Ultime notizie Delitto di GarlascoFrancesca AlbaneseGaza
ESTERIArrestiCarcereInchiesteVenezuela

Alberto Trentini telefona a casa dal carcere in Venezuela: cosa ha detto ai genitori

09 Ottobre 2025 - 20:22 Ugo Milano
alberto trentini
alberto trentini
Il cooperante veneto, detenuto da quasi un anno, ha parlato coi suoi per la terza volta in un anno: «Continuiamo a credere nella sua liberazione»

La sua voce, un altro segnale. Dopo quasi undici mesi di detenzione in Venezuela, il cooperante veneto Alberto Trentini ha potuto telefonare ai genitori. È la terza chiamata dall’inizio della sua prigionia, e arriva due settimane dopo la visita in carcere dell’ambasciatore italiano a Caracas, Giovanni de Vito. «Alberto ha raccomandato ai genitori di prendersi cura di loro stessi e ha assicurato di essere forte», ha fatto sapere la famiglia in una nota diffusa oggi. «Ha voluto ringraziare tutte le persone che gli sono state vicine in questi mesi e ha ribadito il suo affetto per i suoi cari». Solo pochi giorni fa, il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva confermato che l’ambasciatore De Vito aveva incontrato Trentini e un altro cittadino italiano detenuto, Mario Burlò, riferendo che entrambi erano «in buone condizioni, anche se dimagriti».

Il segnale dopo mesi di silenzio

Trentini, 46 anni, si trova nel penitenziario di El Rodeo 1, a una trentina di chilometri da Caracas. Era stato arrestato il 15 novembre 2024, in circostanze ancora poco chiare, e da allora le notizie su di lui sono arrivate con il contagocce. La telefonata, spiegano i familiari, «segue la visita del nostro ambasciatore e l’arrivo a Roma di una delegazione venezuelana. Apre spiragli di speranza, e in questi 327 giorni la nostra fede non è mai venuta meno. Grazie a chi sta lavorando al nostro fianco per la liberazione di Alberto». Trentini è l’unico dei circa dieci-dodici connazionali detenuti in Venezuela ad avere solo la cittadinanza italiana. Insieme a Burlò, è rimasto coinvolto in una vicenda che si intreccia con la difficile situazione politica del Paese, dove si contano quasi novecento prigionieri politici, tra cui ottantanove stranieri.
Molti di loro sono detenuti con accuse di terrorismo o cospirazione, spesso mai formalizzate. Dopo mesi di attesa e preoccupazione, la famiglia di Alberto ha visto nella telefonata un segnale di apertura. «Ogni parola di nostro figlio è una carezza», ha detto la madre, «e finché possiamo sentirlo, continueremo a sperare».

leggi anche