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I big del petrolio e del gas raschiano il fondo del barile: i giacimenti rendono sempre meno. Ecco perché a guadagnarci potrebbe essere la Russia

16 Settembre 2025 - 14:46 Gianluca Brambilla
petrolio-gas-giacimenti-crisi
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Il settore spende 500 miliardi all'anno per arrestare il declino dei giacimenti. E la Iea, da mesi sotto pressione da parte dell'amministrazione Trump, suggerisce di aumentare gli investimenti

Il tramonto dell’era del petrolio e del gas sembrava già scritto dalla rivoluzione verde e dalla necessità di mettere un freno al riscaldamento globale. Ma c’è un’altro elemento che rischia di mettere i bastoni fra le ruote al settore dell’Oil & Gas: i giacimenti si stanno esaurendo più velocemente del previsto. È quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale dell’energia, che ha passato al setaccio 15 mila siti di estrazione in tutto il mondo. La conclusione degli esperti della Iea è impietosa: la produzione di petrolio e gas è sempre più fragile. E dal 2019 ad oggi, il 90% degli investimenti dell’industria – circa 500 miliardi di dollari ogni anno – è servito soltanto ad arrestare il declino dei giacimenti esistenti.

«Accelerare, poi fermarsi»

Secondo Fatih Birol, direttore della Iea, «questa situazione significa che l’industria deve accelerare molto per poi fermarsi». A dirla tutta, le conclusioni dell’ultimo rapporto testimoniano un cambio di posizione dell’Agenzia internazionale dell’energia, che lo scorso anno metteva in guardia il settore da una «sbalorditiva sovrabbondanza» di petrolio, che avrebbe spinto molti produttori a «rivedere i loro piani aziendali». L’ultima analisi degli esperti della Iea ipotizza che se le compagnie petrolifere dovessero smettere del tutto di investire nei giacimenti, la produzione annuale di petrolio nel mondo si ridurrebbe di 5,5 milioni di barili al giorno, una cifra che equivale alla produzione di Brasile e Norvegia messi insieme.

I possibili vantaggi per Russia e Medio Oriente

Ma se gli investimenti negli attuali giacimenti dovessero fermarsi, il declino della produzione petrolifera non interesserebbe tutte le aree geografiche allo stesso modo. I giacimenti offshore più piccoli in Europa registrerebbero un calo del rendimento di oltre il 15% ogni anno, mentre quelli in Medio Oriente calerebbero di circa il 2%. Questa situazione aprirebbe nuove sfide anche sul fronte della sicurezza energetica, perché concentrerebbe le riserve mondiale di carburante in Russia e in Medio Oriente, dove i giacimenti subiranno un declino più lento rispetto ad altre aree del mondo. «I tassi di declino sono l’elefante nella stanza per qualsiasi discussione sulle esigenze di investimento nel settore petrolifero e del gas, e la nostra nuova analisi mostra che hanno subito un’accelerazione negli ultimi anni. È necessario prestare particolare attenzione alle potenziali conseguenze per gli equilibri di mercato, la sicurezza energetica e le emissioni», mette in guardia ancora Fatih Birol.

Lo scontro con l’amministrazione Trump

Per scongiurare questa situazione, l’Agenzia internazionale dell’energia suggerisce di aumentare gli investimenti, così da «mantenere costante la produzione mondiale di petrolio e gas». Una conclusione che sarà accolta senz’altro con entusiasmo dai colossi dell’Oil & Gas, che da tempo sostengono di dover destinare più soldi ai giacimenti di carburante. Ma a compiacersi potrebbe essere anche l’amministrazione Trump, impegnata attivamente in una campagna per aumentare drasticamente l’estrazione di petrolio e gas sul suolo americano. Nei mesi scorsi, la Iea ha stimato che il picco mondiale dei consumi di petrolio sarà raggiunto verso la fine dell’attuale decennio. Una previsione errata, secondo il governo americano, che accusa l’organizzazione di voler scoraggiare gli investimenti nell’industria petrolifera.

Foto copertina: Dreamstime/Calin Tatu

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