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Il caffè può raggiungere i 2 euro a tazzina entro la fine del 2025. E c’entrano anche i dazi

27 Agosto 2025 - 09:21 Valentina Romagnoli
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Tra le cause anche il cambiamento climatico e gli eventi meteorologici estremi. Dal 2020 il prezzo in Italia è aumentato di più del 50%

Un rito nazionale che rischia di diventare un lusso per pochi. L’espresso sta diventando sempre più costoso. Secondo il Centro studi di Unimpresa, entro la fine del 2025 il prezzo medio al bar potrebbe toccare i 2 euro a tazzina, con un aumento superiore al 50% rispetto al 2020. Secondo il report, 5 anni fa un espresso costava in media 87 centesimi. La fase post-pandemia ha cambiato di molto la traiettoria: 1,03 euro nel 2021, 1,18 nel 2023 e 1,30 nel 2024. A inizio 2025 la media nazionale si è attestata a 1,22 euro, con punte di 1,43 a Bolzano. Un’Italia spaccata anche sul caffè, con prezzi che restano sotto l’euro in alcune città del Sud, ma superano abbondantemente la media in molte aree del Nord.

Le cause dell’aumento: clima, energia, logistica

Il report sottolinea che il rincaro non dipende da un solo fattore, ma da una catena di variabili. Cambiamenti climatici sempre più estremi hanno colpito zone come Brasile e Vietnam, che insieme producono metà del caffè mondiale. Dalle gelate alle piogge torrenziali, i raccolti sono diminuiti e l’offerta si è ridotta. Sul mercato dei chicchi verdi, nel 2024 i prezzi sono aumentati fino all’80%. L’Arabica ha sfiorato i 360 dollari per libbra nell’agosto 2025, con un rialzo annuo superiore al 40%. La varietà Robusta ha toccato i 4.000 dollari a tonnellata. Una corsa alimentata anche da fenomeni speculativi. A questo si sommano l’aumento dei costi energetici, che pesa sulla torrefazione, e la logistica internazionale: congestioni nei porti, tariffe di trasporto marittimo raddoppiate, difficoltà di approvvigionamento. L’inflazione ha fatto lievitare i prezzi di imballaggi e manodopera. E le nuove regole europee contro la deforestazione impongono tracciabilità e certificazioni, con oneri aggiuntivi soprattutto per i piccoli produttori.

Le strategie delle aziende e le nuove sperimentazioni

Sul fronte delle imprese la sfida è difendere i margini. Secondo Unimpresa, le aziende puntano sui segmenti premium e monoporzionati, dove la redditività arriva fino al 60%. Intanto alcune stanno sperimentando alternative al caffè tradizionale, come bevande a base di ceci o semi di dattero, per ridurre la dipendenza dalle coltivazioni tropicali. Nonostante tutto, il mercato italiano resta robusto. Ogni anno vengono consumati circa 327 milioni di chili di caffè verde (non ancora tostato), per un giro d’affari da 5,2 miliardi di euro. Secondo le stime, nel 2030 il valore supererà i 6 miliardi.

L’effetto dei dazi Usa

A pesare sul mercato, poi – come ricorda anche un articolo de La Stampa – ci sono i dazi introdotti dagli Stati Uniti sul caffè brasiliano. Dal 6 agosto 2025 Washington ha imposto tariffe al 50% sulle importazioni, provocando un nuovo shock. I prezzi dell’Arabica alla borsa di New York sono passati da 2,84 dollari a quasi 4 dollari alla libbra in poche settimane, con un balzo del 30%. Il Brasile, che produce il 40% dell’Arabica mondiale e il 30% del Robusta, resta l’attore principale. Un Paese come la Colombia può compensare solo in parte, ma non ha volumi sufficienti a soddisfare la domanda. E nel Minas Gerais, cuore della produzione, la scarsità di piogge avrebbe già compromesso i raccolti, con un calo della produzione nel 2025 stimato al 6%. 

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