Davos, reddito universale di base: è davvero possibile garantire uno stipendio globale?

Durante il World Economic Forum si discute della misura, già sperimentata in alcune città del mondo. Ma attenzione: non ha nulla a che vedere con il reddito di cittadinanza del governo Lega-M5S

Innanzitutto, per chiarezza, occorre dire che reddito universale di base e reddito di cittadinanza sono due misure totalmente diverse, in un certo senso opposte. Il primo, conosciuto nel mondo come Ubi, Universal basic income,è universale senza alcun criterio di accesso, pensato per andare incontro alla mancanza crescente di posti di lavoro, causata da automatizzazione, robotica e sviluppo tecnologico: in estrema sintesi, i robot potrebbero produrre reddito al posto nostro. Il reddito di cittadinanza, invece, è tecnicamente un reddito minimo garantito, ovvero un aiuto limitato nel tempo e erogato solo in presenza di certi requisiti di reddito. Lo scopo è di sostenere le persone in stato di povertà e di permettere a quelle che sono inattive o disoccupate dirientrare nel mondo del lavoro: punta a dare sostegno economico in attesa dell'occupazione che ci sarà. Idealmente, i due redditi si basano su principi diametralmente opposti, l'Ubi prevede che in futuro cisarà sempre meno lavoro e il reddito di cittadinanza invece che il lavoro c'è e ci sarà: ai cittadini bisogna daresolo i mezzi per trovarlo.


Da alcuni anni al World EconomicForum di Davos si discute dell'introduzione dell'Ubi a livello globale. Anche nell'edizione del 2019 in molti panel si parla di questa misura sperimentata già in alcune città e Paesi del mondo. I tentativi che hanno avuto più risonanza negli Stati Uniti sono portati avanti da alcuni grandi imprenditori della Silicon Valley, proprio coloro che con la continua innovazione tecnologica temono di creare disoccupazione. Su tutti, l'avvocato e imprenditore dell'hi-tech Andrew Yang, e il fondatore di uno degli incubatori di start up più famosi al mondo, Sam Altman di Y Combinator.


Yang propone una versione dell'Ubi che prevedeun reddito mensile di 1.000 dollari al mese per tutte le persone dai 18 ai 64 anni di età. Per tutti, senza condizioni o requisiti minimi. Alcuni test che l'avvocato cita frequentemente hanno dimostrato una diminuzione dei problemi fisici e mentali, un aumento del tasso di laureati nei gruppi di persone che hanno partecipato agli esperimenti e, in generale, benefici nell'espressione delle qualità dei cittadini. Tutto ciò, oltre ad avere un costo enorme per le casse dello Stato, si traduce però con una tendenza nei partecipanti a lavorare sempre meno, soprattutto per professori e universitari, che investono il proprio tempo nello studio, e perle madri che scelgono di lavorare meno per passare più tempo con i figli.

Sono tanti gli esperimenti effettuati in giro per il mondo: a febbraio si attendono le conclusioni del governo finlandese che, per due anni, ha dato 560 euro non tassati a un campione di 2.000 cittadini, a prescindere dall'impiego e dalla loro propensione a cercarne uno nuovo. L'interruzione dei test dopo il biennio 2017-2018, però, è stato interpretato da molti come una bocciatura del reddito universale di base in Finlandia.

Progetti pilota si sono tenuti anche in Canada, in Namibia, in North Carolina e a Seattle.

Nel 2012 Harvard e il Mit di Boston hanno sperimentato la misura in un’area del Kenya, integrando i redditi degli agricoltori fino a raggiungere l’equivalente del salario medio annuo nel Paese africano. I risultati sono stati molto positivi: i fondi erogati non solo non sono stati spesi per “beni di tentazione”, come alcol e tabacco, ma la maggior parte delle famiglie ha speso le nuove entrate per garantire un’alimentazione più sana ai bambini. Sono stati documentati miglioramenti nel campo dell’istruzione, della nutrizione, della piccola imprenditorialità, dei guadagni a lungo termine, del benessere psicologico e dell’aspettativa di vita.

Il problema di fondo per questo genere di misure di welfare resta sempre la sostenibilità economica del bilancio pubblico, il reddito di base infatti avrebbe costi enormi. Ma quali sono i cinque punti cardine del reddito universale di base che lo differenziano dal reddito di cittadinanza italiano?

  • È costante nel tempo, pagato cioè a intervalli regolari e non ha limitazionitemporali;
  • È possibile disporne come si vuole senza obbligo di spesa entro un determinato arco di tempo;
  • È individuale, viene erogato cioè alla singola persona e non viene calcolato né limitato sulla base delle condizioni familiari;
  • È universale, destinato a tutti a prescindere da qualsiasi dato o considerazione;
  • È privo da ogni requisito occupazionale: ai cittadini non viene richiesto alcun requisito lavorativo. Tantomeno chi ne usufruisce deve dimostrare il desiderio e la disponibilità di trovare un lavoro.