Belluno, minaccia il suicidio ma i medici non gli credono. Lui si uccide: indagata una dottoressa

Un sessantenne della Destra Piave lo scorso fine settimana si è tolto la vita dopo esser stato visitato al Pronto soccorso dell’ospedale San Martino di Belluno. La Procura, per quella morte, ha iscritto nel registro degli indagati una dottoressa quarantenne in servizio quella notte. Rischia l’accusa di omicidio colposo perché non ha effettuato il trattamento sanitario obbligatorio che avrebbe potuto salvare l’uomo.
Il 60enne, secondo quanto ricostruito dal Corriere del Veneto, era in evidente stato di alterazione e aveva manifestato intenzioni suicide. Non solo, aveva già avuto altri Tso in passato. Ma non sarebbe stato creduto. Per questo non è scattato il trattamento sanitario obbligatorio, che prevede l’informazione al Comune di residenza e la firma del sindaco o di un assessore per disporre il ricovero coatto in Psichiatria, in terapia protetta di almeno una settimana. L’uomo è tornato a casa e poche ore dopo un vicino lo ha trovato senza vita.
L’Ulss avvia indagine interna
Sul suo corpo il pubblico ministero Claudio Fabris ha disposto l’autopsia, affidata all’anatomopatologo Antonello Cirnelli. Dai risultati è emerso il suicidio. L’Ulss 1 Dolomiti ha avviato un’indagine interna per verificare se c’è stata una valutazione psichiatrica e di gestione del rischio suicidario. La dottoressa indagata, seguita dall’avvocato Massimo Moretti, ha ricevuto l’avviso di garanzia. La madre del sessantenne, l’unico familiare rimasto, è parte offesa ed è seguita dal legale Carlo Vigna. La Regione Veneto ricorda che, in questi casi, è attivo il numero verde 800 33 43 43 per supporto psicologico, operativo 24 ore su 24, così come i servizi Telefono Amico e WhatsApp Amico Padova.
