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«I pazienti muoiono davanti a noi, siamo impotenti»: i medici di Gaza tra fame, crollo degli ospedali e bombardamenti – Le interviste

24 Luglio 2025 - 18:54 Alessandra Mancini
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Curare i pazienti per terra «è ormai la norma perché non ci sono più letti disponibili», afferma il dottor Wishah che lavora all’ospedale al-Aqsa, uno dei pochi ancora attivi nella Striscia

«Ogni giorno arrivano negli ospedali di Gaza pazienti feriti, bambini malnutriti e magrissimi, persone che svengono per strada a causa della fame e della sete. E noi medici siamo esasperati: non ci sono farmaci o integratori, né strumenti per fare diagnosi e personale». A parlare con Open è Ali Tahrawi, dottore palestinese che lavora tra gli ospedali al-Aqsa e al-Awda nella Striscia. «Non so più come descrivere quello che vedo – prosegue -, la situazione è oltre ogni limite: gli ospedali non stanno collassando, sono già collassati». Molte strutture sono state parzialmente o completamente distrutte, e quelle ancora funzionanti sono sovraffollate ben oltre la loro capacità. «Operiamo con gravi carenze di forniture mediche, carburante, elettricità e con risorse minime, spesso costretti a prendere decisioni impossibili a causa della mancanza di letti», ci spiega un altro dottore, Abdalqader Wishah, che lavora anch’egli nei due ospedali al centro di Gaza, tra i pochi ancora operativi dell’enclave palestinese. «Ogni giorno assisto a scene che nessun essere umano dovrebbe mai vedere – continua – ed è straziante vedere i pazienti, tra cui moltissimi bambini, spegnersi davanti a noi, sapendo che non possiamo fare abbastanza».

La fame colpisce tutti

EPA/HAITHAM IMAD | Un paziente palestinese all’interno della sala di radiologia dell’ospedale Al-Shifa, nel nord della Striscia di Gaza, il 13 luglio 2025

I medici e il personale sanitario della Striscia denunciano da mesi che la scarsità di cibo sta iniziando a compromettere le loro capacità fisiche e mentali, indispensabili per assistere i pazienti. «La fatica e la sofferenza si fanno ogni giorno più intensi – sottolinea il dottore Tahrawi -. Non facciamo più pause, non ci concediamo neppure un minuto per riprenderci. È estenuante – confessa il medico – ma dobbiamo resistere e continuare a lottare per il nostro popolo». Curare i pazienti per terra «è ormai la norma perché non ci sono più letti disponibili», afferma il dottor Wishah. «I nostri team medici sono esausti. Molti di noi non vedono le proprie famiglie da giorni o addirittura settimane – prosegue – Lavoriamo in uno stato di esaurimento fisico ed emotivo, in un ambiente che manca delle più basilari condizioni di sicurezza e igiene. A tutto ciò si aggiunge il peso psicologico delle bombe che esplodono costantemente e della paura per l’incolumità delle nostre stesse famiglie».

A Gaza lo scenario di una «fame di massa», dopo mesi di restrizioni sugli aiuti imposte da Israele, è ormai realtà. Oltre 100 organizzazioni umanitarie hanno denunciato che una carestia di massa si sta diffondendo nella Striscia e che i loro operatori stanno soffrendo gravemente a causa della carenza di cibo. «Mentre l’assedio del governo israeliano affama la popolazione, gli operatori umanitari si uniscono alle stesse file per il cibo, rischiando di essere colpiti solo per sfamare le loro famiglie», si legge nella dichiarazione. Le ong chiedono un cessate il fuoco immediato e negoziati, l’apertura di tutti i valichi di frontiera e il libero flusso di aiuti attraverso i meccanismi guidati dalle Nazioni Unite.

I civili uccisi dall’Idf mentre aspettano il cibo

EPA/HAITHAM IMAD | Palestinesi in fila per il cibo a Gaza

Le scorte alimentari a Gaza sono ormai esaurite, e chi tenta di procurarsi cibo nei pochi punti di distribuzione rischia la vita. In due mesi, denunciano le Nazioni Unite, circa mille persone sono state uccise dalle forze di difesa israeliane mentre aspettavano in fila per ricevere beni di prima necessità. «Un giorno abbiamo ricevuto 300 pazienti, colpiti dai soldati israeliani mentre erano in fila per ricevere cibo al punto di distribuzione americano (Gaza Humanitarian Foundation) – ci dice il dottor Tahrawi -. Tra loro, anche bambini di meno di dieci anni, accompagnati dai genitori. Alcuni sono morti lì, sul posto. Altri sono arrivati da noi, ma non siamo riusciti a salvarli: il numero era troppo alto, non ce l’abbiamo fatta». La carenza di personale sanitario, di farmaci e strumenti salva-vita ha trasformato ogni giorno in un’emergenza insostenibile: «Abbiamo dovuto affrontare situazioni drammatiche senza alcun mezzo – continua -. E ogni minuto è una minaccia alla vita: si viene colpiti anche solo per aver tentato di prendere un sacco di farina».

Il cessate il fuoco

Mentre aumentano l’indignazione e gli appelli della comunità internazionale rivolti a Israele a fermare il massacro, gli Stati Uniti continuano a tentare una mediazione per raggiungere un accordo di tregua tra Tel Aviv e Hamas, nonostante lo stallo nei colloqui che si trascinano da settimane a Doha. «Si parla da mesi di un possibile cessate il fuoco, ma noi non ci crediamo – dicono i medici -. Da quattro mesi se ne discute, si è arrivati a una prima fase che ha fatto sperare, ma non è mai stato attuato. Ora continuano a parlarne, ma le persone sono sfiduciate, senza speranza nel mondo, nei leader mondiali e in tutto ciò che potrebbe salvare e garantire loro una vita sicura e dignitosa», affermano. «Sopravviviamo da due anni a una realtà inimmaginabile, vogliamo che questa situazione finisca al più presto – conclude Tahrawi -. Le condizioni sanitarie, sociali e umane che viviamo come medici e civili non sono solo insostenibili, ma ci stanno letteralmente uccidendo, fino all’ultimo di noi: l’ultima madre, l’ultimo padre, l’ultimo bambino».

Foto copertina: ANSA / HAITHAM IMAD | Il bambino palestinese Yazan Abu Foul e sua madre Naima, soffre di grave malnutrizione a causa della carenza di cibo provocata dal blocco imposto da Israele, Gaza City, il 19 luglio 2025

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