo la scuola con ragazzi amici di lei. In pochi mesi sono passata dal consumo il sabato sera a qualche volta alla settimana a tutti i giorni, più volte al giorno. L’anno dopo sono passata al crack».

Il passaggio al crack

«Avevo conosciuto un altro gruppo di ragazzi e una di loro si è messa a fumarlo davanti a me, insisteva che lo facessi anch’io, diceva che dovevo farlo se le volevo bene e che, se lo avessi fatto io, lei avrebbe smesso… subito non avevo capito, ma ho provato comunque», racconta. Con il crack «ti senti invincibile, ti viene una carica assurda, ti senti un genio. L’effetto dura solo un minuto e poi scende, e non basta mai, non hai tregua…».

Per i soldi «io facevo piccoli furti a casa mia e poi nei negozi in giro. E fregavo la gente, chiedevo soldi a qualcuno, dicevo che glieli ridavo e invece non lo facevo, cose così». Il suo babbo «mi veniva a cercare ma il più delle volte non mi trovava. Quando capitava e mi riportava a casa facevo finta di niente. Mia mamma stava malissimo, mia sorella invece era incazzata con me, ma riusciva a starmi dietro: entrava nei miei profili social per vedere dov’ero e la gente con cui stavo. È lei che ha scoperto che usavo crack perché ha trovato la bottiglia con cui fumavo in camera mia».

La decisione di smettere

Poi ha detto basta: «Grazie a mia sorella: avevo fatto un incidente in macchina e mi ha visto mentre stavo cercando un bar, ero a piedi in quel momento, e avevo la faccia spaccata per l’incidente. Lei mi ha visto e ha pensato che la persona da cui vivevo mi picchiasse, così ha chiamato la polizia». Lei stava con «uno che spacciava, un albanese di 39 anni, aveva la droga e stavo con lui: il suo appartamento era una crack house dove la gente veniva a comprare la roba. Quando è arrivata la polizia ero fattissima. Tornata a casa, mia sorella mi ha parlato di San Patrignano, conosceva ex ospiti della comunità, e ho deciso di provarci».

La disintossicazione

Ha cominciato la disintossicazione: «È ancora dura: la droga me la sogno. Qui in comunità lavoro al canile e tra poco vado a lavorare al ristorante. Parlo con le persone, vivo, faccio una vita quasi normale. Mi manca la libertà di fare quello che voglio o non voglio io, ma adesso come adesso non saprei come gestirla. La cosa più importante è ascoltare gli altri, ma parlare di me stessa e capire come sto resta la cosa più difficile. Però ho imparato che una brutta verità è meglio di una bella bugia, perché è molto difficile fidarsi per persone come noi, e che non devo avere paura di chiedere aiuto, perché da soli non ce la si fa. Ma so che qui nessuno mi giudica e che non sono sola».

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