Le ritorsioni di Putin, i capitali in fuga dall’Europa. Perché Belgio e Bce hanno bloccato la confisca degli asset russi: «Chi me li ridà 140 miliardi?»

Chi si aspettava che al Consiglio europeo di ieri, giovedì 23 ottobre, potesse arrivare una svolta sulla confisca degli asset russi immobilizzati è stato costretto a ricredersi. I capi di Stato e di governo di 26 Paesi Ue — l’Ungheria di Viktor Orbán si rifiuta anche solo di partecipare alla discussione — non sono riusciti a trovare un accordo sulla soluzione che consentirebbe di espropriare il bottino da 140 miliardi di euro e utilizzarlo per sostenere militarmente ed economicamente l’Ucraina. Anche con l’imprevedibile leader ungherese fuori dalla stanza, gli altri capi di Stato non hanno trovato un’intesa. A opporsi alla confisca degli asset russi è stato soprattutto Bart De Wever, premier nazionalista del Belgio, che ha ragioni «di forza maggiore» per frenare le ambizioni degli altri leader europei.
Lo stop del governo Belga al via libera Ue
I beni russi immobilizzati dai Paesi del G7 dopo l’inizio della guerra in Ucraina ammontano a circa 250 miliardi di euro. Di questi, circa 200 miliardi si trovano in Europa e più o meno 190 miliardi sono detenuti da Euroclear, una società finanziaria con sede proprio a Bruxelles. La Russia ha ribadito in più occasioni di essere pronta a vendicarsi in caso di confisca dei beni immobilizzati. E il timore di De Wever è che le ritorsioni finiscano per colpire proprio il Belgio, creando enormi rischi finanziari. «Se prendete i soldi dal mio Paese, e va male, io non sono in grado di ripagare 140 miliardi di euro nel giro di una settimana», ha spiegato papale papale il premier fiammingo al termine del Consiglio europeo.
Al vertice di giovedì a Bruxelles, gli altri leader europei hanno provato a rassicurare De Wever sul fatto che non ha nulla di cui temere. E lui, in tutta risposta, si è detto pronto a discutere della questione solo a patto che tutti gli altri governi europei accettino di condividere il rischio. In altre parole: se la confisca degli asset russi dovesse rivelarsi illegale, dovrebbero essere tutta l’Ue a pagare e non solo il Belgio. «Ci sono molte questioni che devono ancora essere risolte: credo sia necessario procedere con metodo e calma, perché non possiamo agire in modo contrario al diritto internazionale», ha detto ieri il presidente francese Emmanuel Macron al termine del vertice Ue.

Cosa dice il diritto internazionale
Dietro lo scetticismo del governo belga si nascondono i timori di molti leader europei ed esperti di diritto. L’immobilizzazione degli asset russi, approvata nel 2022, faceva parte di uno dei primi pacchetti di sanzioni pensati dall’Ue per mettere pressione sul Cremlino e riguarda i beni che la Banca centrale russa conservava come riserva nei Paesi del G7. Con quella misura, la Russia resta proprietaria degli asset, ma non può esercitare diritti su di essi. Confiscare quei beni, invece, è tutto un altro discorso. «Il tentativo di confiscare gli asset russi congelati è in violazione del diritto internazionale. In particolare, c’è il principio di immunità sovrana degli Stati stranieri, che è finalizzato a proteggere le proprietà di uno Stato che si trovano in un Paese estero», spiega a Open Federico Fabbrini, professore ordinario di diritto dell’Unione europea alla Dublin City University. Per quanto la Commissione europea si sforzi di garantire un rispetto almeno formale del diritto, insomma, l’operazione resterebbe assimilabile a un esproprio – «a meno di non interpretare l’intera struttura come un prestito garantito dagli Stati membri», precisa l’esperto.
Perché l’Ue vuole trovare a tutti i costi una soluzione
Ma se ci sono così tanti dubbi sulla legalità dell’operazione, perché l’Unione europea si sta incaponendo su questa strada? «Perché l’Ue ha grosse difficoltà a finanziarsi: non riesce a emettere debito comune facilmente e il suo bilancio è limitato», taglia corto Fabbrini. Secondo il docente della Dublin City University, «prendere soldi dagli asset russi congelati sembra più facile che avere una discussione per aumentare la capacità fiscale Ue o fare debito comune». Ad aggravare questa situazione ha contribuito anche il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, che ha portato a una drastica riduzione degli aiuti economici e militari a Kiev. Il sostegno all’Ucraina, insomma, è diventato un compito prevalentemente europeo. Bruxelles, già a corto di risorse, deve ingegnarsi per trovare nuove entrate e la confisca dei beni russi immobilizzati potrebbe dare vita a un gigantesco prestito da 140 miliardi di euro per Kiev.

Le opzioni a disposizione del Cremlino
La Russia ha ribadito in più occasioni che un eventuale esproprio dei beni immobilizzati in Occidente avrà serie ripercussioni, ma quali sono le strade che il Cremlino potrebbe concretamente percorrere? Mosca, spiega Fabbrini, non può impugnare la decisione di fronte alla Corte di giustizia internazionale perché quest’ultima si occupa di dispute tra Stati, e l’Unione europea non è uno Stato. In alternativa, potrebbe pensare di rivolgersi alla Corte di giustizia della stessa Ue, che difficilmente però verrebbe vista dal Cremlino come arbitro imparziale e indipendente. Escluse di fatto queste due strade, a Vladimir Putin resterebbero due opzioni. La prima è di fare causa a un tribunale in Belgio, dove ha sede Euroclear. La seconda, considerata più probabile, prevede una sorta di risposta “occhio per occhio, dente per dente”. «Nelle dispute internazionali, è raro che la Russia si affidi all’azione giudiziaria. In genere – spiega Fabbrini – usa la ritorsione, che in questo caso potrebbe portare alla confisca di asset belgi o europei che si trovano in territorio russo».
I timori della Bce sulla credibilità dell’euro
Accanto ai rischi legali ci sono poi quelli di natura economica e finanziaria. Non è un caso che alla discussione di ieri a Bruxelles fosse presente anche Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, che ha messo in guardia i capi di Stato e di governo sui rischi di una mossa dalle conseguenze imprevedibili: «Va rispettato il diritto internazionale e preservata la stabilità finanziaria», avrebbe detto la numero uno della Bce. Ufficialmente, l’Eurotower si è sempre detta contraria alla confisca degli asset russi congelati, perché metterebbe a rischio l’affidabilità e la certezza giuridica che l’Eurozona offre. Eppure, secondo quanto riporta Politico, pare che al vertice di ieri Lagarde abbia aperto qualche piccolo spiraglio, spiegando che i rischi associati alla confisca degli asset russi sarebbero «gestibili» per i governi europei. In ogni caso, la prudenza rimane. «Il rischio è che altri Stati prendano atto di questo esproprio e ritirino i capitali che attualmente si trovano nelle banche europee. Questo – sottolinea ancora Fabbrini – danneggerebbe lo standing internazionale dell’euro come valuta di riserva».

Foto copertina: Dreamstime/Marian Vejcik
