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Inter-Napoli, l’ultrà designer nega le accuse: “Sono solo un coreografo”

02 Gennaio 2019 - 19:44 OPEN
Marco Piovella ha negato di essere la mente dell'agguato del 26 dicembre ai tifosi napoletani e fornito una nuova versione sulla morte di Belardinelli: "Sono stato io a caricarlo in auto"

Ammette di aver partecipato agli scontri di Inter-Napoli, ma nega di esserne l'organizzatore. Racconta una nuova versione sulla morte di Daniele Belardinelli, l'ultrà investito durante la guerriglia, definendolo un "fratello maggiore e amico fraternissimo". Marco Piovella, considerato uno dei capi della curva interista e accusato di essere la mente dell'agguato ai tifosi napoletani, ha parlato per tre ore davanti al Giudice per le Indagini Preliminari Guido Salvini e al pm Rosaria Stagnaro.

 

Le novità più importanti riguardano la morte di Belardinelli: Piovella ha raccontato di aver visto una persona che veniva investita all'inizio degli scontri, ma di non aver capito subito che si trattava del suo amico Daniele. Dopo averlo riconosciuto lo avrebbe sollevato e caricato su un'auto e a quel punto Belardinelli gli avrebbe detto di stare bene.

 

Secondo Piovella potrebbero essere state due le macchine passate sul  corpo di Belardinelli e non soltanto una, come si era pensato finora. Sull'incidente ci sono versioni contrastanti: uno degli ultrà ascoltati in questi giorni in procura ha detto che l'auto che l'ha travolto viaggiava a velocità sostenuta. Piovella, invece, aveva detto di averla vista passare lentamente sul corpo dell'amico. 

 

Piovella, designer di luci d'interni con una laurea al Politecnico di Milano, è stato arrestato il 31 dicembre dopo che Luca Da Ros, uno dei tre ultrà arrestati poco dopo il "combattimento" di San Siro, aveva fatto il suo nome, indicandolo come la mente dell'agguato ai napoletani. "Sono due o tre persone, ossia i capi gruppo, che ci dicono di spostarci – ha dichiarato Da Ros ai magistrati, come racconta il Corriere della Sera -. Il nostro capo, che ha in mano la curva, si chiama “il Rosso” (soprannome di Piovella, ndr), è lui che sposta la gente, è lui che decide. “Il Rosso” ha detto andiamo, e io sono andato. Siamo partiti tutti in macchina, eravamo 120 persone". Accuse già negate da Piovella la scorsa settimana, quando si era presentato spontaneamente in Questura prima di finire in carcere. "Io mi occupo soltanto di coreografie nel direttivo della curva", ha ribadito l'ultrà davanti ai magistrati il 2 gennaio.

 

Durante l'interrogatorio, Piovella ha parlato anche del suo rapporto con Belardinelli. I due si erano visti il giorno di Natale: uno è morto il giorno dopo, l'altro è in carcere con l'accusa più dura da digerire: aver organizzato l'agguato in cui ha perso la vita il suo amico.

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