Il forum Phica, il gruppo Mia Moglie e altri portali simili: cosa rischiano davvero utenti e piattaforme


Uno spazio senza regole. Una sorta di “terra di nessuno” digitale dove, sotto l’ombrello di forum e piattaforme con sede all’estero, c’è chi pubblica immagini private, scrive insulti e commenti violenti, contando sull’assenza di responsabilità dichiarata dagli amministratori dei siti. Ma davvero non esistono conseguenze? Il caso della pagina Facebook “Mia moglie”, così come quello del forum Phica (che ha annunciato la chiusura) e di altri portali simili, ha riacceso il dibattito: chi scrive contenuti offensivi può rispondere penalmente dei suoi atti, e in alcuni casi anche gli amministratori delle piattaforme possono finire nel mirino della magistratura.
I reati a cui si va incontro
Come scrive Rinaldo Frignani sul Corriere della Sera, il primo reato che può scattare è la diffamazione (art. 595 del codice penale), che però è perseguibile solo a querela di parte: la vittima deve accorgersi della circolazione dei contenuti che la riguardano e presentare denuncia, allegando prove come screenshot e link. La pena va da sei mesi a tre anni di reclusione o a una multa.
Nei casi più gravi entra in gioco l’istigazione a delinquere (art. 414 c.p.), procedibile d’ufficio: si applica quando un utente incoraggia altri a commettere reati, dalla violenza sessuale alle minacce fino alla violenza privata. Qui la pena prevista è da uno a cinque anni di reclusione, aumentata se l’istigazione avviene tramite strumenti telematici.
Un ulteriore reato è il vilipendio delle istituzioni (art. 290 c.p.), che si configura quando nel mirino finiscono cariche dello Stato o organi pubblici. La sanzione può arrivare a 5mila euro di multa o fino a tre anni di carcere, con pene più severe se si tratta di oltraggio a corpi politici, amministrativi o giudiziari (art. 342 c.p.).
Come vengono individuati gli autori
Dietro un nickname c’è sempre un’identità tracciabile. La polizia postale risale agli autori attraverso l’indirizzo IP, anche se spesso serve la collaborazione dei gestori delle piattaforme per fornire i dati utili. Ed è proprio qui che si incontra il principale ostacolo: molti portali hanno sede in Paesi extraeuropei, privi di accordi bilaterali con l’Italia, e non sempre rispondono alle richieste delle autorità.
Il nodo delle piattaforme
Se per gli utenti la legge prevede responsabilità chiare, per i gestori dei portali il quadro è molto più incerto. Mancano norme efficaci che individuino una responsabilità diretta delle piattaforme per i contenuti ospitati. Così, pur incassando i proventi della loro attività, spesso i gestori si dichiarano estranei rispetto a ciò che gli utenti scrivono o pubblicano. A volte, come accaduto di recente con la piattaforma Phica, gli amministratori reagiscono cancellando i contenuti contestati o annunciando la chiusura del sito. Più spesso, invece, i portali che operano fuori dai confini europei non collaborano con le indagini italiane, rendendo complesso perseguire i responsabili. Il risultato è un paradosso: una rete che sulla carta non è senza regole, ma che nei fatti rimane ancora un terreno dove anonimato, lentezza della giustizia e mancanza di cooperazione internazionale lasciano ampi spazi di impunità.