«Così Eros Ramazzotti mi ha distrutto casa e non vuole pagare i danni»

Paolo Rossi, 59 anni, genovese, fa il revisore dei conti e ha una casa in zona Citylife a Milano. Con annesso problema con un vicino prestigioso: il cantante Eros Ramazzotti. «Mai tali lavori hanno arrecato danni alle unità immobiliari», hanno sottolineato gli avvocati Fabio Lepri e Salvatore Pino, difensori di Rossi. «Fino a quando una di esse è stata ceduta e il suo acquirente ha pensato bene di avventurarsi in lavori letteralmente devastanti. Che hanno gravemente danneggiato l’appartamento sottostante».
Eros Ramazzotti e la ristrutturazione della casa a Milano
La Verità racconta oggi in un articolo di Giacomo Amadori che Ramazzotti nell’ottobre del 2024 ha acquistato casa proprio sopra a quella di Rossi. Spostando lì la residenza. Non appena entrato, ha avviato «inusitati lavori di demolizione». Ovvero: «sono stati dapprima demoliti e rimossi tutti i muri divisori interni, porte e impianti. Successivamente, in un paio di giorni, sono stati rimossi sia i pavimenti che il sottostante massetto». Ricorrendo «a un uso tanto improprio quanto massiccio di martelli pneumatici».
Dopo due settimane di lavori con il martello pneumatico iniziati il 20 novembre 2024 l’appartamento era ridotto a macerie. Poi, il fattaccio: «Nel pomeriggio del 4 dicembre 2024, mentre veniva fatto uso dei martelli pneumatici, si è verificato un crollo nell’appartamento del dottor Rossi». E questo perché «una parte adibita a palestra e sauna ha subito un totale distacco del plafone. Che è rovinato a terra, sulla sauna e sulle attrezzature da palestra e, solo per un caso, non ha ferito i ricorrenti, fortunatamente non presenti in quel momento in casa».
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L’appartamento distrutto
Quando Rossi e la moglie sono tornati a casa hanno trovato l’appartamento distrutto. E da allora la coppia vive in una casa pericolante. Ha messo in sicurezza alcune stanze con impalcati. Prima del crollo, il 13 novembre 2024, si era presentato a casa Rossi il responsabile dei lavori di casa Ramazzotti, l’architetto Luigi Andrea Tafuri. Lo aveva fatto «al dichiarato fine di verificarne lo stato. Evidentemente perché lo stesso Ramazzotti, il suo direttore dei lavori, come l’impresa appaltatrice (la Gmr, ndr), erano perfettamente consapevoli di voler attuare demolizioni ad alto rischio». C’era anche l’amministratrice del condominio, l’architetta Alberta Contestabile: «Durante il sopralluogo è stato accertato l’ottimo stato dell’immobile […]. L’architetto Tafuri dichiarava in tale sede che i lavori di ristrutturazione sarebbero stati rilevanti. E rassicurava il dottor Rossi sulla circostanza che qualunque danno, crepa o problematica fosse emersa al suo appartamento sarebbe stata da addebitare ai lavori di ristrutturazione dell’appartamento soprastante».
Il crollo
Poi è arrivato il crollo. Rossi ha avvertito sia l’amministrazione che la Gmr e «Tafuri e l’impresa hanno in un primo momento dichiarato la disponibilità a fermare i lavori, per approfondire l’accaduto e verificare i danni provocati all’appartamento». Sia l’amministrazione che la Gmr e «Tafuri e l’impresa hanno in un primo momento dichiarato la disponibilità a fermare i lavori, per approfondire l’accaduto e verificare i danni provocati all’appartamento». A quel punto Rossi ha dovuto chiamare vigili del fuoco e polizia municipale. Nel loro rapporto i vigili hanno dato atto che a casa Ramazzotti «erano state demolite le pareti, non strutturali, adibite a suddivisione interna dei locali, asportati gli impianti, e rimosso il pavimento».
La rimozione del pavimento
Proprio la rimozione del pavimento potrebbe essere stata la causa del distacco del soffitto dell’immobile sottostante. Perché le tavelle del solaio «in alcuni punti presentavano anche delle rotture riconducibili ai colpi inflitti dal martello pneumatico». Nell’appartamento c’erano anche le macerie del crollo. Mentre i pompieri hanno rilevato un «dissesto statico di elementi costruttivi» cagionato da «lavori di scavo e demolizione». Gli avvocati puntualizzano che «la situazione […] è apparsa talmente grave» che Rossi e consorte «sono stati diffidati dall’accesso al locale nel quale si era verificato il distacco del soffitto» e la stanza è stata delimitata con nastro bianco e rosso.
Il 13 gennaio 2025 i coniugi Rossi «hanno contestato l’accaduto a Ramazzotti e all’impresa appaltatrice». L’avvocato di Ramazzotti Antonio Cacciato ha risposto che «di per sé non ricevibile e non condivisibile anche perché generica, formata unilateralmente e non riscontrata, a supporto di (generiche, ampie e non circostanziate) richieste risarcitorie, mostra un approccio immotivatamente aggressivo, che senz’altro rende meno agevole l’interlocuzione tra i soggetti coinvolti».
La causa tra Ramazzotti e Rossi
A quel punto è partita la causa. La difesa di Rossi ha detto che «i danni causati dai lavori si sono rivelati molto più estesi rispetto a quanto era apparso inizialmente col primo crollo, perché propagati anche alle altre stanze». Nella relazione dell’ingegner Paolo Crispiatico, incaricato dal condominio e non da Rossi, si attribuisce con certezza «lo sfondellamento dell’intonaco» ai «lavori di ristrutturazione» in casa Ramazzotti. Perché l’impresa non ha usato cautele: «Si vede che sono stati tolti i tavolati, i pavimenti ed i sottofondi, ma non sono stati posati puntelli per evitare il movimento del solaio». Secondo i legali di Ramazzotti invece ci sono «problematiche strutturali» nell’edificio.
200 mila euro
Il 19 gennaio 2026 si svolgerà il secondo tentativo di conciliazione. Gli avvocati e lo stesso Rossi hanno quantificato il risarcimento dovuto in oltre 200 mila euro (comprensivi di affitto temporaneo di un altro immobile per il periodo necessario ai lavori di ripristino) e hanno chiesto di conteggiare anche «i danni all’attività professionale svolta nell’appartamento, all’inizio interrotta poi quanto meno rallentata e disagiata dagli eventi».
