Stop al gas russo, arriva il via libera dei governi Ue: forniture interrotte entro la fine del 2027. L’Italia vota “sì” ma avverte: «L’Ue monitori i prezzi»


Via libera del Consiglio Ue allo stop delle importazioni di gas russo entro il 2027. I ministri dell’Energia dei 27 paesi Ue hanno approvato la proposta della Commissione europea con due soli voti contrari, quelli di Ungheria e Slovacchia, che non solo sono i più dipendenti dalle forniture di Mosca ma sono anche quelli politicamente più vicini al Cremlino. «L’Ue potrà ottenere la sua indipendenza energetica. Per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento ai suoi cittadini e, non da ultimo, per sostenere l’Ucraina», scrive sui social Dan Jorgensen, commissario Ue all’energia.
La tabella di marcia di Bruxelles e la spinta di Trump
La tabella di marcia proposta dalla Commissione europea si compone fondamentalmente di tre fasi: dal primo gennaio 2026 sarà vietato firmare nuovi contratti, entro il 17 giugno 2026 dovranno terminare gli accordi a breve termine già in corso, mentre entro il 31 dicembre 2027 dovranno cessare anche quelli a lungo termine. Lo stop al gas russo rientra nella più ampia strategia ribattezzata «RePowerEU», lanciata da Bruxelles all’indomani dell’invasione dell’Ucraina per ridurre la propria dipendenza energetica dalle esportazioni di Mosca, in particolare per quanto riguarda gas e petrolio. Ad accelerare i piani della Commissione europea ha contribuito poi il pressing di Donald Trump, che negli ultimi mesi ha più volte intimato ai governi europei di smettere di comprare gas russo: in parte per smettere di finanziare la macchina da guerra di Vladimir Putin e in parte per poter compensare le mancate importazioni con il Gnl prodotto proprio dagli Stati Uniti.
L’Ungheria si oppone: «A rischio la nostra sicurezza energetica»
Bruxelles non ci ha pensato due volte ad ascoltare il monito di Washington. Lo stop al gas russo, infatti, non solo può contribuire a riappacificare i rapporti tumultuosi con l’alleato d’oltreoceano, ma è visto come un tassello fondamentale per rafforzare la sicurezza energetica e passare a un’economia fondata sull’energia pulita. Eppure, è proprio di sicurezza che parla il governo ungherese per motivare il suo voto contrario al Consiglio Ue. «Per noi l’approvvigionamento energetico non ha nulla a che fare con la politica, ma riguarda la nostra posizione geografica e la realtà fisica. L’impatto reale di questo regolamento è che la nostra fornitura energetica sicura in Ungheria verrà uccisa. Non parlo dell’aumento dei prezzi. Parlo della sicurezza dell’approvvigionamento energetico perché ora stiamo eliminando gradualmente le rotte di approvvigionamento verso l’Ungheria. Le infrastrutture rimanenti, fisicamente e in termini di capacità, non sono in grado di rifornire il Paese», ha detto il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó.
Il “sì” scettico dell’Italia: «L’Ue monitori i prezzi»
A commentare il voto di oggi al Consiglio Ue è anche il governo italiano, che in una nota ribadisce il «pieno sostegno» agli obiettivi del regolamento ed esprime «apprezzamento per l’inserimento di molte delle istanze avanzate da parte italiana». Al tempo stesso, si sottolinea, «permangono ancora delle perplessità, in particolare sugli obblighi di autorizzazione preventiva imposti agli importatori» sull’import di gas «proveniente da un insieme selezionato di Paesi produttori». Per questo il governo Meloni chiede che la Commissione europea «effettui un monitoraggio continuo e un’attenta verifica degli impatti sui prezzi energetici».
Foto di copertina: Dreamstime/Phichitpon Intamoon