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Licenziata per aver urlato «Palestina libera» alla Scala, condannato il Teatro: «Fu allontanamento politico» Quanto vale il risarcimento

27 Novembre 2025 - 14:24 Alba Romano
licenziamento palestina libera teatro scala
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La giovane maschera aveva urlato lo slogan pro-Pal all’ingresso nella sala del principale teatro milanese di Giorgia Meloni. Fermata dagli agenti lì presenti, era stata cacciata dai vertici della Scala per presunta violazione del contratto

Era illegittimo il licenziamento della maschera del Teatro alla Scala a cui era stato stracciato il contratto per aver urlato «Palestina libera» all’ingresso in sala della presidente del Consiglio Giorgia Meloni lo scorso 4 maggio. Lo ha deciso il tribunale del Lavoro, che ha definito l’allontanamento della dipendente «un licenziamento politico».

Il Teatro dovrà risarcire la ex dipendente pagando tutte le mensilità a lei dovute dallo scorso maggio fino alla scadenza naturale del contratto a termine e rimborsarle anche le spese di lite.

L’azione di protesta della maschera e la decisione della Scala

A comunicare l’esito positivo della causa il sindacato Cub, che aveva denunciato i vertici dello storico teatro milanese. Secondo la Scala, la dipendente aveva tradito la fiducia dei datori di lavoro disobbedendo a chiari ordini di servizio durante il concerto a inviti organizzato dall’Asian development Bank, nel cui board siede il ministro delle finanze e politico di estrema destra israeliano Bezalel Smotrich.

Un fatto che, da loro interpretazione, violava il contratto dato che la maschera aveva abbandonato il posto assegnato di lavoro – i palchi – per gridare «Palestina libera» dalla galleria e srotolare uno striscione. L’azione si era interrotta dato che la giovane era stata immediatamente fermata dalle forze dell’ordine presenti.  

Quanto dovrà pagare la Scala

«Gridare “Palestina libera” non è reato e i lavoratori non possono essere sanzionati per le loro opinioni politiche», ha scritto il sindacato Cub in una nota. «La lavoratrice sarà risarcita di tutte le mensilità che intercorrono dal licenziamento alla scadenza naturale del contratto. Il Teatro dovrà anche coprire le spese di lite». Facendo un rapido calcolo: la mensilità era pari a 809,60 euro e il contratto della dipendente scadeva il 30 settembre scorso. La Scala dovrà quindi sborsare 4.048 euro più i 3.500 euro di spese legali.

Il Cub ha poi avanzato la richiesta di reintegro per la giovane maschera: «Qualsiasi altro sovrintendente non avrebbe optato per il licenziamento ma nemmeno per un rimprovero scritto. È stata fatta solo una figuraccia internazionale e ce la potevamo evitare. L’atteggiamento del sovrintendente Fortunato Ortombina è stato quello di punirne uno per educarne altri cento».

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