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Scuola, supplenti senza stipendio da mesi: «Costretti a chiedere prestiti per pagare affitto e bollette». Cosa sta succedendo

26 Ottobre 2025 - 07:02 Ygnazia Cigna
scuola novità 2025 2026
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Il racconto a Open dei docenti coinvolti. Le segnalazioni, riferisce il sindacato Anief, continuano a moltiplicarsi

Da oltre due mesi sono tornati in classe, correggono compiti, preparano lezioni, sostengono gli studenti. Ma sul conto corrente, il saldo è sempre lo stesso: zero. Per tanti supplenti brevi, che ogni giorno garantiscono continuità didattica coprendo malattie, permessi e congedi, lo stipendio che dovevano ricevere a settembre e a ottobre è ancora un mistero. C’è chi si appoggia al coniuge, chi chiede aiuto ai genitori o piccoli prestiti agli amici per pagare affitto e bollette. Così le segnalazioni ai sindacati si moltiplicano.

Le storie dei docenti

«Non so ancora quando riceverò lo stipendio», racconta a Open Ilaria, professoressa in un istituto superiore della provincia di Udine. È madre di due bambini piccoli, uno di due anni e mezzo e l’altro di sei mesi. «Abbiamo fatto tutto come previsto, ma i ritardi dello Stato ci lasciano senza un euro. E intanto, io e i miei figli non possiamo basare la nostra vita solo sullo stipendio di mio marito», spiega. La docente insegna da sette anni, ma non le era mai capitato di restare senza stipendio per mesi. Nel frattempo, le spese non aspettano: «Tra affitto, nido e bollette diventa insostenibile. Lavoro, ma non vedo i frutti». Come lei, ci sono molti altri docenti in tutta Italia, anche se il numero esatto è difficile delineare.

Sopravvivere con prestiti e favori

Mirko, insegnante di italiano, storia e geografia in una scuola media di Firenze, si trova nella stessa situazione. Da settembre non ha percepito lo stipendio e, se Ilaria si sente spiazzata, lui teme di rivivere l’incubo dello scorso anno. «Sono terrorizzato. L’anno scorso, il primo pagamento mi è arrivato dopo tre mesi, poi altri due mesi di attesa, e così per tutto l’anno. Ora sta succedendo di nuovo». Nei giorni scorsi, la scuola gli ha chiesto se voleva rinnovare il contratto per altri due mesi, nonostante non avesse ancora ricevuto lo stipendio precedente. «Ho risposto “sì in teoria, ma non ho ancora ricevuto alcuno stipendio”». Quando ha chiesto chiarimenti, la risposta (scritta) della segreteria è stata: «Lo Stato sta verificando la disponibilità dei fondi. Purtroppo i tempi non dipendono da noi, ma dal ministero». Per far fronte ai pagamenti urgenti, Mirko ha dovuto chiedere un prestito a una persona vicina: «L’anno scorso ce l’ho fatta solo grazie a questo aiuto, altrimenti non ce l’avrei fatta. Le bollette e i mutui non aspettano nessuno». Nonostante tutto, continua a lavorare ogni giorno in classe: «Quando sono con i ragazzi sto bene, ma appena esco mi assale la rabbia. È assurdo che chi lavora per lo Stato debba sopravvivere con prestiti o favori. Mi chiedo sempre come sia stato possibile arrivare a una situazione del genere».

Perché i pagamenti si fermano

Per legge, i supplenti brevi dovrebbero ricevere lo stipendio entro 30 giorni. Il dirigente scolastico deve verificare e convalidare i dati contrattuali entro tre giorni lavorativi, autorizzando poi il pagamento tramite il sistema informativo «Sidi», che li trasmette a «NoiPA», la piattaforma del ministero dell’Economia che effettua i versamenti ai docenti. La Ragioneria generale dello Stato, in base alle rate autorizzate, assegna alle scuole le risorse necessarie per pagare i supplenti. È qui che si crea il collo di bottiglia: molte scuole, pur completando gli adempimenti in tempo, restano in attesa dei fondi che lo Stato tarda a trasferire. I ministeri competenti sono quello dell’Istruzione e dell’Economia. Lo scorso anno, si era verificato lo stesso problema e il ministero guidato da Giuseppe Valditara aveva promesso – come si legge in una mail inviata alle scuole di ogni ordine e grado – nuove misure di controllo e monitoraggio dei pagamenti affinché non ci fossero più ritardi nell’erogazione. Ma, a distanza di un anno, i ritardi si ripetono identici.

Il ministero: «I fondi quest’anno ci sono»

Dal ministero dell’Istruzione e del Merito riferiscono che «ad oggi, a differenza di quanto avvenuto in passato, non sussistono problemi di natura finanziaria» perché «le attuali disponibilità finanziarie dei pertinenti capitoli di bilancio del Ministero sono pienamente sufficienti a garantire la copertura dei ratei stipendiali dovuti nei mesi di settembre e ottobre». In altre parole: i fondi ci sono. E il ministero prende le distanze dai disservizi segnalati, chiarendo che «le cause non sono attribuibili alla diretta responsabilità del ministero».

Il sindacato: «I fondi arrivano in ritardo»

Il problema, però, c’è. Dal sindacato Anief fanno sapere di aver ricevuto numerose segnalazioni di docenti in tutta Italia. «All’inizio dell’anno abbiamo ricevuto due tipi di segnalazioni», spiega a Open Maria Guarino del sindacato. «Da un lato i neo-immessi in ruolo, per i quali alcune segreterie hanno trasmesso in ritardo i contratti; dall’altro, i supplenti brevi, che a differenza dei docenti di ruolo o annuali vengono pagati direttamente dalle scuole. Ma spesso le scuole non ricevono in tempo i fondi dal ministero, che li sblocca in ritardo rispetto alle scadenze previste. Il risultato concreto è che i docenti restano senza stipendio». Guarino aggiunge che molti insegnanti rinunciano a fare ricorso: «Le cause richiedono tempo e denaro, e spesso dopo due o tre mesi lo stipendio arriva. Così si lascia perdere. Intanto, però, i supplenti sopravvivono grazie a prestiti o all’aiuto dei familiari. È un circolo vizioso e nonostante decreti e circolari operative, il problema è irrisolto». Non è un caso, forse, che nel disegno di legge di Bilancio 2026 il governo abbia introdotto una modifica sui supplenti esterni: per le assenze fino a dieci giorni, i dirigenti scolastici dovranno utilizzare personale interno, ricorrendo a supplenti esterni solo in casi eccezionali. La norma permetterà sicuramente risparmi, ma sta già facendo discutere. Secondo i presidi, rischia di complicare ulteriormente la gestione delle classi e peggiorare la qualità della didattica.

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