La carica dei mille ex parlamentari che rivogliono il vitalizio: «Ho dato il sangue, ingiusto toglierci quei soldi»


In totale sono quasi mille. E aspettano il verdetto dal 2018. Sono gli ex parlamentari che rivogliono il vitalizio. O meglio, l’assegno destinato agli ex deputati cancellato da una delibera del Movimento 5 Stelle quando presidente della Camera era Roberto Fico. Il trattamento diventava qualcosa di molto simile a una pensione, calcolato in base a quanto versato. E quindi pesantemente ridotto. Poi, il ricorso. All’inizio sostenuto da 1.300 ex. Dopo 7 anni si sono ridotti. Ma attendono la decisione finale. E tra di loro c’è chi è piuttosto deciso: «Ho dato il sangue in Parlamento. Toglierci quei soldi è una palese ingiustizia», dice Paolo Guzzanti.
Il ricorso
Una settimana fa si è tenuta la prima udienza davanti al Collegio d’Appello di Montecitorio. Ovvero il tribunale di secondo grado della Camera, spiega oggi il Corriere della Sera. Il Collegio, presieduto da Ylenja Lucaselli (FdI), si è riservato di decidere. Tra chi ha fatto appello ci sono ex ministri come Mario Landolfi, finiani come Carmelo Briguglio, vecchie conoscenze del ’68 come Mario Capanna, l’ex attrice hard Ilona Staller. Ma anche i socialisti Fabrizio Cicchitto, Margherita Boniver e Claudio Martelli. E ancora i giornalisti Tiziana Maiolo e Paolo Guzzanti. E poi gli ex sindaci di Napoli Antonio Bassolino e Rosa Russo Iervolino. Così come l’attuale sindaco di Imperia, ed ex ministro dell’Interno, Claudio Scajola.
Il vitalizio non è un regalo
Si tratta degli ex anagraficamente più giovani. Quelli più anziani hanno usufruito di una sentenza nel 2022 che ha azzerato la delibera Fico. A difenderli è stato l’ex parlamentare e avvocato Maurizio Paniz. Per il quale il vitalizio «non è un regalo». Ma un trattamento pensionistico legittimo: «Anche i parlamentari, come tutti i politici che dedicano decine di anni all’attività pubblica, hanno diritto ad avere un trattamento pensionistico: il vitalizio non è un regalo ma solo una pensione, che matura al 65esimo anno di età e che è strettamente legata ai contributi corrisposti in vita», dice al quotidiano. Secondo l’Associazione ex parlamentari il ricorso «riguarda quindi una minoranza che subisce ancora un trattamento fortemente discriminatorio rispetto alla maggioranza dei deputati e a tutti i senatori per i quali dagli organi del Senato è stato applicato il principio costituzionale della legittima aspettativa».
Il caso Guzzanti
Poi c’è Paolo Guzzanti. Che qualche tempo fa aveva parlato pubblicamente delle sue difficoltà economiche. E che oggi spiega che «quando i 5 Stelle approvarono la sforbiciata mi incazzai per la violenza messa in atto nei confronti del Parlamento e per il discredito gettato nei confronti di deputati e senatori. Io sono nato nella democrazia e per me il Parlamento è sacro». Ma il discredito nei confronti degli eletti parte da lontano: «Comincia dal lancio delle monetine a Craxi, la prima vera delegittimazione del Parlamento, applaudita dalla sinistra e in parte dalla destra. Da lì inizia il declino della democrazia parlamentare. E passa la regola del grande moralismo: chi è ricco è malvagio».
3000 euro
Oggi, spiega Guzzanti, il suo vitalizio ammonta a 3000 euro «ma le posso dire che è fra quelli diminuiti meno dopo la famosa delibera: sono entrato già con il contributivo». Ma lui è fiero di riceverlo: «E perché non dovrei? Lo ritengo giusto per tutti coloro che hanno lavorato per il Parlamento della Repubblica. Ho dato il sangue come presidente della commissione Mitrokhin. E le faccio una rivelazione: tornassi indietro non so se farei più il parlamentare. Ne vale davvero la pena?». E sul suo appello di qualche tempo fa per i 14 euro rimasti nel conto corrente: «C’è chi ebbe dei dubbi ma sfido chiunque abbia avuto un divorzio o problemi con il Fisco. Posso dirle di aver risolto momentaneamente ma non navigo nell’oro».