Garlasco, il tampone orale di Chiara Poggi e l’ipotesi contaminazione: «Dal Dna almeno 3 persone nel villino»


Il Dna di un uomo ignoto ritrovato sul tampone orale di Chiara Poggi potrebbe essere almeno in parte il risultato di una contaminazione. I risultati sul cromosoma Y (ossia un Dna maschile, ndr) «risulterebbero sovrapponibili all’aplotipo di Ernesto Gabriele Ferrari». Ovvero l’assistente del medico legale che ha eseguito i primi rilievi sul corpo della ventiseienne uccisa il 13 agosto 2007 nel villino di via Pascoli. I periti hanno invece isolato il sangue di Marco Poggi sul tappetino del bagno, secondo Repubblica. Mentre il pigiama della vittima con la scritta Joy Fruits è stato distrutto senza effettuare la ricerca di profili genetici e impronte. Anche se nella sentenza che condanna Alberto Stasi si parla di quattro tracce dei polpastrelli insanguinati dell’assassino. Ma il cadavere è stato rivoltato e il materiale ematico ha impregnato il tessuto.
Il tampone orale di Chiara Poggi
La traccia di Dna nella bocca di Chiara Poggi è stata trovata dalle analisi della genetista Denise Albani, incaricata da tribunale. Il tampone oro-faringeo era stato acquisito dal medico legale Marco Ballardini nel 2007 durante l’autopsia. La perita ha evidenziato nelle cinque estrazioni due tracce di Dna Y. Una attribuita a una contaminazione da parte dell’infermiere. L’altra ha restituito un profilo quasi completo. E nella parte interna non ha trovato attribuzione. I confronti hanno già escluso Alberto Stasi e Andrea Sempio. Ma anche l’ipotesi di identità con il frammento di Dna trovato sulle unghie di Chiara Poggi. E con le tracce trovate sul foglio di acetato numero 13 con l’impronta di 4 dita trovata sull’anta interna della porta della cucina dei Poggi.
La dinamica
La procura di Pavia con a capo Fabio Napoleone lavora su una ricostruzione diversa della dinamica dell’omicidio rispetto a quella cristallizzata nella sentenza che ha condannato Stasi. Gli investigatori lavorano sull’ipotesi che Chiara sia stata aggredita non alla base delle scale. Ma in una situazione diversa, in cui la 26enne ha tentato di resistere. In questa ottica la presenza di Dna nella bocca e sulla parte interna di labbra e lingua di Chiara troverebbe una spiegazione in una mano stretta sul viso per bloccare un tentativo di chiedere aiuto da parte della vittima. Secondo il legale di Sempio Massimo Lovati «le nuove tracce non spostano niente». Per gli inquirenti Sempio era sulla scena del crimine e ha partecipato al delitto. Si lavora sull’ipotesi di un complice.
Ignoto 2 e Ignoto 3
Il tampone orale della ragazza uccisa nella villetta di Garlasco il 13 agosto 2007 non era mai stato analizzato prima d’ora. Il materiale genetico di Ignoto 3 è stato ritrovato nella garza che ha tamponato la zona centrale della bocca. I pm Giuliana Rizza, Valentina De Stefano e l’aggiunto Stefano Civardi lavorano quindi a una ricostruzione in cui almeno 3 persone erano sulla scena del crimine. Sempio e due ignoti. Per Tizzoni, si tratta di «un dato che per quanto possiamo sapere è totalmente destituito da qualsiasi fondamento e che ancora una volta denota come, in assenza di riscontri oggettivi alternativi alla verità processuale accertata e che ha individuato Alberto Stasi quale responsabile, prospetta ipotesi infondate».
La maglietta Joy Fruits
Intanto il Quotidiano Nazionale parla della maglietta del pigiama rosa con la scritta Joy Fruits che Poggi indossava quando ha aperto la porta al suo assassino. L’indumento è stato ispezionato con la Crimescope dal Ris. Il risultato è stato che «non sono emerse luminescenze significative». Non viene effettuato il prelievo per la ricerca delle tracce genetiche. Le fotografie scattate dai carabinieri di Pavia «evidenziano le quattro tracce dei quattro polpastrelli insanguinati dell’assassino, all’altezza della spalla sinistra, cui corrisponde nella parte anteriore della stessa maglia, un frammento di impronta palmare insanguinata», dice la sentenza dell’appello-bis.
La compromissione
E questo perché il cadavere è stato rivoltato in maniera malaccorta e il materiale ematico ha impregnato il tessuto. Nel 2022 la maglietta e gli altri indumenti indossati da Chiara nel suo ultimo scorcio di vita vengono distrutti. Anche perché, ragionano gli investigatori, un’impronta non è in grado di «stamparsi» con assoluta fedeltà sulla trama non uniforme di un tessuto. Eppure, spiega il criminologo Franco Posa, il pigiama di Chiara avrebbe potuto parlare: «Il corpo della vittima è stato, per così dire, manipolato dall’assassino, che si è chinato su di esso, l’ha sollevato di peso, si presume dalle ascelle, l’ha scaraventato lungo la scala della cantina. Da qualche parte della maglietta la biologia c’era. Anche in presenza di compromissioni come l’abbondante assorbimento di sangue, sarebbe stato comunque possibile tentare un prelievo selettivo alla ricerca di profili genetici dell’aggressore o degli aggressori».
Il criminologo
E ancora: «Le impronte insanguinate, come quelle rilevate sul pigiama della vittima, sono punti di contatto diretto tra il corpo della vittima e quello dell’aggressore che possono contenere cellule epiteliali o secrezioni cutanee, utili per un’analisi del Dna. Oltre a questo si sarebbero potuti effettuare dei prelievi nelle parti dell’indumento interessate dalla probabile dinamica omicidiaria che si diceva: sollevamento del corpo, lancio sulla scala».
Le fotografie
Oggi di quel pigiama esistono le immagini. Ma, avverte Posa, non bastano: «Una fotografia, soprattutto se effettuata a distanza non conforme, senza un’adeguata scala metrica, illuminazione uniforme e angolo perpendicolare, generalmente non è sufficiente a garantire una comparazione biometrica valida. Questo vale soprattutto per superfici irregolari come i tessuti, che tendono a distorcere o assorbire i dettagli di creste e solchi di una mano. Creste e solchi, ma soprattutto le cosiddette “minuzie“, sono fondamentali per poter identificare un soggetto con oggettività e ragionevole certezza scientifica. Si può partire da una fotografia per una valutazione preliminare, ma questo è generalmente possibile solo se l’immagine è ad altissima risoluzione, ravvicinata, e se la superficie su cui l’impronta è stata impressa risulta stabile, liscia, omogenea. Su una maglietta intrisa di sangue, tutto questo è altamente improbabile».