Perché il tribunale ha dato l’ok al cambio di genere per un 13enne: «Anche a quell’età sono pronti»

La disforia è la sofferenza psicologica causata dalla discrepanza tra sesso alla nascita e la propria identità di genere. Per questo il tribunale civile di La Spezia il 10 dicembre ha disposto il cambio di sesso anagrafico di una ragazzina di 13 anni. Che ha una sorella gemella che da sempre si riferisce a lui come suo fratello. I periti del tribunale hanno tra l’altro scritto che «si identifica stabilmente come maschio, con espressione di genere coerente e continuativa sin dall’età prescolare, avendo mostrato preferenze ludiche, modalità relazionali e portamenti tipici del genere maschile».
La triptorelina
La ragazzina nel settembre 2021 è stata presa in carico dal centro per l’incongruenza di genere dell’ospedale fiorentino di Careggi. A marzo 2023 ha cominciato la somministrazione della triptorelina, il farmaco che blocca lo sviluppo puberale in attesa di prendere una decisione circa un eventuale intervengo chirurgico, di solito fatto dopo i 18 anni. Il farmaco avrebbe ridotto «significativamente il disagio psicologico legato allo sviluppo puberale, permanendo limitati elementi di sofferenza per l’impossibilità di essere riconosciuta nei contesti ufficiali come maschio».
E quindi, secondo il tribunale, il percorso psicologico, le terapie, la gestione del disagio sociale «consentono di ritenere» che il ragazzo «abbia maturato una piena consapevolezza circa l’incongruenza tra il suo corpo e il vissuto d’identità. Così da consentire di concludere, altrettanto consapevolmente, un progetto volto a ristabilire irreversibilmente uno stato di armonia tra soma e psiche nella percezione della propria appartenenza sessuale».
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Il percorso
Massimo Lavaggi, psicologo e psicoterapeuta, esperto di disforia di genere, spiega a Repubblica che «ci troviamo di fronte a un caso di maturità eccezionale. Un ragazzo che sotto controllo medico ha iniziato presso il centro di Careggi la terapia con i farmaci bloccanti della pubertà già a undici anni, mostrando fin da subito una assoluta adesione con la sua nuova identità. È su questa consapevolezza che si è basata la sentenza del tribunale».
Il dottore spiega che non c’è un’età minima per ottenere in tribunale i documenti con la nuova identità di genere: «No. Bisogna aver compiuto la transizione, certificata naturalmente da perizie mediche e psicologiche. Transizione che per essere riconosciuta non ha più bisogno del cambio di sesso chirurgico, basta la terapia ormonale che modifica comunque i caratteri fisici, da maschio a femmina o da femmina a maschio. Crescono i seni, cade la barba, oppure il contrario come nel caso del tredicenne di cui parliamo. E la tendenza della giurisprudenza oggi è quella di non far aspettare i 18 anni per certificare il cambiamento anche sui documenti. Perché si tratta di un passaggio fondamentale».
Le persone transgender
Laveggi spiega che «abbiamo fatto passi in avanti ma la strada è lunga. Oggi il clima è tornato a essere ostile verso le persone transgender. C’è una enorme sofferenza in chi vive la disforia di genere. Sono percorsi lunghi, faticosi. Chi criminalizza l’uso — che riguarda un infinitesimale numero di adolescenti — degli ormoni bloccanti, non si rende conto del dolore che c’è dietro queste scelte. Una disforia di genere non presa in carico può portare a decisioni estreme, fino al suicidio».
