Medici di famiglia contro 118, in Sicilia un derby in nome della carriera

Fa discutere il decreto della Regione Sicilia che concederebbe un passaporto al personale sanitario del 118 per scavalcare per anzianità i colleghi vincitori di concorso entrando nel corso di Formazione Specifica per i futuri medici di famiglia 

La carriera dei futuri medici di famiglia siciliani è in pericolo, insidiata dai colleghi precari del 118. Sono feste dal sapore amaro quelle che stanno passando i futuri medici di base in Sicilia. La causa? Il decreto “Misure per il superamento del precariato del “personale Medico sostituto” operante nei servizi di emergenza 118”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 dicembre.


 


Si tratta di un decreto che permette a tutti i medici che abbiano svolto attività di 118 a tempo determinato per almeno 18 mesi – alla data del 21 dicembre appunto – “di inserirsi in soprannumero all’interno del Corso di Medicina Generale”, spiega Luigi Tramonte, segretario siciliano della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale. Il che porterà ad avere a che fare “con tantissimi possibili aspiranti provenienti da tutta Italia: centinaia, migliaia”, che – questo il timore – potrebbero venire in Sicilia in un’emigrazione per una volta controcorrente, per usufruire di un’occasione che gli altri ordinamenti regionali non offrono. 

 

Medici di famiglia contro 118, in Sicilia un derby in nome della carriera foto 1

ANSA

Colleghi che entrerebbero in soprannumero, cioè senza fare un regolare concorso, e “andrebbero a frequentare i tre anni di corso acquisendo un diploma che per legge italiana ed europea dà diritto all'inserimento in graduatoria “anche per le zone carenti di Continuità Assistenziale e di Assistenza Primaria”. Tradotto: una sorta di passaporto “irregolare” di accesso al corso di Formazione Specifica per i futuri medici di famiglia. Una scorciatoia per la stabilizzazione dei precari che di fatto mette medici contro medici. 

 

“Sono colleghi cui viene aperto un portone per farsi spazio nella Medicina Generale. Scavalcando, per anzianità di servizio, i malcapitati giovani vincitori di concorso”, dice Tramonte. “La volontà di stabilizzare i precari è più che lecita, la condividiamo in toto, ma la soluzione non può essere questa”. Perché “con l’intento di stabilizzare alcuni si rendono precari molti, tutti: colleghi che per passione e amore hanno scelto la Medicina Generale, vinto un concorso e studiato con fatica per raggiungere gli obbiettivi sperati”.

 

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Il sit in della Fimmg Sicilia a Palermo, davanti alla sede Assessorato alla Salute della Regione Sicilia, il 28 dicembre 2018

 

“Questo decreto è illegittimo perché supera le leggi nazionali ed europee. Potrebbe anche dare vita a una serie di ricorsi che andrebbero comunque a danneggiare la formazione dei giovani medici”. Roberta Minisola ha 32 anni e frequenta il terzo anno del corso di formazione in medicina generale a Palermo. “Ho provato un concorso, non l’ho vinto la prima volta, poi ho riprovato: ho studiato, ho vinto e sono entrata. È una regola che va accettata: studiamo per fare medicina generale, e lo facciamo per vocazione. Se entrano queste persone in sovrannumero tramite scorciatoia – ottenendo un titolo che è uguale al nostro – vengono di fatto a prendere il nostro posto”, dice Roberta. “È immorale. Naturalmente non ce l’abbiamo con i nostri colleghi: conosciamo benissimo il disagio del precariato. Ma bisogna seguire delle regole”. 

 

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Al centro Pina Onotri, al sit-in dello SMI a Montecitorio contro la precarietà in sanità il 27 settembre 2018.

 

“Oggi la formazione è gestita a livello regionale, quindi ogni regione adotta i criteri che ritiene opportuni”, spiega Pina Onotri, segretaria generale dello SMI, Sindacato Medici Italiani. “Mentre un chirurgo – che sia in Sicilia, in Trentino o Lombardia – ha frequentato atenei con piani di studio omogenei e incontrato omogenei criteri di accesso alla scuola di specializzazione, i medici di base vengono formati in maniera differente a seconda della regione. Non dico che ci siano regioni buone o cattive, per carità, ma che ogni regione adatta poi la formazione anche in base alle sue esigenze di popolazione", spiega Onotri. Se questo decreto della Ragione Sicilia vuole essere una risposta al precariato, “si stabilizzino piuttosto i medici del 118 con un contratto, ancorché convenzionato a tempo indeterminato nell’area del 118”, dice la sindacalista. “E facciano percorsi formativi che si discostino almeno in parte rispetto a quelli dei medici che frequentano il corso di formazione in medicina generale: non si sovrappongano perfettamente. Una parte del percorso è comune ma poi le peculiarità sono diverse”. 

 

"Se loro entrano al corso di formazione, il titolo che vanno a conseguire è uguale a quello dei medici che hanno vinto un concorso. Futuri medici di medicina generale che hanno scelto questa strada per vocazione”, insiste la Minisola, sindacalista agguerrita. “Vogliamo esercitare la nostra professione nella nostra terra. È un diritto che ci siamo guadagnati vincendo un concorso”.

 

Anche Luca ha 32 anni e fa il medico del 118 a Palermo da quattro anni. Laureato a 26 anni, ha subito frequentato il corso di Emergenza e ha cominciato immediatamente a lavorare. "C’è un po’ di tensione con i colleghi, sì”. I famosi 18 mesi? “Ne ho il doppio”, sorride. Il decreto “è certamente coraggioso, perché rompe il silenzio su una problematica su cui tutti i governi precedenti, nazionali e regionali, hanno fatto orecchie da mercante”, dice. “Senza noi precari il 118 chiuderebbe, anche perché nessun titolare vuole andare spesso nelle zone più difficili o disagiate della Sicilia e siamo noi ad assicurare il servizio. Questo è quello per cui ho studiato e che voglio continuare a fare, nel mio piccolo faccio un bellissimo lavoro”.  

 

Si è appena risvegliato dopo aver riposato: ha fatto il turno di notte. “Ma i colleghi di medicina generale hanno ragione ad esporre le loro criticità e perplessità e a chiedere rassicurazioni nelle sedi opportune”, dice ancora Luca. Che non nega l’amarezza: “Proviamo ad avere discussioni costruttive tra di noi, ma siamo di fatto stati messi gli uni contro gli altri e spesso a volte si scivola nell’aggressività verbale”, spiega. Aggressività “ancora meno opportuna, nella classe medica”. 

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