No, nessun nuovo studio collega DNA fetale, vaccini e autismo

Diverse condivisioni Facebook riportano un reel tratto dall’articolo del sito Gospa News Si parla di un «nuovo studio» riguardante frammenti di DNA fetale trovati nei vaccini pediatrici, che verrebbero collegati all’insorgere dell’autismo. Dunque la narrazione mette assieme tre parole chiave molto potenti per il pubblico di riferimento: DNA fetale, vaccini e autismo. Si parla proprio di un «inquietante allarme». In realtà possiamo stare tranquilli. Vediamo perché.
Per chi ha fretta:
- Lo studio che collegherebbe DNA fetale, vaccini e autismo si è rivelato in realtà un lavoro realizzato con metodi ingannevoli.
- Risultano fallaci i metodi con cui gli autori vorrebbero dimostrare la presenza di DNA fetale nei vaccini pediatrici.
- Il grafico che mostrerebbe una correlazione forte tra vaccini e autismo è un concentrato di errori statistici.
Analisi
Le condivisioni su DNA fetale, vaccini e autismo riportano la seguente didascalia:
Inquietante ALLARME sui VACCINI PEDIATRICI da nuovo studio PubMED! Frammenti di DNA FETALE integrabili nel GENOMA UMANO e Correlati ai Disturbi dell’AUTISMO

DNA fetale, vaccini e autismo
La percezione del tempo può essere relativa, anche nella vita quotidiana, ma quanto deve essere datato uno studio perché non possa più essere considerato “nuovo”? Per esempio la ricerca in oggetto, su DNA fetale, vaccini e autismo, risale al novembre 2015.
Il titolo dell’articolo che tratta i risultati del paper ci parla di uno «studio PubMED» e di frammenti di DNA fetale «integrabili nel genoma umano» e correlati all’autismo. Ci sono tanti errori concentrati. Per esempio, parlare di un qualsiasi documento lasciando intendere che sia di PubMed non ha senso, trattandosi di un database di articoli biomedici pubblicati su diverse riviste scientifiche. Sarebbe come dire che Google pubblica tutte le notizie del Web.
Di feti nei vaccini abbiamo trattato numerose volte, così come di frammenti di DNA estraneo nelle dosi, specialmente quelle dei vaccini Covid; ma qui parliamo di vaccini pediatrici in un paper di dieci anni fa. Si tratta di due narrazioni No vax mai dimostrate e smentite dai dati a disposizione. Anche sulla correlazione tra vaccini e autismo abbiamo trattato in diverse analisi. Si tratta di una bufala conclamata. Persino l’attuale segretario della Sanità americana, Robert Kennedy Jr., ha dovuto ridimensionare le sue posizioni in merito.
Cosa ci sarebbe sfuggito allora in questo decennio trascorso dalla pubblicazione dello studio in oggetto?
«I vaccini prodotti con linee cellulari fetali umane contengono livelli inaccettabilmente elevati di contaminanti provenienti da frammenti di DNA fetale. Il genoma umano contiene naturalmente regioni suscettibili alla formazione di rotture a doppio filamento e alla mutagenesi inserzionale del DNA. La “paura di Wakefield” ha dato origine a un esperimento naturale che potrebbe dimostrare una relazione causale tra i vaccini prodotti con linee cellulari fetali e la prevalenza di ASD [Disturbo dello spettro autistico, Nda]», leggiamo alla fine dell’abstract.
Sembrerebbe un tentativo di “scagionare” il lavoro di Andrew Wakefield, che però si è rivelato una truffa al di là di ogni ragionevole dubbio. La principale autrice del paper in oggetto è Theresa Deisher, la quale non si è fermata al 2015. Su Science Feedback troviamo la stroncatura di una lettera aperta pubblicata dalla ricercatrice nel 2019 su Vaccine Impact. La collega Flora Teoh si è avvalsa nel suo lavoro dei revisori Angéline Rouers, Maurizio Vacca e Teja Celhar. L’argomento è il medesimo, così come i problemi di rigore scientifico. Leggiamo un passaggio dell’analisi di Teoh:
«Gli immunologi che hanno esaminato la lettera aperta hanno trovato le sue affermazioni insostenibili e inverosimili. Hanno riconosciuto che alcuni vaccini sono prodotti utilizzando linee cellulari umane derivate dal feto, ma hanno sottolineato che lo studio di Deisher et al. non dimostra effettivamente che il DNA fetale sia presente nei vaccini, figuriamoci in un’alta concentrazione, avendo problemi metodologici che mettono in discussione i suoi risultati. Mentre la lettera fornisce un elenco di riferimenti che sembra sostenere le sue affermazioni, un esame più attento mostra che le citazioni non vengono utilizzate in modo appropriato, essendo fraintese o prese fuori contesto».
Il grafico che dimostrerebbe una correlazione forte tra vaccini e autismo
Quel che sembra una pistola fumante che dimostrerebbe un collegamento tra DNA fetale, vaccini e autismo sarebbe il grafico all’interno del paper. Mostra come il calo nella copertura vaccinale nel Regno Unito, Norvegia e Svezia a seguito dell’allarme dovuto allo studio di Wakefield, coinciderebbe con un calo dei casi di autismo:

Dell’intero studio di Deisher del 2015 esiste un fact-checking che potremmo definire “storico” del grande scienziato e divulgatore scientifico David Gorski, pubblicato su ScienceBlogs. Il “trucco” è stato quello di combinare assieme tre popolazioni molto diverse. «Perché questi tre paesi? Ad esempio, perché non solo il Regno Unito o, più specificamente, Inghilterra e Galles, dove l’impatto della paura di Wakefield MMR è stato il più profondo?», si chiede Gorski.
È qui infatti che si insinua un errore statistico noto come fallacia ecologica. Ovvero, quando si prendono dati aggregati di un’intera popolazione e si conclude, erroneamente, che la stessa relazione valga anche per i singoli individui. Ma analizzando i dati e come Deisher li ha usati, emergono problemi ben peggiori.
Per esempio, cosa intende l’autrice per copertura MMR e come l’ha quantificata?
«Non è affatto chiaro – continua Gorski -, ed è molto difficile controllare di cosa diavolo stia parlando senza contattare effettivamente l’Istituto norvegese di sanità pubblica, il Consiglio nazionale della salute e del benessere in Svezia e Public Health England […]. In altre parole, chiunque voglia controllare il lavoro di Deisher deve contattarla o replicare le sue richieste per questi dati».
Sul modo in cui si riferisce alla prevalenza dell’autismo ci sono inoltre legittimi dubbi sul rigore del lavoro. Riportiamo un passaggio emblematico dell’analisi di Gorski (il grassetto è nostro):
«Ci sono ampie variazioni nella prevalenza dell’autismo riportata tra le nazioni in anni diversi – precisa Gorski -. Ad esempio, la tabella 1 mostra una prevalenza dello 0,29% in Norvegia e dello 0,038% in Svezia per l’anno di nascita 2003. È una differenza di 7,6 volte! Tuttavia, nella Figura 1, il punto tracciato per lo stesso anno di nascita è di circa lo 0,17%. Dato che la media dello 0,038 e dello 0,29% è dello 0,164%, mi chiedo se Deisher abbia appena fatto la media delle prevalenze senza tener conto della popolazione. La popolazione della Svezia era quasi il doppio di quella della Norvegia nel 2003 (8,96 milioni rispetto a 4,56 milioni), quindi fa la differenza».
Insomma, il tentativo di “scagionare” il tentativo di Wakefield di collegare i vaccini pediatrici all’autismo si è rivelato esso stesso un lavoro “ingannevole”, per usare un eufemismo.
Conclusioni
Lo “studio” di Deisher che dimostrerebbe un collegamento tra DNA fetale, vaccini e autismo, oltre non essere “nuovo” risulta totalmente privo di fondamento. Almeno dal 2015 al 2019 i tentativi della ricercatrice di supportare questa narrazione – scagionando il lavoro di Wakefield -, si sono rivelati metodologicamente scorretti, dando luogo a risultati ingannevoli.
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